Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30539 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30539 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PANTALENA IVAN N. IL 19/04/1973
avverso la sentenza n. 84/2012 TRIBUNALE di MILANO, del
27/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
che ha concluso per

Data Udienza: 26/06/2014

1\

udito il PG in persona del sost.proc. gen. dott. G. D’Angelo che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso,
udito il difensore, avv. A. Purignano in sost.ne avv. F. Grassia che si è riportato al ricorso e ne
ha chiesto raccoglimento.

1. Con la sentenza di cui in epigrafe il tribunale di Milano, in funzione di giudice di
appello, ha confermato la pronuncia di primo grado con la quale Pantalena Ivan fu
condannato a pena di giustizia, oltre al risarcimento del danno in favore delle costituite PPCC,
Di Raimo Agata e Petitti Roger, in quanto riconosciuto colpevole del delitto di diffamazione per
avere inserito nelle caselle postali dell’edificio condominale nel quale egli e le PPOO abitavano
un volantino ritenuto lesivo della reputazione dei due predetti.
2. Ricorre per cassazione il difensore e deduce: a) violazione degli artt. 595 cp e 192
cpp, atteso che i giudici del merito sono partiti da una posizione pregiudizialmente contraria
all’imputato, il quale ha sempre negato di essere l’autore dei volantini, che d’altra parte sono
stati ritrovati anche nella sua casella postale. Nessuno dei testi ha visto chi avesse recapitato i
predetti volantini. La sentenza di appello peraltro non spende parola per indicare per quale
ragione ritenga che autore del volantino sia proprio l’imputato, ma muove da una non
condivisibile presunzione di colpevolezza. Peraltro manca l’elemento oggettivo del delitto di
diffamazione in quanto il tenore dei volantini non può essere ritenuto diffamatorio, non si fa in
esso direttamente riferimento alle PPCC e, per altro, i fatti descritti sono effettivamente
accaduti, b) carenza dell’apparato motivazionale per quel che riguarda la quantificazione del
risarcimento del danno che non è minimamente esplicitato, c) ancora violazione di legge in
quanto, a tutto concedere, il reato è ormai estinto per prescrizione.
3. Ha fatto pervenire memoria (e nota spese) il difensore delle PPCC, con la quale
chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché articolato in fatto e manifestamente infondato.
2. Con la prima censura il ricorrente elabora una sua, alternativa, ricostruzione dei fatti
ed interpretazione dei dati processuali, che si oppone a quella motivatamente fatta propria e
illustrata nella sentenza di secondo grado, confermativa di quella di primo.
I giudici del merito fanno, per parte loro, riferimento a un episodio avvenuto tra Petitti e
l’imputato, episodio cui si accenna nel volantino predetto. In maniera certo non illogica, i
giudicanti ritengono che solo l’imputato avesse ragione di reagire all’affronto subito dal Pettitti,
formulando – a carico del predetto – le espressioni diffamatorie. Che tali espressioni poi
abbiano effettivamente carattere offensivo viene sostenuto dalla sentenza, in considerazione
del fatto che le persone cui si riferiscono vengono indicate come soggetti psichicamente
instabili e meritevoli di attenta sorveglianza da parte degli altri condomini, i quali vengono
invitati ad allertare, senza indugio, le forze dell’ordine.
2. La quantificazione del risarcimento del danno è avvenuta (e non poteva non
avvenire) in via equitativa.
3. La accertata inammissibilità del ricorso rende non operativa la prescrizione, che
maturerebbe dopo la sentenza di secondo grado.
4. In conseguenza di tutto quanto esposto, il ricorrente va condannato alle spese del
grado e al versamento di somma a favore della cassa delle ammende. Si stima equo
determinare detta somma in euro 1000.

RITENUTO IN FATTO

Il ricorrente va inoltre condannato al ristoro delle spese sostenute in questa fase di giudizio
dalle costituite PPCC, spese che si liquidano come da dispositivo. La liquidazione, ovviamente,
non comprende la fase decisoria in quanto il difensore delle PPCC non è comparso in udienza

PQM

Così deciso in Roma, in data 26 giugno 2014.-

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di 1000 euro in favore della cassa delle ammende,
nonché al rimborso delle spese sostenute dalle parti civili che si liquidano in complessivi euro
2500, oltre accessori come per legge.

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