Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30559 del 09/07/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 4 Num. 30559 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

O P–.P1

/.1

Pt-tiv 2_ 4-

sul ricorso proposto da:
DALVIT RAMON N. IL 12/06/1979
avverso la sentenza n. 2772/2012 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
21/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/07/2014 la relazione l’atta dal
Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI
Udito il Procuratore Geperale in persona del Dott.
che ha concluso per) ,è-rx,e/2,yvynt` ,In
)r•ì CU,

–1.4ditet, per la_parte civile,

(

>
;

Data Udienza: 09/07/2014

Ritenuto in fatto

DALVIT Ramon ricorre, tramite difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe che,
confermando quella di primo grado, a seguito di giudizio abbreviato, lo ha riconosciuto
colpevole del reato di guida in stato di ebbrezza ex art. 186, comma 2, lettera c) del
codice stradale, aggravato dall’aver provocato un incidente stradale ( fatto del

22.8.2009).

La Corte di appello, disattendendo la versione dei fatti fornita dall’imputato confermava il
giudizio di responsabilità valorizzando le risultanze del rapporto della polizia stradale, in
cui oltre a dare atto che l’imputato, dopo l’investimento si era dato alla fuga- tanto che
nei suoi confronti era stata contestata separatamente la violazione di cui all’art. 189,
comma 6 del codice della strada- si rappresentava che il Dalvit, manifestando sintomi
tipici della condizione di ebbrezza, era stato sottoposto a test con etilometro, al quale
risultavo positivo con tassi alcolemici di 2,38 g/I e di 2,50 g/I.

Con il ricorso censura il giudizio di responsabilità lamentando la manifesta illogicità della
motivazione attraverso un dissenso sull’apprezzamento del compendio probatorio
sviluppato dal giudicante al quale contrappone una diversa versione dei fatti, secondo la
quale a seguito dell’incidente si era allontanato dal luogo del sinistro dopo essersi
accordato con il conducente dell’auto investita per incontrarsi alla festa campestre ove
reperire il modello CID e che solo in quell’occasione aveva assunto alcolici, tanto che le
risultanze degli esami mostravano che l’alcolemia era in crescita, dato incompatibile con
l’affermata assunzione dell’alcol prima dell’incidente avvenuto intorno alle ore 20,20.
Si sostiene, sotto altro profilo, la carenza di motivazione in relazione al rigetto dell’istanza
di riqualificare il fatto ai sensi dell’art. 186, comma 2, lettera a) del codice della strada.

E’ pervenuta in data 6 giugno 2014 nella cancelleria di questa Corte memoria difensiva
nell’interesse dell’imputato, che l’ha anche sottoscritta personalmente, con la cOale è
stata richiesta la sospensione del processo per messa alla prova ex artt. 168 bis e
seguenti c.p. e 464 bis e seguenti c.p.p. legge 28 aprile 2014, n. 67.

All’udienza del 24 giugno 2014, fissata per la discussione, la deliberazione veniva rinviata
ex art. 615, comma 1, c.p.p. all’odierna udienza.

2

Considerato in diritto

Prima ancora di affrontare il merito del ricorso, si pone, ai sensi dell’art. 609, comma 2,
c.p.p.,la questione preliminare- non essendo stata possibile proporla primadell’applicabilità del novum normativo dell’istituto della messa alla prova, introdotto nel
nostro ordinamento dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale
del 2 maggio 2014, entrata in vigore il successivo 17 maggio, al fine di corrispondere ad

Con le nuove disposizioni ( v. artt. 168 bis, 168 ter, 168 quater c.p., da 464-bis a 464nonies c.p.p, 657 bis c.p.p., diretto a disciplinare, in fase esecutiva, il computo del
periodo di messa alla prova dell’imputato in caso di revoca, 141 -bis e 141-ter norme di
attuazione e coordinamento c.p.p dove, sono rispettivamente disciplinati l’avviso del
pubblico ministero per la richiesta di ammissione alla messa in prova e l’attività dei
servizi sociali nei confronti degli adulti ammessi alla prova) il legislatore ha previsto la
messa alla prova sia quale causa di estinzione del reato ( come esplicitamente previsto
dall’art. 168 ter, comma 2, cod. pen. e confermato dalla collocazione della norma nel
capo I del Titolo VI del codice penale, subito dopo la disciplina della sospensione
condizionale della pena) sia come possibilità di definizione alternativa della vicenda
processuale ( come confermato dall’inserimento delle specifiche norme in apposito titolo,
V-bis del libro VI- Procedimenti speciali- del codice di rito.

