Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30570 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30570 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– FOGACCI GUALTIERO, n. 19/02/1936 a CAMUGNANO

avverso la sentenza della Corte d’appello di BOLOGNA in data 7/03/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. F. Baldi, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;

Data Udienza: 20/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. FOGACCI GUALTIERO ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte
d’appello di BOLOGNA, emessa in data 7/03/2013, depositata in data
12/03/2013, confermativa della sentenza del Tribunale di BOLOGNA, sez. dist.
PORRETTA TERME del 4/11/2010, con cui il ricorrente veniva condannato per il

arresto, sostituita ex art. 53, legge n. 689/1981 in C 2.280,00 di ammenda
(fatto contestato come commesso in Grizzana Morandi, il 15/03/2008).

2. Con il ricorso, proposto dal difensore fiduciario cassazionista, viene dedotto un
unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) c.p.p., in
relazione agli artt.255, comma 3, d. Igs. n. 152/2006 e 21 septies ed octies,
legge n. 241/1990.
La censura investe la decisione della Corte territoriale per aver confermato la
responsabilità penale del ricorrente per non aver ottemperato all’ordinanza
sindacale del comune inerente lo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi del
13/12/2007, ritualmente notificatagli il 17/12/2007; diversamente, sostiene il
ricorrente, l’inottemperanza era relativa alla pretesa rimozione parziale di tali
materiali ed operata dalla società di cui il ricorrente è legale rappresentante; a
sostegno del ricorso, si richiama la sequenza procedimentale che ha determinato
la contestazione (ordinanza 29/09/2007 n. 53 del sindaco che disponeva la
rimozione e lo smaltimento dei rifiuti speciali non pericolosi rinvenuti dal CFS il
23/01/2007, mediante conferimento in discarica autorizzata entro gg. 30; lettera
16/10/2007 della società intimata con cui si impugnava la legittimità di tale
ordinanza in quanto adottata in assenza di contraddittorio, in violazione dell’art.
192, comma 3, d. Igs. n. 152/2006; successiva ordinanza sindacale n. 59 del
5/11/2007, con cui veniva attivato il contraddittorio per l’identificazione e
quantificazione del materiale per cui era stato ordinato lo smaltimento;
ordinanza sindacale n. 65 del 13/12/2007 con cui, in esito al sopralluogo
eseguito il 6/12/2007, veniva imposto al ricorrente e alla società di cui era legale
rappresentante di provvedere entro il 22/12/2007 alla rimozione dei rifiuti
speciali non pericolosi ed alla messa in pristino dell’area sottoposta a sequestro
come definita in contraddittorio il 6/12/2007); deduce il ricorrente di aver
2

reato di cui all’art. 255, comma 3, D. Lgs. n. 152/2006 alla pena di mesi 2 di

ottemperato a tale ordinanza, provvedendo alla rimozione dei materiali su area
adiacente a disposizione dell’ARPA che, a distanza di anni, non ha ancora
provveduto alla caratterizzazione dei materiali medesimi, incontrando però le
censure del CFS che hanno ritenuto solo parziale la rimozione; in definitiva,
quindi, per effetto del provvedimento sindacale asseritamente inottemperato,
non era previsto lo smaltimento dei rifiuti e lo sgombero dell’area, ma il
trasferimento in deposito temporaneo presso l’attigua sede della società ai fini

a recupero od a smaltimento degli stessi; la Corte territoriale avrebbe
erroneamente disatteso le censure sollevate dalla difesa nell’atto di appello con
cui si eccepiva l’illegittimità del provvedimento sindacale per omessa
verbalizzazione scritta di quanto avvenuto nel sopralluogo del 6/12/2007,
ritenendo che non vi fossero elementi per disapplicarlo, mentre la pretesa
indeterminatezza dell’oggetto del provvedimento non sarebbe stata dimostrata.
Sarebbero, in particolare, state erroneamente applicate ed interpretate
dalla Corte territoriale le disposizioni dell’art. 21, legge n. 241/1990, che
sanzionano l’illegittimità del provvedimento finale in ipotesi di violazione delle
norme sul procedimento e sulla forma scritta degli atti, disciplinando gli effetti
della mancanza di forma degli atti endoprocedimentali e la conseguenza di tale
carenza sul provvedimento conclusivo; in particolare, l’omessa formalizzazione
rende totalmente nulle ed inesistenti le intese e le operazioni del sopralluogo e
gli effetti negativi di tali radicali anomalie si trasmettono all’ordinanza n. 65 del
13/12/2007; l’asserita inosservanza dei provvedimenti dell’autorità presuppone
una verifica comprendente anche l’esame e l’efficacia del provvedimento
medesimo, essendo consentita all’AGO la disapplicazione in via incidentale degli
atti amministrativi, sindacando tutti i possibili vizi di legittimità, con la sola
esclusione dei vizi di merito; la motivazione della sentenza impugnata
integrerebbe i vizi motivazionali denunciati non essendo ipotizzabile che un mero
richiamo ad un atto endoprocedurale di contenuto indeterminato possa sanare,
rendendone l’oggetto indeterminato, un provvedimento amministrativo finale
qual è l’ordinanza sindacale n. 65/2007, come del resto fatto palese dell’art. 21
septies, legge n. 241/90 che descrive come affetto da nullità strutturale l’atto
privo dei requisiti essenziali, come nel caso dell’indeterminatezza del contenuto
del provvedimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.

