Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30538 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30538 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALDERONI GUIDO N. IL 24/04/1944
avverso la sentenza n. 2437/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 23/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
– S I. e- i

Data Udienza: 26/06/2014

IL

udito il PG in persona del sost.proc. gen. dott. G. D’Angelo che ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso,
RITENUTO IN FATTO

2. Ricorre per cassazione il difensore e deduce errata applicazione di legge sostanziale
eillogicità della motivazione, atteso che, essendo contestava la mancata tenuta dei libri e delle
scritture contabili e non l’occultamento o la distruzione delle stesse e neanche la falsificazione,
ferma restando la materialità del fatto accertato, i giudici di merito non hanno adeguatamente
motivato in ordine all’elemento psicologico. Secondo la prevalente giurisprudenza, il dolo
richiesto è quello generico, ma esso deve necessariamente atteggiarsi come consapevolezza e
volontà di rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento di affari della
società fallita. Ebbene, la sentenza di secondo grado pretende di dedurre la sussistenza
dell’elemento psicologico dal mero fatto della mancata tenuta di scritture e libri contabili nel
periodo d’interesse, vale a dire intende valorizzare la condotta omissiva tenuta dalla Calderoni
anche allo scopo di configurare una sorta di dolus in re ipsa, cosa che certamente non è
consentita dal vigente ordinamento penale.
Con la seconda censura, il ricorrente si duole della mancata concessione delle attenuanti
generiche e della illogicità della motivazione al riguardo, atteso che non si è minimamente
tenuto conto della meritevolezza della condotta processuale dell’imputato.
Con una terza censura, si lamenta l’illogicità della motivazione riguardo alla determinazione del
trattamento sanzionatorio ai sensi dell’articolo 133 cp, atteso che detto trattamento appare
eccessivamente severo tenuto conto dello scarso disvalore sociale del fatto concreto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’integrazione del reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui alla seconda
ipotesi dell’art. 216, comma primo n. 2, LF richiede il dolo generico, ossia la consapevolezza
che la confusa tenuta della contabilità renderà o potrà rendere impossibile la ricostruzione delle
vicende del patrimonio, in quanto la locuzione “in guisa da non rendere possibile la
ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari” connota la condotta e non la volontà
dell’agente, sicché è da escludere che essa configuri il dolo specifico (da ultimo: ASN
201021872-RV 247444).
1.1. Tale essendo la dominante interpretazione fornita da questa sezione, non è quindi
necessario che il giudice di merito provi l’intenzione dell’imputato di rendere impossibile o
gravosissima la ricostruzione del patrimonio e del giro d’affari, essendo sufficiente la prova che
gli ne abbia coscienza, vale a dire che si renda conto del fatto che il comportamento omissivo
renderà (certamente o molto probabilmente) impossibile o molto difficile la ricostruzione del
patrimonio e/o del giro di affari del soggetto fallito.
1.2. Nondimeno, è da rilevare come, nel caso in scrutinio, il giudice di secondo grado
non abbia adeguatamente motivato in proposito, atteso che a pagina 3 della sentenza esso si
limita a rilevare che il dato contabile che avrebbe dovuto trovare menzione nelle scritture
societarie era quello inerente la destinazione attribuita all’incasso del provento dell’unico
elemento attivo della società. Da tale condotta, senza esplicitare il percorso argomentativo
seguito, la corte territoriale fa discendere il convincimento circa la sussistenza di coscienza e
volontà delle conseguenze dell’omissione in capo all’imputato. Il passaggio logico rimane quindi
indimostrato, né la mera citazione (immediatamente successiva) di giurisprudenza di questa
sezione vale, di per sé, a colmare tale lacuna.
2. Si imporrebbe dunque l’annullamento con rinvio per nuovo esame della sentenza
impugnata e, tuttavia, essendo maturata la prescrizione (sia pure dopo la sentenza di secondo
grado), questo giudice di legittimità si deve limitare a prenderne atto e ad emettere sentenza

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Bologna ha confermato la
sentenza di primo grado con la quale Calderoni Guido fu condannato a pena di giustizia in
quanto ritenuto colpevole di bancarotta fraudolenta documentale, in relazione al fallimento
della S.r.l. SOREC, dichiarato con sentenza 27 aprile 2000.

di annullamento senza rinvio a seguito di estinzione del reato (cfr. ASN 200914450- RV
244002).
PQM
annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, in data 26 giugno 2014.-

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