Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3057 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3057 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Muserra Maria, nata a Terlizzi il 18.7.1984;
avverso la sentenza emessa 1’8 febbraio 2012 dalla corte d’appello di Bari;
udita nella pubblica udienza del 27 novembre 2012 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Mario Fraticelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Nicola Quaranta;
Svolgimento de/processo
Con sentenza 17.5.2011, emessa a seguito di giudizio abbreviato. il Gup
del tribunale di Bari dichiarò Muserra Maria colpevole del reato di cui all’art.
73, comma I bis, d.p.R. 309 del 1990, per avere detenuto a fini di spaccio gr.
102,83 di cocaina, e del reato di abusiva detenzione di una pistola (entrambi
rinvenuti all’interno della abitazione in cui risiedeva anche il padre Muserra
Francesco, e, con la recidiva specifica e la diminuente per il rito, la condannò
alla pena di anni 6 e mesi 8 di reclusione ed C 28.000,00 di multa.
L’imputata nel corso del suo esame aveva confessato di avere detenuto la
pistola e lo stupefacente in cambio di C 100,00 per ogni settimana di custodia da
soggetti che aveva timore di indicare. Successivamente, però, aveva fatto pervenire una dichiarazione scritta con la quale ritrattò la precedente giustificazione, asserendo di averla fatta unicamente per scagionare il padre pregiudicato e
non immaginando che avrebbe potuto subire una pena pesante. I giudici del merito, peraltro, ritennero inattendibile la ritrattazione ed attendibile invece la primitiva confessione.
L’avv. Nicola Quaranta, per conto dell’imputata, propone ricorso per cassazione deducendo:

Data Udienza: 27/11/2012

1) che la corte d’appello ha erroneamente respinto la richiesta di rinnovazione del dibattimento per ascoltare Muserra Francesco, per la sola ragione che
la sua audizione sarebbe stata superflua, così escludendo apoditticamente che lo
stesso potesse confessare. D’altra parte, i verbali di interrogatorio in altri processi di Passaquindici e di Raggi, acquisiti agli atti, tolgono ogni valore alla dichiarazione di estraneità ai fatti rilasciata da Muserra Francesco
nell’immediatezza dei fatti. Del resto si trattava di una prova sopravvenuta e indispensabile.
2) che per riscontrare la attendibilità della confessione fatta all’udienza del
22.2.2011 sono state utilizzate le dichiarazioni rilasciate dall’imputata alla PG
durante la perquisizione, mentre le stesse erano inutilizzabili perché raccolte
senza un verbale e senza gli avvisi di cui all’art. 63 cod. proc. pen., quando ella
aveva sicuramente già assunto la qualità di indagata.
3) che è manifestamente illogica la motivazione laddove, dopo avere più
volte considerato plausibile la ritrattazione, la ha ritenuta inattendibile in favore
della originaria confessione.
4) che la motivazione è manifestamente illogica nella parte in cui ritiene
attendibile la confessione sulla base di una dichiarazione fatta alla PG al momento della perquisizione ma in realtà inesistente, senza prendere in considerazione il fatto che non vi era nessuna ulteriore circostanza (tranne l’informazione
confidenziale) che riscontrasse una presunta detenzione da parte sua di arma e
sostanza stupefacente.
5) che le dichiarazioni di Passaquindici e Raggi sono state acquisite direttamente con la sentenza e non con una apposita ordinanza istruttoria. Avendo
poi la corte d’appello avuto dei dubbi sulla portata delle dichiarazioni dei due,
avrebbe dovuto disporne l’audizione per chiarire le modalità della consegna
della pistola in custodia dal Passaquindici al Muserra Francesco, e non operare
apodittiche interpretazioni restrittive dello loro dichiarazioni. In ogni caso, non
è stato chiarito che ruolo causale avrebbe avuto Muserra Maria nella detenzione
di pistola e sostanza stupefacente da parte del padre.
6) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla
mancata concessione delle attenuanti generiche, senza considerare che si era
immediatamente dichiarata colpevole con un atteggiamento di collaborazione.
Inoltre è assolutamente immotivata e manifestamente illogica la determinazione della pena base in anni 8 di reclusione, oltre anni 1 di aumento per la
detenzione della pistola.
7) contraddittorietà di motivazione sul mancato riconoscimento dell’ipotesi
lieve di cui all’art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990, senza considerare
che la perizia aveva accertato che si trattava di stupefacente pari a 47,389 mg.
pari a quasi 315 dosi medie singole.
Motivi della decisione
Ritiene il Collegio che il ricorso possa essere accolto soltanto nei limiti di
seguito esposti.
Il primo motivo è invero infondato. La corte d’appello ha respinto la richiesta di rinnovazione del dibattimento per ascoltare Muserra Francesco con