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della caratterizzazione ad opera dell’ARPA, dal cui esito sarebbe derivato l’avvio

4. Ed invero, emerge dall’impugnata sentenza che al sopralluogo del 6 dicembre
2006 fosse presente anche l’organo accertatore (Corpo Forestale dello Stato),
sicchè non potevano esservi dubbi circa la difformità tra quanto eseguito e
quanto, invece, costituiva oggetto del provvedimento amministrativo.
Quanto, poi, alla disapplicazione dell’atto amministrativo, oltre che non
giustificata in quanto non rispondente alla risultanze fattuali, sarebbe stata
giuridicamente scorretta, in quanto la stessa non avrebbe potuto essere operata

dal giudice in quanto la causa della presunta illegittimità non risultava oggettiva
né di semplice rilevabilità. Ed infatti, è stato affermato da questa Corte che il
giudice penale può disapplicare il provvedimento amministrativo illegittimo,
presupposto di ipotesi delittuosa e provvedere di conseguenza all’assoluzione
dell’imputato, ma solo quando la causa dell’illegittimità risulti oggettiva e di
semplice rilevabilità (Sez. 1, n. 28849 del 11/06/2009 – dep. 15/07/2009,
Makdad, Rv. 244296).
In ogni caso, si osserva, è esclusa la possibilità di disapplicare l’atto
amministrativo in caso di mancato rispetto delle norme che regolano l’esercizio
del potere amministrativo. Si è, infatti, affermato che il giudice penale non ha il
potere di disapplicare gli atti amministrativi illegittimi che non comportano una
lesione dei diritti soggettivi, a meno che tale potere non trovi fondamento in una
esplicita previsione legislativa, ovvero qualora la legalità dell’atto amministrativo
si presenti, essa stessa, come elemento essenziale della fattispecie criminosa. Ne
consegue che è ammesso il sindacato sull’atto amministrativo quando questo sia
del tutto mancante dei requisiti di forma e di sostanza o inesistente, perchè
emesso da un organo assolutamente privo di potere, oppure frutto di attività
criminosa da parte del soggetto pubblico che lo ha adottato o di quello privato
che lo ha conseguito, mentre è escluso nel caso di mancato rispetto delle norme
che regolano l’esercizio del potere, pure sussistente, di emettere il
provvedimento (Sez. 4, n. 38824 del 17/09/2008 – dep. 14/10/2008, Raso e
altri, Rv. 241064).
Trattasi di principio che, com’è noto, ha avuto applicazione giurisprudenziale
anche nella materia che ci occupa (rifiuti), essendo stato ribadito da questa
Corte che il giudice penale può disapplicare soltanto gli atti amministrativi
inesistenti perché viziati da carenza di potere, in quanto resi in assenza dei
presupposti e dei limiti che ineriscono all’esistenza stessa del potere esercitato,
non anche quelli viziati per esercizio scorretto del potere, sotto il profilo della
competenza, della forma, del contenuto, con particolare riguardo all’eccesso di
potere nelle sue diverse manifestazioni (nella specie, in tema di gestione dei
rifiuti, si è ritenuto correttamente configurato il reato di cui all’art. 50, comma
4

Yf

secondo, D.Lgs. n. 22 del 1997, in relazione all’inottemperanza di una ordinanza
sindacale di rimozione, resa ex art. 14, comma terzo, stesso D.Lgs.,
asseritamente viziata da incompetenza: Sez. 4, n. 36873 del 15/04/2008 – dep.
26/09/2008, Mollo, Rv. 242107).

5. Solo per completezza, va in questa sede precisato che la prescrizione del
reato è maturata alla data del 15 marzo 2013; tuttavia, la manifesta

estinzione del reato, essendo la prescrizione maturata in data successiva alla
sentenza d’appello, emessa, come detto, in data 7 marzo 2013.
L’accertata inammissibilità del ricorso, dovuta alla manifesta infondatezza dei
motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità
a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (per tutte, v. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000
– dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266).

6. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile. Segue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima
equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2014

liere est.

Il Presidente

infondatezza del ricorso, impedisce a questa Corte di rilevare detta causa di

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