Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30564 del 16/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30564 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MONTENERO ALESSANDRO, n. 9/11/1971 a BRINDISI
MONTENERO GIANLUCA, n. 15/11/1973 a BRINDISI
SERGIO SALVATORE, n. 9/09/1948 a BRINDISI

avverso la sentenza della Corte d’appello di LECCE in data 19/04/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. S. Spinaci, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. M. Tamburini, anche in
sostituzione dell’avv. M. Masiello, che ha chiesto accogliersi i ricorsi;

Data Udienza: 16/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. MONTENERO ALESSANDRO, MONTENERO GIANLUCA e SERGIO SALVATORE
hanno proposto separati ricorsi, a mezzo dei rispettivi difensori fiduciari
cassazionisti, avverso la sentenza della Corte d’appello di LECCE, emessa in data

sentenza del Tribunale di BRINDISI del 26/10/2012, condannava,
rispettivamente, MONTENERO ALESSANDRO e MONTENERO GIANLUCA alla pena
di mesi 2 e gg. 15 di arresto ed C 15.000,00 di ammenda ciascuno, e SERGIO
SALVATORE alla pena di mesi 1 e gg. 10 di arresto ed C 10.000,00 di ammenda,
unificati i reati sotto il vincolo della continuazione, per i reati di cui agli artt. 44,
lett. A) e b), d.P.R. n. 380/2001 (fatti contestati come commessi in Brindisi il
5/05/2008).

2. Con il ricorso, proposto dal difensore fiduciario cassazionista di MONTENERO
ALESSANDRO e MONTENERO GIANLUCA, vengono dedotti due motivi, di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp.
att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e) c.p.p.
In sintesi, si dolgono per non aver la Corte territoriale valutato compiutamente
gli elementi probatori; gli stessi, quali giostrai, non hanno una stabile
permanenza sul territorio; le strutture edilizie abusive per cui è intervenuta
condanna, tipiche giostrine con annesse roulotte, non rivestirebbero
assolutamente il carattere di impianti che trasformano in modo permanente
l’assetto urbano; in ogni caso, l’attività produttiva all’aperto da essi svolta
avrebbe impreso un carattere di temporaneità alle strutture da loro utilizzate,
con conseguente esclusione di qualsiasi titolo abilitativo ex art. 10 d.P.R. n.
380/01; vi sarebbe stata, quindi, violazione di legge non avendo ritenuto il
carattere temporaneo delle opere edilizie.

2.2. Deduce, con un secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) c.p.p.
I reati sarebbero estinti per prescrizione, sicchè i giudici avrebbero errato
nell’applicare l’art. 157 c.p.

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19/04/2013, depositata in data 20/05/2013, che, in parziale riforma della

3. Con il ricorso, proposto dal difensore fiduciario cassazionista di SERGIO
SALVATORE, vengono dedotti due motivi, di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

3.1. Ambedue i motivi, attesa l’omogeneità delle censure mosse, possono essere
trattati congiuntamente, deducendo con gli stessi il vizio di cui all’art. 606, lett.

380/2001 e correlato vizio motivazionale.
In sintesi, si duole il ricorrente per aver la Corte ritenuto configurabile la sua
responsabilità ritenendo che la tettoia da lui edificata avesse una funzione di
insediamento nel territorio con carattere di stabilità, atteso quanto dichiarato dai
testi D’Angelo e Capozziello, che avevano riferito che la struttura era ancorata al
suolo; diversamente, sostiene il ricorrente, il teste D’Angelo, in sede di esame,
avrebbe definito la tettoia come opera metallica leggera, semplicemente infissa
nel terreno senza alcun uso di cemento e facilmente amovibile, immediatamente
smontata dopo il controllo della PG (analoghe dichiarazioni sarebbero state rese
dal teste Capozziello); la motivazione della sentenza sarebbe quindi contraddetta
da quanto riferito dai predetti testi nonché da altri testi della difesa (Noce e
Marsella) che hanno confermato la facile amovibilità della tettoia; lo stesso
ricorrente, poi, avrebbe giustificato in sede di esame le ragioni della realizzazione
della tettoia, realizzata per far fronte ad esigenze temporanee, ossia per
effettuare dei lavori di intonacatura e manutenzione all’interno di un immobile di
sua proprietà, sicchè si era resa necessaria la sua realizzazione per proteggere
dagli agenti atmosferici il cemento e l’intonaco da utilizzare nei lavori edilizi (la
stessa tettoia sarebbe stata realizzata due o tre giorni prima dell’arrivo dei vigili
urbani e era destinata ad essere smontata dopo i 10/15 giorni previsti per i
lavori edilizi, di fatto smontata in un’ora a conferma della sua facile amovibilità e
precarietà).
La sentenza d’appello non avrebbe valutato tali elementi di prova ed avrebbe
ritenuto l’imputato responsabile dell’abuso edilizio escludendo la natura precaria
della tettoia, in ciò contrastando con i predetti dati probatori e con la stessa
natura dei materiali utilizzati e la facilità dello smontaggio della struttura;
diversamente, tenendo conto anche della più recente giurisprudenza
amministrativa, la tettoia in questione, di appena 18 mq., sarebbe di minima
entità e, quindi, avendo natura precaria, sottratta al regime concessorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
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b) ed e), c.p.p., per l’erronea applicazione dell’art. 44, lett. b), d.P.R.n.

3. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza.

4.

Ed invero, quanto ai profili di doglianza mossi dai ricorrenti Montenero

Alessandro e Gianluca, la sentenza ha chiaramente individuato le ragioni per le
quali gli interventi edilizi realizzati dovevano essere considerati come subordinati
al rilascio di permesso di costruire; la sentenza, in particolare, richiama i rilievi

edilizi di modesta entità, attesa l’idoneità ad alterare l’assetto urbanistico del
territorio, potendosi sussumere gli stessi nella previsione dell’art. 3, comma 7,
d.p.r. N.380/2001. La consistenza delle opere edilizie, del resto, non lasciava
adito a dubbio, trattandosi: a) di una struttura metallica prefabbricata di oltre
100 mq. adibita a mini autoscontro, di un camper mobile ad uso abitativo di oltre
40 mq. e di un altro camper mobile di circa 26 mq. (capo a); b) di un’altra
struttura metallica fissa di quasi 18 mq. ed altezza di tra ml. 2 e 2,25 e di una
struttura metallica fissa di quasi 60 mq. ed altezza di ml. 2,30 (capo c); c)
infine, di due gabbiotti adibiti a servizi igienici di ml. 1,05 x 1,50 x 2,30 oltre ad
una baracca metallica di ml. 2,60 x 2,60 x 2 (capo d). Tali strutture risultavano
finalizzate ad adibire l’intero complesso a Luna Park, quindi ad attività produttiva
all’aperto caratterizzata dalla durata nel tempo, almeno per la durata di un anno,
come desumibile dal contratto di locazione dell’area; da qui la corretta
qualificazione del giudice come interventi di nuova costruzione ex art. 3 comma
e.5 (“l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di
qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano
utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e
simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee e
salvo che siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di
strutture ricettive all’aperto, in conformità alla normativa regionale di settore,
per la sosta ed il soggiorno dei turisti”: v., per un’applicazione in materia: Sez.
3, n. 25015 del 23/03/2011 – dep. 22/06/2011, Di Rocco, Rv. 250601) ed e.7
(“la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti
per attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui
consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”: v.,

per

un’applicazione in materia, Sez. 3, n. 6593 del 24/11/2011 – dep. 17/02/2012,
Chiri, Rv. 252442), necessitanti di permesso di costruire ex art. 10 d.P.R. n.
380/2001.
Del resto, ai fini del riscontro del connotato della precarietà e della relativa
esclusione della modifica dell’assetto del territorio, non sono rilevanti le
caratteristiche costruttive, i materiali impiegati e l’agevole rimovibilità, ma le
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fotografici in atti che escludono potessero qualificarsi gli stessi come interventi

esigenze temporanee alle quali l’opera eventualmente assolva (Sez. 3, n. 22054
del 25/02/2009 – dep. 27/05/2009, Frank, Rv. 243710); e, nel caso in esame, la
circostanza che dette opere dovevano permanere sull’area per almeno un anno,
escludeva la temporaneità, avendo già questa stessa Sezione escluso la
temporaneità, ad esempio, in relazione a manufatti non incorporati al suolo e
facilmente smontabili, ritenuti opere non precarie perché destinati a durare

alloggiare il personale di un vicino albergo) (Sez. 3, n. 4597 del 28/12/1979 dep. 04/04/1980, Coppini, Rv. 144912).

5. Venendo, poi, ai profili di doglianza mossi dal SERGIO, al medesimo è
contestata la realizzazione di una tettoia di circa 19 mq. per un’altezza di 3,00
ml. addossata ad una preesistente costruzione di sua proprietà, anch’essa
abusiva.
Ritiene il Collegio di condividere la argomentazioni esposte nell’impugnata
sentenza circa la necessità di permesso di costruire per tale intervento edilizio;
ed infatti, si legge in sentenza che ciò che rileva nel caso in esame non è la
natura die materiali utilizzati per la realizzazione dell’opera, bensì l’idoneità di
questa ad assicurare una funzione di insediamento nel territorio con carattere di
stabilità ed a prescindere dall’uso in concreto svolto, sicchè era del tutto
irrilevante la ragione per la quale la tettoia era stata realizzata, risolvendosi la
stessa in un ampliamento dell’edificio cui la medesima era stata realizzata in
aderenza, perdi più ancorata al suolo.
La Corte territoriale, dunque, mostra di fare buon governo del principio, più volte
affermato da questa stessa Sezione, secondo cui integra il reato previsto dall’art.
44, lett. b), del d.P.R. n. 380 del 2001 la realizzazione, senza il preventivo
rilascio del permesso di costruire, di una tettoia di copertura che, non rientrando
nella nozione tecnico-giuridica di pertinenza per la mancanza di una propria
individualità fisica e strutturale, costituisce parte integrante dell’edificio sul quale
viene realizzata (da ultimo: Sez. 3, n. 42330 del 26/06/2013 – dep. 15/10/2013,
Salanitro e altro, Rv. 257290). Sotto tale profilo, dunque, non rileva la finalità
soggettiva per la quale la tettoia era stata realizzata, atteso che ciò che rileva,
agli effetti della disciplina edilizia, è la circostanza che la stessa, costituendo
parte integrante dell’edificio ne costituisce ampliamento, con conseguente
integrabilità, in difetto del preventivo rilascio del permesso di costruire, del reato
di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 (v., in termini: Sez. 3, n. 40843 del
11/10/2005 – dep. 10/11/2005, Daniele, Rv. 232363). Le deduzioni difensive,
nel resto, sono chiaramente censure in fatto, che in quanto tali sfuggono alla
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indefinitamente in quanto servivano, sia pure soltanto per tre mesi all’anno, ad

valutazione di questa Corte. In ogni caso, si osserva, la circostanza che il
dedotto vizio motivazionale sia esposto in forma alternativa (mancanza e/o sua
manifesta illogicità, contraddittorietà ed insufficienza), rende l’atto di
impugnazione inammissibile, per difetto di specificità, essendo onere del
ricorrente specificare con precisione se le censure siano riferite alla mancanza,
alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a più di uno tra tali vizi,

oggetto di gravame (Sez. 2, n. 31811 del 08/05/2012 – dep. 06/08/2012, Sardo
e altro, Rv. 254329).

6. Quanto, infine, all’eccepita estinzione per prescrizione, osserva il Collegio che
i reati, pur prescritti alla data odierna, non comportano l’annullamento parziale
senza rinvio perché estinti per prescrizione, atteso che l’inammissibilità del
ricorso è ostativa all’accertamento della causa estintiva, essendo infatti la
prescrizione maturata in data successiva alla sentenza d’appello (quest’ultima è,
infatti, stata emessa il 19/04/2013, laddove la prescrizione dei reati di cui sopra
è maturata in data 5/05/2013, cui deve aggiungersi un periodo di sospensione
dal 18/11/2011 al 15/06/2012 per adesione del difensore all’astensione
proclamata dalla categoria professionale, con conseguente perenzione del
termine alla data del 2/12/2013).
Ed infatti, secondo l’autorevole insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte,
l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza
dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità
a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 – dep.
21/12/2000, De Luca, Rv. 217266).

7. I ricorsi devono essere, dunque, dichiarati inammissibili. Segue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a
favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma
che si stima equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00) ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2014
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che vanno indicati specificamente in relazione alle parti della motivazione

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