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congrua ed adeguata motivazione, osservando che non si trattava di prova nuova ma preesistente al giudizio di primo grado, sicché il suo esperimento contrastava con la previsione dell’art. 603 cod. proc. pen. Inoltre, le dichiarazioni di
Muserra Francesco erano già state acquisite dalla PG, sicché, alla luce dei dati
probatori complessivamente considerati e in difetto di una piena confessione da
parte sua, il suo esame sarebbe stato superfluo. La corte d’appello ha poi correttamente rilevato che la nuova prova era inammissibile anche perché l’imputata
aveva chiesto e ottenuto di essere giudicata con il rito abbreviato incondizionato, incompatibile con nuove assunzioni probatorie.
D’altra parte, avendo la corte d’appello ritenuto pienamente attendibile la
confessione dell’imputata, una eventuale dichiarazione confessoria del padre
avrebbe potuto tutt’al più portare a ravvisare una codetenzione e non un esonero di responsabilità.
Quanto ai verbali di interrogatorio in altri processi di Passaquindici e di
Raggi, acquisiti agli atti, la sentenza impugnata ha motivatamente escluso che
essi potessero dimostrare l’estraneità dell’imputata alla vicenda. E ciò perché —
a parte la loro attendibilità — il Passaquindici aveva dichiarato appunto di aver
consegnato la pistola al padre ed alla figlia, anche se prima aveva preso contatti
col padre, mentre la Raggi aveva raccontato vicende fino all’anno 2008, e quindi estranee ai fatti di causa.
Il secondo motivo è infondato oltre che irrilevante. E difatti le dichiarazioni rese alla PG durante la perquisizione non hanno avuto rilievo decisivo in ordine al giudizio di attendibilità della confessione e comunque le stesse erano utilizzabili in quanto dichiarazioni spontanee acquisite in un giudizio abbreviato.
Il terzo ed il quarto motivo sono infondati perché la corte d’appello ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto, da un lato, inattendibile la ritrattazione dell’imputata e, dall’altro lato,
pienamente attendibile la confessione da lei resa in giudizio, sicché questa valutazione in punto di fatto non può essere messa in discussione in questa sede di
legittimità. Quanto alla inattendibilità della ritrattazione, la sentenza impugnata
ha invero osservato: – che pur essendo le ragioni indicate astrattamente plausibili, le stesse però nel caso concreto non erano credibili perché con evidenza
strumentalmente orientate ad ottenere l’assoluzione; – che la condizione di pregiudicato del padre non costituiva una ragione credibile per autoaccusarsi di
due reati molto gravi; – che l’imputata era certamente a conoscenza fin
dall’inizio, per le sue condizioni personali ed i suoi precedenti, dell’entità delle
pene che avrebbero potuto essere inflitte; – che del resto ella stessa aveva proposto di patteggiare una pena, certamente non modesta, di quattro anni e mesi
quattro di reclusione. Quanto alla confessione, la corte d’appello ha osservato
che la stessa era non solo intrinsecamente attendibile ma anche riscontrata pienamente da ineludibili dati processuali, come: – il fatto che al momento del fermo la Muserra mostrò immediatamente un forte stato di agitazione, incompatibile con la inconsapevolezza della presenza in casa della droga e della pistola; il fatto che il padre e la sorella avevano escluso radicalmente di essere coinvolti
nella illecita detenzione; – il fatto che non appena gli agenti rinvennero la droga

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la donna non esitò non solo a dichiararsene detentrice ma anche ne indicò correttamente la qualità; – il fatto che la stessa dichiarò anche immediatamente di
essere possessore della pistola e del relativo munizionamento; – il fatto che aveva inoltre ammesso di ricevere C 800,00 al mese per la custodia dei due oggetti
e non aveva voluto indicare i nomi di coloro che glieli avevano affidati.
Il quinto motivo è chiaramente infondato perché non integra alcuna nullità
la circostanza che le dichiarazioni di Passaquindici e Raggi siano state acquisite
con la sentenza e non con apposita ordinanza. Le stesse dichiarazioni, comunque, sono state utilizzate solo nel senso che da esse non derivava la prova della
innocenza della Muserra, ma non anche nel senso di elemento di prova a carico
della stessa o di riscontro della sue confessione. Non vi è stato da parte della
sentenza impugnata alcun dubbio sul reale significato e portata delle dichiarazioni dei due e non vi era quindi necessità di disporne l’audizione. 11 ruolo attribuito dalla sentenza impugnata all’imputata è stato chiaramente quello di avere semmai concorso con il padre nella illecita detenzione dell’arma, se erano vere le dichiarazioni del Passaquindici.
E’ invece fondato il sesto motivo. La corte d’appello, invero, pur avendo
escluso l’aggravante in considerazione del dato ponderale, ha poi fissato la pena
base in anni 8 di reclusione, ossia in una misura notevolmente superiore al minimo ed ha escluso le attenuanti generiche. Circa la determinazione in quella
entità della pena base la sentenza è però priva in concreto di qualunque specifica motivazione, se non la generica frase di stile che essa «si stima equa». Quanto alla mancata concessione delle attenuanti generiche, la sentenza impugnata
ha omesso di valutare adeguatamente la circostanza che l’imputata aveva immediatamente confessato e dimostrato un atteggiamento collaborativo (indicando anche correttamente la qualità della droga) e che tale confessione era stata
appunto ritenuta attendibile nonostante la successiva ritrattazione. Inoltre, soprattutto dalle considerazioni svolte in ordine alle dichiarazioni del Passaquindici (che avrebbe contrattato con il padre e poi consegnato l’arma ai due), sembra che la corte d’appello abbia ammesso che anche il padre avrebbe avuto un
ruolo in tutta la vicenda, anche se poi ha omesso di svolgere ulteriori accertamenti in proposito perché non avrebbero comunque escluso il concorso della figlia. Da ciò però deriva la carenza di motivazione perché il ruolo concreto della
odierna imputata potrebbe rilevare nel giudizio sulla concessione delle attenuanti generiche.
E’ infondato il settimo motivo perché è congrua ed adeguata la motivazione con la quale è stata esclusa l’aggravante di cui all’art. 73, quinto comma,
d.p.R. 309 del 1990, in considerazione sia del dato ponderale, sia delle modalità
della condotta, sia del fatto che si trattava di detenzione a pagamento per conto
terzi.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente
alle attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Bari per nuovo esame sul punto. Nel resto il ricorso deve essere rigettato.
Per questi motivi

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-5La Corte Suprema di Cassazione
annulla la sentenza impugnata limitatamente alle attenuanti generiche con
rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Bari. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 27
novembre 2012.

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