Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30546 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30546 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUONOCORE AGNESE N. IL 05/09/1957
avverso la sentenza n. 12480/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
22/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
che ha concluso per

rte civile, l’Avv

Data Udienza: 26/06/2014

a

udito il PG in persona del sost.proc. gen. dott. G. D’Angelo che ha chiesto annullamento senza
rinvio per prescrizione,
udito il difensore, avv. F. Faranda, che si è riportato al ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Napoli ha confermato la
pronuncia di primo grado con la quale Buonocore Angnese fu condannata alla pena di
giustizia perché ritenuta responsabile del delitto di cui all’articolo 483 cp perché attestava
falsamente in dichiarazione sostitutiva di notorietà, depositata (per ottenere il condono) presso
il comune di Vico Equense che le opere oggetto dell’istanza di condono edilizio erano iniziate
nel novembre 2002 e ultimata nel marzo 2003.
2. Ricorre per cassazione l’imputata e deduce violazione di legge in quanto i rilievi
satellitari in base ai quali sarebbe stata rilevata la non rispondenza al vero dell’attestazione
non provengono da una pubblica istituzione, né sono stati asseverati da alcun testimone.
Peraltro non si sa se essi corrispondono alle particelle catastali intestate alla imputata. Inoltre,
le false dichiarazioni rese da un privato nella domanda di condono non integrano il delitto
contestato, dal momento che la concessione edilizia in sanatoria, al pari della concessione
edilizia, costituisce autorizzazione amministrativa e rientra pertanto nella fattispecie previste
dagli articoli 477 e 480 cp. Contrariamente a quanto sostenuto dai giudici del merito, poi, la
dichiarazione proveniente dall’imputato non era destinata a provare la verità dei fatti in essa
attestati. Invero la dichiarazione di “fine lavori” non era destinata a confluire in un atto
pubblico, ma ne era solo il presupposto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Integra il reato di falsità ideologica commesso dal privato in atto pubblico (art. 483
cp), la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, allegata a
domanda di concessione edilizia in sanatoria, attesti falsamente la data di ultimazione
dell’opera da sanare, considerato che l’ordinamento attribuisce a detta dichiarazione valenza
probatoria privilegiata – con esclusione di produzioni documentali ulteriori – e, quindi, di
dichiarazione destinata a dimostrare la verità dei fatti cui è riferita e ad essere trasfusa in
atto pubblico (ASN 201002978-RV 245839 e numerosi precedenti).
2. Tanto premesso, va ricordato che il procedimento in questione si svolse con il rito
abbreviato e dunque sulla base della (concordata) piena utilizzabilità della documentazione in
atti, di talché, da un lato, non era ovviamente possibile che comparisse in dibattimento alcun
testimone a confermare il contenuto dei rilievi satellitari (per la buona ragione che un
dibattimento non vi è stato), dall’altra, la pretesa non provenienza dei rilievi da un ente
pubblico è circostanza (che seppur rispondente al vero) è irrilevante, atteso che, con la scelta
del rito abbreviato, la parte accetta che siano utilizzati i dati contenuti nel fascicolo dei quali
previamente riconosce il valore probatorio.
3. Per le ragioni sopra esposte, il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e
tale inammissibilità rende non operativa la prescrizione, il cui termine sarebbe maturato dopo
la sentenza di secondo grado.
4. Consegue condanna della ricorrente le spese del grado e al versamento di somma a
favore della cassa ammende, somma che si stima equo determinare in C 1000.

RITENUTO IN FATTO

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di 1000 euro in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, in data 26 giugno 2014.-

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