Le finalità perseguite dal legislatore sono evidenti: l’offerta di un percorso di
reinserimento alternativo ai soggetti processati per reati di minore allarme sociale
(quelli sanzionati con la pena pecuniaria o con pena detentiva- esclusiva, congiunta o
alternativa- non superiore nel massimo a quattro anni ed i delitti indicati nel secondo
comma dell’art. 550 c.p.p in tema di citazione diretta a giudizio), come dimostrato
dall’art. 464, comma 3, c.p.p, che condiziona la sospensione del procedimento con la
messa alla prova alla prognosi favorevole in ordine al rischio di recidiva.
In questo senso, la finalità del ravvedimento e del recupero riproduce le caratteristiche
fondamentali dell’analogo istituto vigente nel processo minorile ma non esauriscono la
portata della innovazione, che è altresì la funzione deflattiva dei procedimenti penali
attraverso l’estinzione del reato dichiarata dal giudice in caso di esito positivo della prova.

Sono state poi valorizzate dal legislatore anche le finalità riparatorie e di tutela della
vittima, poste come condizioni di ammissibilità dell’istituto in esame.
Ciò lo si desume, in primo luogo, dalla previsione che la messa in prova comporta la
prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
derivanti dal reato nonchè, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato

3

apposita istanza presentata dal difensore dell’imputato.

(articolo 168 bis, comma 2, c.p.). Ma anche, in secondo luogo, dalla configurata
necessità di valutazione, da parte del giudice, dell’idoneità del domicilio indicato
dall’imputato nel programma di trattamento ad assicurare le esigenze di tutela della
persona offesa (articolo 464 quater , comma 3, c.p.p).

La disciplina processuale della messa alla prova è regolata, come sopra indicato, dagli
artt. 464 bis e seguenti del codice di rito, che attribuendo al solo imputato, l’iniziativa
dell’accesso all’istituto, individua espressamente un termine finale di presentazione della

al giudizio di primo grado ( le conclusioni rassegnate dalle parti al termine dell’udienza
preliminare, nel procedimento ordinario; la dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo grado nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a giudizio;
quindici giorni dalla notifica del decreto di giudizio immediato all’imputato o dalla
comunicazione del relativo avviso al difensore, nei casi di giudizio immediato; il
medesimo termine previsto dall’art. 461 c.p.p. per l’opposizione, nei procedimenti per
decreto).
Ciò premesso, la legge 67/2014 presenta evidenti difficoltà interpretative in assenza di
una disciplina transitoria diretta a regolare i procedimenti instaurati per i delitti previsti
dall’art. 168 bis c.p.p che alla data del 17 maggio 2014, abbiano superato le fasi
processuali entro le quali, ai sensi dell’art. 464 bis c.p.p, la sospensione del procedimento
con messa alla prova può essere richiesta dall’imputato.

La mancanza di norme di diritto intertemporale impone di affrontare la questione se la
nuova disciplina possa trovare applicazione anche nel processo che abbia già superato la
fase processuale indicata dal secondo comma del nuovo art. 464 bis c.p.p., entro la quale
può essere formulata, a pena di decadenza, la richiesta di sospensione del procedimento
con messa alla prova.

La soluzione non può non passare attraverso l’inquadramento sistematico dell’istituto in
esame nel quale sono all’evidenza individuabili profili sia di carattere sostanziale ( si
tratta di una nuova causa di estinzione del reato inserita nel codice penale conseguente
all’adempimento di un programma che implica misure limitative della libertà del
soggetto), sia profili di carattere processuale , avendo il legislatore previsto specifici
momenti processuali per la proposizione della richiesta (v. in particolare l’art. 464 bis
c.p.p).

Gli effetti di carattere sostanziale dell’istituto sopra indicati potrebbero deporre per una
interpretazione estensiva della norma anche ai fatti pregressi ed ai procedimenti
4

richiesta, con diversificazioni collegate ai differenti procedimenti, ma comunque ristretta

pendenti, sia per l’applicazione dell’art. 2, comma 4, c.p. sia per coerenza

alla

significativa evoluzione della giurisprudenza sul principio di retroattività della lex mitior,
alla luce delle fonti internazionali e comunitarie e dei principi affermati dalla Corte di
Strasburgo, che hanno portato anche a mitigare il principio della intangibilità del giudicato
( v. Sezioni unite, 24 ottobre 2013, 7 maggio 2014, n. 18821, Ercolano).

In tal senso vanno richiamate le fonti internazionali e comunitarie che affermano il

L’art. 15, comma 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a
New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n.
881; l’art. 49, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2006 e successivamente recepita dal Trattato di Lisbona
modificativo del Trattato sull’Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità
europea, entrato in vigore il 1 dicembre 2009.

Vanno altresì richiamate le pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea che, già
prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, iscrivevano il principio della
retroattività della lex mitior tra quelli facenti parte delle tradizioni costituzionali comuni
degli Stati membri, destinati perciò a costituire parte integrante dei principi generali del
diritto comunitario di cui la Corte di giustizia garantisce il rispetto e che il giudice
nazionale deve osservare quando applica il diritto nazionale per attuare l’ordinamento
comunitario ( v. sentenza 3 maggio 2005, Berlusconi e altri, cause riunite C-387/02, C391/02, C-403/02; sentenza 11 marzo 2008, Jager, C-420/06; sentenza 28 aprile 2011,
El Dridi, C-61/11).

Va, infine, fatto riferimento all’art. 7 CEDU, così come interpretato dalla Corte di
Strasburgo nella sentenza 17 settembre 2009 (Scoppola contro Italia)- confermata nella
successiva decisione 27 aprile 2010, Morabito contro Italia- laddove per la prima volta
venne affermato il principio secondo il quale l’art. 7 par. 1 della Convenzione non
sancisce solo il principio dell’irretroattività delle leggi penali più severe, ma anche il
principio della retroattività della legge penale meno severa, traducendosi nella norma
secondo la quale, se la legge penale in vigore al momento della commissione del reato e
le leggi penali posteriori adottate prima della pronuncia definitiva sono diverse, il giudice
deve applicare quella le cui disposizioni sono più favorevole all’imputato.

Tale principio, come rilevato dalle Sezioni unite, nell’ambito di un procedimento per
misure cautelari ( v. sentenza 31 marzo 2011, P.G. in proc. Ambrogio, rv. 250196) non
diviene, però, per ciò solo, al contempo un principio dell’ordinamento processuale .
5

principio della lex mitior.

La citata sentenza ha sottolineato che in tema di successione di leggi processuali nel
tempo, se la legge penale in vigore al momento della perpetrazione del reato e le leggi
penali posteriori adottate prima di una pronunzia di una sentenza definitiva sono diverse,
non costituisce un principio dell’ordinamento processuale quello secondo il quale deve
essere applicata quella le cui disposizioni sono favorevoli all’imputato, poiché non
esistono principi di diritto intertemporale propri della legalità penale che possano essere
pedissequamente trasferiti nell’ordinamento processuale.

2011 che ha dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10,
comma 3, della legge n. 251 del 2005, sollevata in riferimento all’art. 117, comma 1,
della Costituzione), ha affermato che la sentenza della Corte EDU del 17 settembre 2009
nel caso Scoppola non ha escluso la possibilità che, in presenza di particolari situazioni, il
principio di retroattività della lex mitior possa subire deroghe o limitazioni, sottolineando
come il riconoscimento da parte della Corte europea del principio di retroattività in
mitius- che già operava nel nostro ordinamento in forza dell’art. 2, secondo, terzo e
quarto comma c.p.- non aveva escluso la possibilità di introdurre deroghe o limitazioni
alla sua operatività, quando siano sorrette da una valida giustificazione.

La stessa sentenza n. 236 del 2011 ha altresì affermato che il principio di retroattività
della lex mitior presuppone una omogeneità tra i contesti fattuali o normativi in cui
operano le disposizioni che si succedono nel tempo ed ha rimarcato come detto principioriconosciuto dalla Corte di Strasburgo- riguardi esclusivamente la fattispecie
incriminatrice e la pena, mentre sono estranee all’ambito di operatività di tale principio,
così delineato, le ipotesi in cui non si verifica un mutamento, favorevole al reo, nella
valutazione del fatto, che porti a ritenerlo penalmente lecito o comunque di minore
gravità, giungendo alla conclusione che esso non può riguardare le norme sopravvenute
che modificano, in senso favorevole al reo, la disciplina della prescrizione, con la
riduzione del tempo occorrente perché si produca l’effetto estintivo del reato

Si prospetta, pertanto, una soluzione interpretativa diversa, potendosi legittimamente
sostenere la tesi che il novum normativo, riguardando anche l’ambito processuale ( v.
artt. 464 bis e seguenti c.p.p.), non determini di per sé l’ applicazione dell’istituto della
messa alla prova ai fatti pregressi e per i procedimenti pendenti, pregiudicando tale
interpretazione il canone tempus regit actum, che corrisponde ad esigenze di certezza,
razionalità e logicità, che sono alla radice della funzione regolatrice della norma giuridica.

D’altra parte, ritenere l’inapplicabilità della messa alla prova ai processi in corso che si
trovano in una fase processuale successiva a quella indicata negli articoli 464 bis e 464

6

D’altra parte, la giurisprudenza costituzionale ( v., in particolare, la sentenza n. 236 del

ter c.p.p. rischierebbe di dare ingresso a una disparità di trattamento tra gli imputati il cui
processo risulta pendente in primo grado nella fase anteriore alla dichiarazione di
apertura del dibattimento, che possono avvalersi di questo nuovo istituto, e gli imputati il
cui processo si trova in una fase più avanzata.

Tale soluzione contrasterebbe con l’art. 2, comma 4, c.p., in tema di retroattività della

lex mitior che, pur avendo rango diverso dal principio d’irretroattività della norma
incriminatrice, di cui all’art. 25, comma 2, Costituzione, non è privo di un fondamento

Questo fondamento è stato individuato nel principio di eguaglianza, che impone, in linea
di massima, di equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere
dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l’entrata in vigore della
norma che ha disposto l’aboliti° criminís o la modifica mitigatrice ( v. sentenza Corte
Costituzione n. 236 del 2011).

La soluzione più garantista, che meglio coniuga le esigenze difensiva con un portato
normativo non leggibile in modo inequivoco, è ovviamente quella dell’immediata
applicabilità dell’istituto della messa alla prova anche ai fatti pregressi e per i processi
pendenti, pur in assenza di una disciplina transitoria, in applicazione delle regole generali
previste dall’art. 2, comma 4, c.p..e dei principi sopra indicati.

Adottando questa soluzione, si porrebbe strettamente connesso, il problema della
individuazione del giudice competente, dinanzi al quale può essere formulata richiesta di
sospensione del processo con messa alla prova.

Tale giudice potrebbe potrebbe essere individuato nel giudice indicato dalla nuova
disciplina negli articoli 464 e seguenti c.p.p. oppure nel giudice di appello, in conformità a
quanto è stato ae-mato da questa Corte con riferimento al lavoro di pubblica utilità,
laddove è pacifico(l’imputato di guida in stato di ebbrezza possa chiedere l’applicazione
del lavoro di p.u. in appello, anche quando la condotta di reato sia stata commessa in
epoca anteriore alla modifica normativa che ha introdotto il lavoro di p.u. e pur dopo il
giudizio di primo grado che quella sanzione non aveva disposto (in ipotesi perché non
ancora esistente: v. in tal senso Sezione IV, 28 maggio 2013, Silvestri, rv. 256208).

Sul punto va sottolineato, ai fini della decisione, che gli effetti sostanziali del nuovo
istituto non consistono in automatismi dei quali il giudice possa fare applicazione anche
all’esito del dibattimento, in sede di impugnazione o in fase esecutiva, essendo richiesto
un esperimento comportamentale, caratterizzato da valutazioni di carattere discrezionale.

7

costituzionale.

Analoghe questioni si pongono nel giudizio di legittimità- ove, all’evidenza, è precluso
l’applicazione di tale regime- in caso di annullamento con rinvio, al fine di individuare il
giudice competente.

La delicatezza della materia e la possibilità di soluzioni interpretative in radicale
contrasto, afferenti il regolamento di diritti di rilievo costituzionale, impone 4,l’intervento
regolatore delle Sezioni unite di questa Corte.
P. Q. M.

Così deciso in data 9 luglio 2014

Il Consigliere estensore

reire

PicciaLtau

Il Presidente
Carlo

ppe Brusco

Rimette la questione alle Sezioni unite della Corte di Cassazionea.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA