Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30518 del 09/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30518 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BILANCINI PIETRO N. IL 28/05/1954
avverso la sentenza n. 6/2012 TRIBUNALE di CHIAVARI, del
23/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. —
che ha concluso per

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Data Udienza: 09/05/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gabriele Mazzotta, ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza resa in data 18 dicembre 2009, confermata dal Tribunale di

Pietro alla pena di giustizia per il delitto di ingiuria in danno di Corsi Laura,
medico di base nell’esercizio della propria attività, dandole della “disonesta” ed
accusandola di aver fatto delle “sporcaccionate” in presenza di più pazienti,
all’interno del suo ambulatorio.
2. Contro la sentenza propone ricorso per Cassazione l’imputato, con atto
sottoscritto personalmente, affidato a due motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 606, lettera E, cod.
proc. pen., per vizio di motivazione in punto di sussistenza dell’elemento
soggettivo del reato, poiché il giudice d’appello non ha motivato in relazione alla
sussistenza della scriminante della provocazione, rappresentata dalla frase del
medico in ordine al diritto all’esenzione dai ticket del padre dell’imputato.
2.2 Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione della decisione di
appello, in ordine all’elemento oggettivo e soggettivo del reato, poiché a giudizio
del ricorrente l’iniziativa dell’imputato è assistita dall’esercizio del diritto di
critica, a fronte della frase della dottoressa riguardante il

ticket. L’imputato

esclude di aver superato il limite della continenza, poiché la frase pronunciata
non si risolve in attacchi alla persona o alle sue capacità professionali in
generale; sul punto si deduce omessa motivazione nella sentenza d’appello ed
omessa valutazione del contesto in cui la frase è stata pronunciata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
2. Il giudice di appello ha escluso la sussistenza della provocazione, con
motivazione congrua e logica, escludendo in punto di fatto la sussistenza dei
presupposti dell’esimente. D’altra parte non si vede perché mai l’affermazione
del medico in ordine all’esenzione dal ticket avrebbe dovuto determinare quello
stato d’ira che induce ad una reazione immediata, non essendo la frase rivolta
all’imputato (ma al padre) e non integrando nemmeno un fatto ingiusto, inteso
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Chiavari il 23 marzo 2013, il giudice di pace di Chiavari condannava Bilancini

come comportamento lesivo di regole comunemente accettate nella civile
convivenza (Sez. 5, n. 21455 del 11/03/2009, Cantatore, Rv. 243506).
2. Quanto poi alla insussistenza del reato, per non essere le parole incriminate
dirette ad un attacco alla persona, ma solo rivolte ad esprimere un legittimo
diritto di critica, la motivazione del Tribunale è ampia e convincente, laddove
evidenzia che le espressioni sono obiettivamente lesive dell’onore e del decoro

presenza di altri pazienti, nell’ambulatorio medico.
2.1 II ricorrente richiama la giurisprudenza che richiede di valutare la continenza
delle espressioni usate, ma poi, con un salto logico, sostiene che l’addebito di
scarsa serietà professionale, pur se connotata da indubbia perentorietà e
durezza, non si risolve in alcun passaggio in attacchi alla sua persona ed alle sue
capacitò professionali in generale.
Egli inoltre propone una spiegazione della espressione in termini di critica alla
specifica vicenda descritta ma, oltre a trascurare di indicare, come detto, la
soglia oltre la quale una critica espressa con parole inutilmente aggressive,
fornisce una ricostruzione che, seppure idonea a dare conto dell’antefatto e del
contesto, non si è dimostrata capace di spiegare in qual modo e per quale
ragione logica l’attribuzione alla persona fisica della Corsi di disonestà
consisterebbe in una critica alla sola vicenda.
2.2 La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente enunciato il principio a
tenore del quale, in materia di tutela penale dell’onore, al fine di accertare se sia
stato leso il bene giuridico tutelato dalla norma occorre fare riferimento ad un
criterio di media convenzionale in rapporto alla personalità dell’offeso e
dell’offensore, unitamente al contesto nel quale la frase ingiuriosa sia stata
esternata e alla coscienza sociale (v. per tutte Sez. 5, n. 21264 del 19/02/2010,
Saroli, Rv. 247473).
Proprio alla stregua di tale principio si rivela immune da critica la sentenza
impugnata, nella cui motivazione è ben evidenziato il carattere oggettivamente
lesivo del decoro e della professionalità della persona offesa, da riconoscersi ad
espressioni quali quelle pronunciate.
2.3 Nel linguaggio comune, infatti, l’espressione “disonesto” sta ad indicare
l’adozione di scelte o iniziative in violazione di regole comuni e, attribuita ad un
professionista nell’esercizio delle funzioni (per giunta pubblico ufficiale, in quanto
il medico convenzionato con l’A.S.L. svolge la sua attività per mezzo di poteri
pubblicistici di certificazione, che si estrinsecano nella diagnosi e nella correlativa
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della professionista, soprattutto se si considera che furono pronunciate alla

prescrizione di esami e prestazioni alla cui erogazione il cittadino ha diritto
presso strutture pubbliche, ovvero presso strutture private convenzionate; Sez.
6, n. 35836 del 22/02/2007 – dep. 01/10/2007, Manzoni, Rv. 238439), si presta
ad essere comunemente recepita come indicativa di comportamenti illeciti,
atteso che alla qualifica di medico di base è affidata la cura di pubblici interessi
non di rado protetti con norme di rilievo pubblicistico come quelle penali.

“disonesto” rientri tra quelle ontologicamente offensive e idonee a ledere l’altrui
reputazione (Sez. 5, n. 29734 del 07/05/2010, Sciaulino, non massimata),
poiché il senso comune, il “significato sociale” negativo è in re (Sez. 5, n. 28424
del 05/05/2011, Lionte, non massimata; Sez. 5, n. 30065 dell’11/06/2010,
Profeti, non massimata).
2.5 Non ha mancato, altresì, il giudice di appello, di rimarcare la totale
esorbitanza rispetto all’esercizio del diritto di critica, con statuizione pienamente
legittima stante il rilevato sconfinamento delle frasi ingiuriose nell’area della
denigrazione e dell’attribuzione alla Corso di un comportamento gravemente
inosservante dei propri obblighi professionali.
3. In conclusione il ricorso va rigettato, con le conseguente condanna
dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2014
Il consigliere estensore

2.4 Del resto anche recentemente questa Corte ha ritenuto che l’espressione

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