Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30566 del 16/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30566 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– RANELLA MORENO, n. 3/06/1963 ad AVEZZANO

avverso la sentenza della Corte d’appello di NAPOLI in data 10/05/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. S. Spinaci, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. G. Costa – non comparso;

Data Udienza: 16/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. RANELLA MORENO ha proposto personalmente ricorso avverso la sentenza
della Corte d’appello di NAPOLI, emessa in data 10/05/2013, depositata in data
24/05/2013, che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di SANTA

richiesto, il ricorrente alla pena di anni 3 e mesi 4 di reclusione ed C 16.000,00 di
multa, per il reato di illecita detenzione a fini di spaccio, a bordo della sua
autovettura, di gr. 29,794 di eroina, corrispondente a più di 300 dosi medie
singole (art. 73, d.P.R. n. 309/1990; fatto contestato come commesso in Castel
Volturno, il 12 gennaio 2012).

2. Con il ricorso, proposto personalmente dall’imputato, vengono dedotti due
motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione
ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) c.p.p.
In sintesi, si duole il ricorrente per aver i giudici d’appello fondato il giudizio di
colpevolezza esclusivamente sul dato ponderale e sul numero di dosi medie
ricavabili, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte circa
l’interpretazione degli indici rivelatori della destinazione alla cessione a terzi; in
particolare, il ricorrente è un tossicodipendente da 10 anni ed in cura presso il
SERT con somministrazione di metadone cloridrato, tant’è che lo stesso è
tutt’ora collocato presso la comunità di san Patrignano.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) c.p.p.
In sintesi, si duole il ricorrente per aver i giudici d’appello escluso la
configurabilità, nel caso in esame, dell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73, T.U.
Stup., attesa la modestia del dato ponderale (principio attivo pari a gr. 8,361 di
eroina); ciò, unito alla mancanza di strumenti per il confezionamento, il taglio o
per il peso della sostanza, oltre allo stato di tossicodipendente, avrebbero
consentito di ritenere sussistente l’ipotesi del comma 5.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.

2

MARIA C.V. del 1/10/2012, condannava, all’esito del giudizio abbreviato

4. Ed invero, emerge dall’impugnata decisione che, i carabinieri procedevano al
fermo del ricorrente a bordo di un’auto, in compagnia di altra persona;
quest’ultima, conducente del mezzo, consegnava 3 ovuli contenenti eroina;
all’odierno ricorrente, in particolare, a seguito di perquisizione, venivano trovati
15 ovuli nascosti nella zona rettale, del peso di gr. 30,00 ciascuno, risultanti
contenere eroina da cui era possibile ricavare ben 334 dosi singole giornaliere.

pervenuti i giudici di merito che hanno ritenuto destinata alla cessione a terzi
l’eroina rinvenuta all’interno della zona rettale del ricorrente; del resto, le stesse
modalità del trasporto rendevano inequivocabile detta finalità, essendo evidente
– come precisato dalla Corte territoriale nell’impugnata sentenza – che il
trasporto “rettale” era incompatibile con un consumo predeterminato nei luoghi e
nei tempi da parte degli acquirenti (così smentendosi la tesi sostenute in sede di
merito dell’uso di gruppo); infine, l’elevato numero di dosi ricavabili dal
quantitativo di stupefacente detenuto, escludeva in radice la destinazione ad uso
personale.

5. Quanto, poi, alla negazione del riconoscimento dell’ipotesi del comma 5
dell’art. 73, T.U. Stup., la doglianza è infondata, atteso che la Corte, anche su
tale punto, motiva convincentemente, chiarendo che sia l’elevata quantità di
sostanza dello stupefacente che la modalità che hanno portato alla ricezione
dello stesso, comportavano una certa diffusività della condotta di spaccio,
elemento, questo, che ha indotto la Corte territoriale a presumere
ragionevolmente che l’attività fosse diretta ad un cospicuo e variegato numero di
consumatori.
La Corte, quindi, mostra di aver fatto buon governo del principio, già affermato
da questa Corte di legittimità, secondo cui in materia di reati concernenti le
sostanze stupefacenti, deve escludersi l’applicabilità dell’art. 73, quinto comma,
del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, quando il quantitativo di droga detenuto sia
superiore, in modo sensibile, ad un limitato numero di dosi medie (Nella
fattispecie, questa Corte ha statuito che rettamente il giudice di merito aveva
ritenuto l’insussistenza della circostanza attenuante della lieve entità del fatto in
un’ipotesi di detenzione di un quantitativo di eroina con il quale potevano essere
confezionate ventuno dosi medie giornaliere, un quantitativo che – afferma
questa Corte – costituisce di per sé una situazione di pericolo per la società,
attesa la tendenza dei tossicomani di cedere a terzi la droga per alimentare la
fonte del vizio: Sez. 6, n. 1302 del 29/09/1992 – dep. 11/02/1993, Rovella e
altro, Rv. 193512); v. anche Corte Cost. n. 333 del 1991 e n. 133 del 1992).
3

Alla stregua dei predetti elementi, del tutto corretta è la conclusione cui sono

E, nel caso in esame, le dosi ricavabili erano oltre 300, con conseguente
esclusione dell’ipotesi lieve.

6. Solo per completezza deve, infine, essere precisato che non ricorrono le
condizioni per l’esercizio del sindacato “officioso” di questa Corte ai sensi dell’art.
609 c.p.p.; ed invero, la pena inflitta può considerarsi a tutti gli effetti legale, in

sentenza n. 32/2014, per il reato per cui si procede (art. 73, TU Stup.), ed in
relazione al tipo di stupefacente detenuto (eroina, qualificabile pacificamente tra
le c.d. droghe pesanti), la pena oggi applicabile è quella della reclusione da otto
a venti anni e della multa da euro 25.822 ad euro 258.228, non essendo stata
riconosciuta l’ipotesi del comma 5. Ne discende, pertanto, che avendo il giudice
di appello ridotto ulteriormente la pena ad anni 5 di reclusione ed C 24.000,00 di
multa (muovendo da una pena base di anni 6 di reclusione ed C 27.000,00
all’epoca costituente il minimo edittale) non può porsi, avuto riguardo alla pena
base ed ai criteri di calcolo applicati, alcun problema di legalità del trattamento
sanzionatorio.

7. Il ricorso dev’essere, in definitiva, dichiarato inammissibile. Segue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima
equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2014

Il Consigliere est.

Il Presidente

quanto, pur a seguito della declaratoria di incostituzionalità operata con la

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