Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30517 del 09/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 30517 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PUTERA PETER N. IL 06/03/1975
avverso la sentenza n. 2/2012 TRIBUNALE di TERAMO, del
11/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

z

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 09/05/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Gabriele Mazzotta, ha
concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza resa in data 21 giugno 2011, confermata dal Tribunale di

l’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, il Giudice di pace di Nereto
condannava Putera Peter per i delitti di ingiuria e minaccia, commessi nei
confronti di Ulivello Luca e Recchioni Alfonso.
2. Contro la sentenza propone ricorso per Cassazione il Putera, con atto del
proprio difensore, avv. Olga Piergallini, affidato a quattro motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 606, lettera B ed E, cod.
proc. pen., in relazione all’affermazione della sentenza, secondo la quale le
parole dell’imputato potevano ritenersi offensive e minacciose in considerazione
dello stato di ubriachezza del medesimo. A giudizio del ricorrente la motivazione
sarebbe manifestamente illogica, poiché è vero piuttosto il contrario (si richiama
la nozione di reato impossibile); inoltre il giudice avrebbe violato l’obbligo di
correlazione fra imputazione e sentenza, poiché nella contestazione non vi era
accenno all’ubriachezza.
2.2 Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione della decisione di
appello, per il travisamento dei fatti operato dal Tribunale, allorché ha escluso
che la copiosa certificazione medica prodotta dalla difesa potesse costituire
riscontro obiettivo della propria versione, secondo la quale egli era stato
aggredito; il giudicante ha esaminato esclusivamente una certificazione medica
del 30 maggio 2005, ignorando gli altri sei documenti prodotti, soprattutto il
referto del pronto soccorso in data 23 maggio ed il verbale di querela orale
proposta nella stessa data. Da tali atti emergeva chiaramente che la versione dei
fatti del Putera non costituiva un escamotage difensivo, ma la realtà dei fatti.
2.3 Con il terzo motivo si deduce vizio di motivazione della decisione di appello,
per travisamento delle deposizioni rese dai testimoni Proietti Davide, Romandini
Andrea, Compagnoni Maurizio e Ragni Francoi Orazio, che smentiscono il
racconto delle persone offese e confermano integralmente la versione
dell’imputato.
2.4 Con il quarto motivo si deduce mancanza di motivazione in ordine ai criteri di
liquidazione del danno che si pretende sofferto.
2

Teramo ai soli fini civili 1’11 gennaio 2013, il quale dichiarava contestualmente

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va rigettato.
2. Il primo motivo è infondato. Quanto al difetto di contestazione, la doglianza
sarebbe stata accoglibile solo laddove lo stato di ubriachezza fosse stato posto a

prevista (ubriachezza abituale) e non anche in un caso, come quello in esame,
nel quale la precisa indicazione della frase pronunciata (“io vi ammazzo, venite
qua”) esaurisce l’obbligo di determinatezza dell’imputazione; come più volte
affermato da questa Corte, occorre avere riguardo alla contestazione sostanziale
e dunque si deve escludere la detta nullità ogniqualvolta il prevenuto abbia avuto
modo di individuare agevolmente gli specifici fatti con riferimento ai quali
l’accusa è stata formulata (Sez. 5, n. 3407 del 16/12/2004 – dep. 02/02/2005,
Capozzi, Rv. 231414, Sez. 5, n. 7544 del 25/10/2012 – dep. 15/02/2013, C., Rv.
255016).
2.1 Del tutto incongrua è poi la critica di illogicità motivazionale mossa alla
sentenza in merito alla colpevolezza dell’imputato, che avrebbe dovuto essere
sottoposta ad una attenta verifica, in ragione del suo palese stato di ebbrezza ed
alla serietà della minaccia.
Il Tribunale ha condotto l’esame delle risultanze processuali alla stregua di
consolidati principi della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la colpevolezza
di una persona in stato di ubriachezza va valutata alla stregua dei normali criteri
d’individuazione dell’elemento psicologico del reato e, poiché l’art. 92 cod. pen.,
nel disciplinare l’imputabilità dell’ubriaco nulla dice in ordine alla di lui
colpevolezza, questa deve essere apprezzata – nei termini per l’appunto
sviluppati dal Tribunale di Teramo – alla stregua delle comuni regole dettate dagli
artt. 42 e 43 cp (Sez. 6, n. 38513 del 22/05/2008, Fiamenghi, Rv. 241399; Sez.
1, n. 42387 del 28/09/2007, Bruschi, Rv. 238111). Quanto poi alla dedotta
sussistenza di un reato impossibile, non possono esservi dubbi sulla idoneità a
incutere timore nel soggetto passivo della minaccia di morte, considerata la
natura di reato di pericolo formale del delitto, per la sussistenza del quale non è
necessario che il soggetto passivo si sia sentito effettivamente intimidito (Sez. 6,
n. 14628 del 18/10/1999, Cafagna, Rv. 216321; Sez. 5, n. 46528 del
02/12/2008, Parlato, Rv. 242604).
3. Il secondo ed il terzo motivo, con il quale sono dedotti numerosi travisamenti
3

