Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30548 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30548 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROMANO MARIA CLARA N. IL 06/12/1960
avverso la sentenza n. 3272/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
17/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO

Udito, per la arte civile, l’Avv

Data Udienza: 26/06/2014

udito il PG in persona del sost.proc. gen. dott. G. D’Angelo che ha chiesto annullamento senza
rinvio per prescrizione,
udito il difensore, avv. F. Vazio che ha illustrato il ricorso e ne ha chiesto raccoglimento e, in
subordine, si è associato alla richiesta del procuratore generale.

1. Con la sentenza di cui in epigrafe,la corte di appello di Genova ha confermato la
pronuncia di primo grado, con la quale l’architetto Romano Maria Clara era stata condannata
a pena di giustizia perché ritenuta colpevole del delitto di cui agli articoli 110- 483 cp perché,
in concorso con Petitti Marta – relativamente agli abusi edilizi consistenti nella realizzazione di
un vano interrato – in una comunicazione sottoscritta dalla Petitti e inviata al Comune e negli
elaborati tecnici allegati sottoscritti dalla Romano, falsamente si affermava di aver ottemperato
ad un’ordinanza comunale di restituzione in pristino del vano predetto, mediante riempimento
del volume stesso con blocchi di polistirolo.
2. La sentenza della corte d’appello ha ritenuto di poter affermare la colpevolezza della
imputata in considerazione del fatto che non era stata fornita la prova né dell’acquisto della
notevole quantità di polistirolo necessaria a riempire un volume complessivo di oltre 255 m 3 ,
né la prova dello smaltimento del predetto materiale e del suo trasporto in discarica.
3. Con il ricorso, il difensore della imputata deduce carenza dell’apparato motivazionale,
atteso che la corte territoriale, pur avendo dato atto che la verifica dei locali interrati era
avvenuta a ben otto mesi di distanza dopo la certificazione da parte dell’imputata, ha
incongruamente affermato che costei non aveva fornito la prova dello svuotamento. La
affermazione di responsabilità è contraria al principio della condanna al di là di ogni
ragionevole dubbio e fa ricadere sulla ricorrente l’onere della prova, prova che, viceversa,
avrebbe dovuto fornire colui che ebbe ad affermare di aver provveduto lo svuotamento dei
locali (il marito della Petitti). Partendo da tale premessa, non si comprende come possa essere
addebitato alla Romano il concorso in un delitto di falso con riferimento ad una verifica
avvenuta a notevole distanza dal giorno dell’attestazione.
Con una seconda censura, si lamenta che la corte d’appello non ha tenuto conto delle
considerazioni contenute nei motivi nuovi depositati il 10 gennaio 2013 e non ha
adeguatamente valutato la sentenza di assoluzione dell’altro tecnico comunale, Enrico
Antonello, il quale a sua volta ebbe ad attestare le medesime circostanze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La sentenza impugnata effettivamente contiene profili di illogicità e di
contraddittorietà della motivazione, atteso che essa addebita alla Romano di non aver fornito
la prova di un’attività che altra persona ha sostenuto di aver posto in essere. In effetti si legge
in sentenza che il marito della Petiti ebbe ad affermare che, all’insaputa della Romano, egli,
dopo che costei aveva attestato (veritieramente) l’avvenuto riempimento con polistirolo dei
locali seminterrati, aveva provveduto direttamente allo svuotamento degli stessi. La corte
d’appello ritiene che la ricorrente avrebbe dovuto fornire la prova, tanto dell’acquisto della
notevole quantità di polistirolo necessaria per riempire oltre 255 m 3 , quanto la prova del fatto
che lo svuotamento era venuto ad opera di altro soggetto.
1.1. Si tratta, con tutta evidenza, di affermazioni non ragionevoli, in quanto non fondate
su alcuna evidenza fattuale in base alla quale ritenere che la Romano non si sia limitata a
verificare il riempimento dei locali con polistirolo, ma avrebbe dovuto anche incaricarsi
dell’acquisto del materiale e del suo utilizzo. Tali ulteriori attività, sulla base di quanto è dato
leggere in sentenza, non si vede perché avrebbero dovuto interessare o comunque essere note
a colei che, fino a prova del contrario, avrebbe dovuto semplicemente prendere atto di una
situazione di fatto e asseverarla documentalmente.
2. La illogicità dell’apparato motivazionale dunque dovrebbe determinare l’annullamento
con rinvio per nuovo esame della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

2.1. È tuttavia da rilevare che il termine prescrizionale è maturato il 14 settembre 2013.
Deve dunque trovare immediata applicazione del disposto di cui all’articolo 129 del codice di
rito, come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa corte (ASN 200914450-RV
244002).
3. Consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato
estinto per intervenuta prescrizione.
PQM

Così deciso in Roma, in data 26 giugno 2014.-

annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere reato estinto per prescrizione.

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