Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30560 del 21/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30560 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARRIER° Maria, nata a Martina Franca (Ta) il 25 agosto 1935;
GRECO Feliciano, nato a Martina Franca (Ta) il 3 ottobre 1979;

avverso la sentenza del n. 1136/2012 della Corte di appello di Lecce, Sezione
distaccata di Taranto, emessa il 1 ottobre 2012;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mario FRATICELLI,
il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso;
sentito, altresì, per la ricorrente Carriero l’avv. Tommaso SAVITO, del foro di
Taranto.
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Data Udienza: 21/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Nel corso di un giudizio penale, celebratosi di fronte al Tribunale di
Taranto, a carico di Carriero Maria, imputata di reati connessi all’abusivismo
edilizio, avendo costei prodotto in giudizio una concessione edilizia in sanatoria
rilasciata dal Comune di Martina Franca, il giudice del dibattimento – ritenuta
l’illegittimità di tale provvedimento e condannata, pertanto, la Carriero alla

trasmetteva gli atti alla competente Procura della Repubblica, avendo ravvisato
nel rilascio della concessione in sanatoria gli estremi del reato di cui all’art. 323
cod. pen., affinché si procedesse nei confronti del presunti responsabili.
Ne scaturiva, pertanto, un procedimento penale a carico della Carriero, del
geom. Greco Feliciano, funzionario del Comune di Martina Franca addetto alla
istruttoria della pratica che aveva condotto alla emissione della citata
concessione, e dell’arch. Dell’Anno Camillo, Dirigente dell’Ufficio tecnico del
medesimo Comune.
1.1. Con sentenza del 27 marzo 2008 del Tribunale di Taranto, emessa
all’esito di giudizio abbreviato, i tre erano condannati alla pena di giustizia, in
quanto ritenuti responsabili, tutti, del reato di cui all’art. 323 cod. pen., per
avere in concorso fra loro, gli ultimi due abusando delle rispettive qualità,
adottato il predetto provvedimento pur in assenza delle condizioni a tal fine
previste, alfine di far conseguire un ingiusto vantaggio patrimoniale alla prima;
,
.
il solo Greco anche del reato di cui all’art. 479 cod. pen., perché, nelle detta
qualità, esprimeva parere favorevole al rilascio della concessione in sanatoria,
attestando falsamente la sussistenza delle condizioni di legge, nella specie che
le opere sanate già erano realizzate ad una certa data laddove, invece, in atti
risultava il contrario.
2. Proposto appello dai tre imputati avverso detta sentenza, la Corte di
Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in parziale riforma della sentenza emessa
dal giudice di prime cure, assolveva il Dell’Anno, ritenendo insussistente a suo
carico l’elemento soggettivo del reato a lui ascritto, confermando per il resto
l’impúgnata decisione.
2.1. Interveniva, a questo punto, con separati atti, da parte sia della
Carriéro, tramite difensore di fiducia, che del Greco, in proprio, ricorso per
cassazione.
2.2. La prima deduceva la contraddittorietà e la manifesta illogicità della
motivazione della sentenza impugnata, deducendo in sostanza il fatto che i
giudici del merito le avevano attribuito una serie di atti e di comportamenti che
la stessa ha posto in essere esclusivamente in quanto a ciò consigliata dai
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pena di giustizia con sentenza successivamente divenuta definitiva –

tecnici di sua fiducia che seguivano nel suo interesse la pratica amministrativa;
che ella non aveva mai preso alcun contatto col geom. Greco, persona a lei del
tutto sconosciuta, sicché nessuna intesa criminosa era mai intercorsa fra lei ed
il predetto funzionario pubblico, che mai le aveva consigliato di fare una
autodichiarazione mendace in ordine alla data della ultimazione dei lavori al
fine di poter godere della concessione in sanatoria.
Tanto sarebbe vero ciò, che la sua dichiarazione era stata già redatta

suggerito di farla.
L’assenza di qualsivoglia collusione fra lei ed il Greco avrebbe dovuto
condurre alla pronunzia di una sentenza assolutoria.
Così come ad analogo risultato, coerentemente, avrebbe dovuto condurre
l’assoluzione pronunziata in favore dell’arch. Dell’Anno, essendo impensabile
che gli altri due si fossero accordati fra di loro, senza avere prima conseguito il
benestare anche di colui il quale avrebbe dovuto sottoscrivere il provvedimento
concessorio.
«

2.3. Anche il geom. Greco ha contestato la sentenza sotto il profilo della

logicità della motivazione, in particolare per quanto attiene alla diversa
valutazione delle responsabilità sue e del Dirigente dell’Ufficio tecnico,
evidenziando che lui si era limitato a rendere un parere, neppure vincolante,
basato sulle allegazioni fatte dalla Carriero, mentre il Dell’Anno aveva assunto
formalmente il provvedimento.
Si è anche lamentato il ricorrente del fatto che – non è chiaro in base a
quali dati probatori – sia stata riscontrata l’esistenza a suo carico dell’elemento
soggetíi’vo rilevante per i reati a lui contestati, in particolare con riferimento al
falso, posto che, non essendo egli tenuto a fare verifiche in loco, aveva dato
.
.
credito 011e dichiarazioni della Carriero, confidando, peraltro, nel successivo
còntrollo ad opera del Dell’Anno dirigente dell’Ufficio.
In subordine chiedeva che si dichiarassero estinti i reati a lui contestati,
commessi sino al 31 maggio 2005, per intervenuta prescrizione.
3. In data 6 febbraio 2014 la difesa della ricorrente Carriero ha fatto
pervenire una memoria illustrativa nella quale si insiste per l’accoglimento del
ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, risultato fondato nei termini che saranno di seguito descritti,
deve, pertanto, essere accolto.
2. Prendendo le mosse dall’esame della censura che il Greco ha formulato
avvérso il capo di sentenza concernente la dichiarazione della sua
responsabilità penale in ordine al reato di cui all’art. 479 cod. pen., osserva
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diversi giorni prima che il Greco, secondo la ricostruzione dell’accusa, le avesse

questa Corte che il reato in questione si realizza, fra l’altro, allorché il pubblico
ufficiale, formando nell’esercizio delle sue funzioni un atto pubblico, attesti
falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
Nel caso di specie tale attestazione avrebbe avuto ad oggetto, secondo
l’accusa, l’affermazione dell’esistenza delle prescritte condizioni – cioè
l’avvenuta ultimazione delle opere ad una certa data – per il rilascio di un titolo
abilitativo edilizio in sanatoria in favore di Carriero Maria, contenuta nel parere

destinato ad essere trasfuso nel successivo provvedimento abilitativo rilasciato
dal Comune di Martina Franca.
2.1. Deve osservarsi che, in linea di principio, non può attribuirsi efficacia
decisiva ai fini dell’accoglimento del ricorso al rilievo formulato dal ricorrente,
secondo il quale, essendo l’atto da lui redatto un mero parere, peraltro neppure
a contenuto vincolante, destinato ad essere successivamente vagliato dal
Dirigente dell’Ufficio tecnico comunale, esso non avrebbe avuto, neppure
astrattamente in quanto atto non a rilevanza esterna, la valenza idonea ad
integrare gli estremi del reato contestato.
Va, infatti, ribadita, sul punto, la consolidata giurisprudenza di questa
‘Corte’, secondo la quale può integrare la nozione di atto pubblico ai fini della
ricorrenza del reato di cui all’art. 479 cod. pen. “non solo l’atto destinato ad
assolvere una funzione attestativa o probatoria esterna, con riflessi diretti ed
immediati nei rapporti tra privati e pubblica amministrazione, ma anche gli atti
cosiddetti interni cioè sia quelli destinati ad inserirsi nel procedimento
amministrativo, offrendo un contributo di conoscenza o di valutazione, che
quelli che si “collOcano nel contesto di una complessa sequela procedimentale conforme o meno allo schema tipico – ponendosi come necessario presupposto
di rnomenti procedurali successivi” (di recente: Corte di cassazione, Sezione V
penale, 29 gennaio 2013, n. 4322; sostanzialmente nello stesso senso: idem,
Sezione VI penale, 11 marzo 2013, n. 11425; idem, Sezione V penale, 11 aprile
2011; n. 14486).
2.2. Ritiene, piuttosto, questa Corte che debba valutarsi – a prescindere
dalla circostanza se l’atto in questione, cioè la relazione redatta dal geom.
Greco, avesse autonoma rilevanza ovvero fosse esclusivamente destinato ad
inserirsi senza efficacia propria in una più ampia sequenza procedimentale – se
detto atto avesse o meno il carattere dell’atto pubblico.

A

tale proposito è bene ricordare che, secondo orientamento

preponderante e risalente, della giurisprudenza di questa Corte il
provvedimento con il quale la pubblica amministrazione rilascia un permesso a
costruire, anche in sanatoria, rientra nella categoria concettuale delle
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espresso dal Greco, tecnico comunale incaricato della istruttoria della pratica, e

autorizzazioni amministrative (così, fra le altre: Corte di cassazione, Sezione V
penale, 26 settembre 2001, n. 34815; idem, Sezione V penale, 7 settembre
1999, n. 10524; idem, Sezione V penale, 9 maggio 1991, n. 5160), tanto che,
è stato ripetutamente rilevato che l’eventuale falsità ideologica di tale genere di
provvedimento non è fatto idoneo ad integrare il reato di cui all’art. 479 cod.
pen. (id est: falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici),
potendo, semmai, comportare la violazione dell’art. 480 cod. pen.

(id est:

amministrative) (Corte di cassazione, Sezione V penale, 20 giugno 2006, n.
21209; così, in linea di principio, anche: idem, Sezione Feriale, 27 agosto 2004,
n. 35578).
Sulla base di tale premessa, che l’attuale Collegio ritiene di condividere,
appare evidente come non sia certamente attribuibile la natura di atto pubblico
neppure agli atti strumentali – quale è quello contemplato dal capo di
imputazione contestato al Greco – alla adozione del permesso di costruire
(essendo a tale fine, si precisa per completezza, dato del tutto irrilevante se si
tratti o meno di un permesso in sanatoria) atteso che tali atti ripetono la loro
“forza provvedimentale” esclusivamente dall’atto nel quale sono destinati a
confluire e nei limiti della relativa dotazione di esso.
2.3. Vi è, altresì, da considerare, onde ribadire la estraneità della condotta
attribuita al ricorrente alla ipotesi delittuosa a lui ascritta che, come segnalato
dalla stessa Corte di appello nella impugnata sentenza, il Greco non espresse
un pàrere incondizionatamente favorevole al rilascio del permesso in sanatoria,
in quanto subordinò il contenuto positivo del suo atto al fatto che la Carriero
integrasse la pratica con una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà
proprio relativa alla tempestiva ultimazione dei lavori.
‘E’, pertanto, evidentemente fondata su di un ragionamento logicamente
inso s tenibile l’affermazione, contenuta sia nella sentenza di primo grado che in
quella di appello, secondo la quale l’attestazione in ordine alla avvenuta
ultimazione ‘dei lavori,’ contenuta nel parere favorevole reso dal Greco al rilascio
dél titolo abilitativo in . sanatoria, fosse destinatck, ad avere quella piena efficacia
probatoria che le viene riconosciuta dai giudici del merito.
bevé, infatti, ritenersi che tale funzione asseverativa, la quale presuppone
l’avvenuta esistenza di un accertamento definitivo ed incondizionato, non può
attribuirsi ad . un atto procedimentale la cui capacità certificativa sia, invece,
espressamente’ subordinata alla integrazione del procedimento con un ulteriore
atto destinato, a sua’ volta, proprio a fornire la certificazione del fatto che,
viceversa, si assume essere stato attestato col parere in discorso.