base dell’aumento di pena previsto dall’art. 94 per la circostanza aggravante ivi

della prova, sia con riferimento alla prova documentale (secondo motivo), sia
riguardo a quella dichiarativa (terzo motivo) sono inammissibili.
Il ricorrente lamenta che la propria versione dei fatti, secondo la quale egli fu
malmenato e colpito da un pugno, tanto da causargli lesioni personali, fu oggetto
di una denuncia reciproca e di diversi referti medici, oltre che riferite dai
numerosi testi sentiti in dibattimento (Recchioni, Proietti, Romandini, e

lettura degli atti probatori, richiamando anche alcuni brani delle dichiarazioni
rese dalla persona offesa e dai testi; inoltre non chiarisce la rilevanza di tale
prospettazione difensiva, che solo dalla decisione impugnata si apprende essere
stata proposta ai fini della esimente dell’art. 599 cod. pen., per il delitto di
ingiuria.
3.1 Con riferimento al lamentato vizio di motivazione, deve darsi atto del
consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale questo vizio può
essere dedotto solo nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo
grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronuncia conforme il limite del devolutum
non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi
in cui il giudice di appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi
di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice
(Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636; Sez. 1, n.
24667 del 15/06/2007, Musumeci, Rv. 237207).
3.2 Peraltro può riconoscersi la sussistenza del vizio soltanto quando l’errore
disarticoli effettivamente l’intero ragionamento probatorio e renda illogica la
motivazione, per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio
travisato, circostanza che nel caso concreto deve escludersi; la denuncia del
Putera, come ammesso dallo stesso ricorrente, è stata archiviata per
infondatezza della notizia di reato e l’affermazione che egli sarebbe stato
malmenato dalle parti civili in una fase antecedente della vicenda è stata
espressamente esclusa dalla decisione impugnata sulla base delle dichiarazioni
dei testi presenti, pur dandosi atto del fatto che questi fu preso per un braccio e
portato fuori; pertanto, anche ammettendo che si sia provocato le lesioni di cui
ai referti medici, trascurati dal Tribunale di Teramo, tale circostanza non riveste
quel carattere di decisività che il ricorrente vorrebbe attribuirle, considerata
appunto la non dimostrata dinamica delle lesioni stesse.
4. Il quarto motivo, riguardante l’apprezzamento dell’entità del danno morale
liquidato alle parti civili, è inammissibile, perché proposto per la prima volta in
4

Compagnoni), ma in tal modo finisce con il sottoporre alla Corte una diversa

questa sede e comunque manifestamente infondato, considerata la
determinazione equitativa e l’entità estremamente ridotta dell’importo (1.000€
per 2 diversi reati per ciascuna parte civile) che non può ritenersi esorbitante, in
assenza peraltro di specifiche doglianze della difesa.
5. In conclusione il ricorso va rigettato, con le conseguente condanna

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna l’imputato al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2014
Il consigliere estensore

dell’imputato al pagamento delle spese processuali.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA