Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30545 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30545 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DIABY KANTE’ N. IL 15/04/1981
avverso la sentenza n. 4886/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
26/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
i

che ha concluso per

Udito, per parte civile, l’Avv

Data Udienza: 26/06/2014

udito il PG in persona del sost.proc. gen. dott. G. D’Angelo che ha chiesto annullamento senza
rinvio per intervenuta prescrizione,
udito il difensore avv. R. Marineo che si è associato.

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Roma ha confermato la
pronuncia di primo grado con la quale Diaby Kantè fu condannato alla pena di giustizia perché
riconosciuto colpevole del delitto di cui all’articolo 474 cp perché sulla pubblica via deteneva al
fine di commercio merce composta da borse cinture e altro, munita di segni distintivi
contraffatti.
2. Ricorre per cassazione il difensore e deduce erronea applicazione della legge penale,
atteso che la merce esposta per la vendita non era idonea a ledere il bene giuridico tutelato, in
ragione della grossolanità della imitazione e delle modalità di vendita. La stessa sentenza dà
atto che l’imputato aveva adagiato la merce su di un lenzuolo, steso sulla sede stradale, così
come dà atto del prezzo esiguo di vendita con riferimento a beni che, se fossero stati autentici,
avrebbero avuto un valore ben maggiore.
Ci si trova dunque al cospetto di reato impossibile.
3. Con una la seconda censura, si deduce mancanza, contraddittorietà, manifesta
illogicità di motivazione atteso che la corte di merito ritiene che il reato non sussista solo
quando si è esclusa la possibilità e la probabilità dell’inganno. Orbene, se un soggetto di scarsa
cultura quale l’imputato, era in grado di rendersi conto della origine non autentica dei prodotti,
ne consegue che certamente (e a maggior ragione) poteva rendersene conto un potenziale
acquirente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza. La inammissibilità rende non
operante la prescrizione, che pure sarebbe maturata dopo la sentenza di secondo grado.
1.1. E stato chiarito (es. ASN 200631451-RV 235214) che integra il delitto di cui all’art.
474 cp la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto; né, a tal fine, ha
rilievo la configurabilità della cosiddetta contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474
predetto tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma
la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che
individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione;
si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la
realizzazione dell’inganno e nemmeno ricorre l’ipotesi del reato impossibile qualora la
grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità
che gli acquirenti siano tratti in inganno.

RITENUTO IN FATTO

2. Paradossale poi è la considerazioni in base alla quale se della falsità si era accorto
Diaby, poteva accorgersene chiunque. Così ragionando si dimentica il fatto che l’imputato, per
essersi procurato attraverso canali illegali la merce che esponeva per la vendita, aveva
un’ulteriore elemento di conoscenza (diretta) che gli indicava chiaramente che trattavasi di
merce contraffatta.
3. In considerazione della inammissibilità del ricorso, il ricorrente va condannato alle
spese del grado e al versamento di somma a favore della cassa ammende, somma che si stima
equo determinare il C 1000.

—.Z–Z—

PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di 1000 euro in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, in data 26 giugno 2014.

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