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falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni

2.4. Deve, pertanto, escludersi, alla luce dei duplici argomenti espressi, che
nella condotta posta in essere dal Greco siano ravvisabili gli estremi del reato di
cui all’art. 479 cod. pen., attesa sia la inqualificabilità dell’atto da questo
formato come “atto pubblico”, sia la inidoneità del medesimo a provare che i
lavori edili in relazione ai quali vi era stata la istanza di concessione in sanatoria
fossero stati ultimati in data utile per il rilascio della concessione stessa.
Sul punto, pertanto, la sentenza della Corte di appello va annullata, senza

479 cod. pen.
3. Riguardo alla restante imputazione, concernente l’ipotesi di abuso
compiuto dal Greco, al fine di procurare, in concorso con costei, un ingiusto
vantaggio patrimoniale alla Carriero, attraverso, appunto, il rilascio del titolo
edilizio in assenza dei suoi presupposti, rileva questa Corte che, non apparendo
chiaramente fondato sul punto né il ricorso della Carriero né quello del Greco,
sicché essi non appaiono comunque tali da condurre, così come per la
precedente imputazione, ad una pronunzia di cassazione senza rinvio per
insussistenza del fatto, deve

esaminarsi in via prioritaria l’incidenza

dell’avvenuto decorso del tempo sulla perdurante rilevanza penale dei fatti di
cui alla contestazione.
Giova, infatti, prioritariamente rilevare

che l’avvenuta esclusione della

responsabilità del Greco in ordine al reato di falso a lui contestato non
comporta immediate ricadute in ordine alla ulteriore imputazione su di lui
gravante in concorso con la Carriero, posto che detta pronunzia
sostanzialmente assolutoria non è fondata sulla prospettata assenza di
ipotetiche illecite intese fra il Greco e la Carriero, o quantomeno sulla assenza
di adeguate prove al riguardo (così come ritenuto con riferimento alla posizione
del Dell’Anno dalla Corte territoriale onde dichiarare la assoluzione di questo dal
réato di abuso di ufficio), tali da far ragionevolmente dubitare della sussistenza
dell’elemento soggettivo proprio del reato ora in questione; l’annullamento
della sentenza sul punto, infatti, ha a proprio fondamento, come sopra è stato
evidenziato, la assenza di valenza certificativa dell’atto redatto dal Greco, senza
con ciò’ intervenire né in ordine alla legittimità di tale parere né, tantomeno, in
ordine alle sue ipotetiche finalità volte a favorire la posizione della coimputata.
3.1. Tenuto, peraltro, conto del fatto che – essendosi il reato di cui all’art.
323 cod. pen, perfezionato alla data del 31 maggio 2005, data di rilascio della
concessione edilizia in sanatoria frutto dell’abuso, e considerati i periodi in cui,
in pendenza di Processo, il corso della prescrizione è rimasto sospeso – esso
alla data del 21 maggio ‘2013 si è comunque prescritto, in conformità al
costante oriéntamento secondo il quale la formula di proscioglimento nel merito
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rinvio, stante la insussistenza fatto ascritto al Greco come violazione dell’art.

prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione
soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva,
l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero la
prova positiva della sua innocenza (Corte ci cassazione, Sezione I penale, 25
ottobre 2013, n. 43853; idem, Sezione IV penale, 31 maggio 2013, n. 23680),
elementi questi che non appaiono ricorrere nel presente caso, si deve, in
definitiva, provvedere nel senso dell’annullamento, senza rinvio, della sentenza

ulteriori reati contestati estinti per prescrizione.
PQM

Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata perché il reato di cui all’art. 479
cod. pen., ascritto al solo Greco Feliciano, non sussiste ed il reato di cui all’art.
323 cod. pen., ascritto ad entrambi i ricorrenti, è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

impugnata anche con riferimento alla residua imputazione per essersi gli

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