Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30500 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 30500 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IACONO RICCARDO N. IL 22/05/1979
avverso la sentenza n. 48/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
17/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
lette~ le conclusioni del PG Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

eranntur ensor vv.

Data Udienza: 17/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 17/06/2013 la Corte di Appello di Catania ha rigettato
la domanda di riparazione per ingiusta detenzione proposta da Iacono Riccardo
in relazione alla custodia cautelare in carcere subita dal 4 al 14 dicembre 2011,
ossia per giorni 10, nell’ambito di un procedimento in cui era gravemente
indiziato in relazione ai reati di cui agli artt.614, comma 4, 582,585,577, comma
1, n.4 e 635,61 n.2 cod. pen., conclusosi con sentenza irrevocabile di

dello stato di necessità, emessa dal Tribunale di Catania il 14/12/2011.

2. La Corte territoriale ha ritenuto sussistente la condizione ostativa al
riconoscimento del diritto all’equa riparazione sulla base delle seguenti specifiche
circostanze fattuali: a) Iacono Riccardo era stato sorpreso dalle forze dell’ordine,
intervenute a seguito di segnalazione di intrusione violenta in appartamento,
all’interno dell’abitazione di Strano Francesco, dove era entrato previa rottura del
vetro di una finestra, mentre aggrediva il proprietario dell’abitazione, che
tentava di respingerlo; b) alla vista dei militari, l’istante aveva cercato di fuggire
in direzione della recinzione ed era stato, tuttavia, prontamente raggiunto dagli
agenti, che avevano scavalcato il cancello d’ingresso del villino riuscendo a
bloccarlo; c) il proprietario dell’appartamento, a causa della colluttazione con
l’istante, aveva riportato lesioni personali. Sulla base di tali emergenze
istruttorie, la Corte territoriale ha ritenuto che l’istante avesse posto in essere
una condotta dolosa o quantomeno gravemente colposa idonea ad ingenerare
nell’autorità l’ipotesi accusatoria in ordine ai reati di violazione di domicilio
aggravata, di lesioni personali aggravate e di danneggiamento aggravato.

3.

Ricorre per cassazione Riccardo Iacono, con atto sottoscritto dal

difensore, censurando l’ordinanza impugnata con unico, articolato, motivo, per
violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta sussistenza in
capo all’istante della condotta ostativa al riconoscimento del diritto alla
riparazione per ingiusta detenzione. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale
avrebbe omesso di considerare che l’istante è stato assolto in forza del
riconoscimento della scriminante dello stato di necessità, rendendo tale
circostanza illogica l’affermazione per la quale il richiedente avrebbe contribuito
con un comportamento doloso o gravemente colposo all’errore dell’autorità; in
particolare, si assume che la causa di giustificazione dello stato di necessità
ricorre quando l’agente versi in una situazione di pericolo attuale avente per
oggetto un danno grave alla persona che renda necessaria l’azione lesiva in
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assoluzione per aver commesso il fatto in presenza della causa di giustificazione

danno del terzo incolpevole, postulando il pericolo non altrimenti evitabile la
necessità inderogabile di provvedere alla salvaguardia del bene personale senza
alternative. Con riferimento alla circostanza per cui l’istante, alla vista dei
militari, avrebbe cercato di allontanarsi, secondo il ricorrente tale condotta non
potrebbe assumere rilievo in senso ostativo all’equa riparazione in quanto posta
in essere solo per sottrarsi ad ingiuste incriminazioni, data l’equivocità della
situazione in cui si era venuto a trovare. Il provvedimento impugnato, si assume,
avrebbe del tutto ignorato la condotta dell’istante nell’immediatezza del giudizio

giudiziaria quanto accaduto, illustrando la situazione di pericolo in cui si era
venuto a trovare.

4. Il Procuratore Generale, in persona del dott. Francesco Salzano, nella sua
requisitoria scritta ha concluso per il rigetto del ricorso.

5. Con memoria depositata il 30 maggio 2014 il Ministero dell’Economia e
delle Finanze ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

2. La sentenza assolutoria ha accertato che Iacono Riccardo si fosse
introdotto nell’abitazione altrui nella convinzione di essere inseguito da quattro
persone che volevano fargli del male e, sulla base di una serie di acquisizioni
istruttorie specificamente indicate, è pervenuta alla sussunzione del fatto
nell’ipotesi della scriminante prevista dall’art.54 cod. pen. Nella sentenza
assolutoria è stato, peraltro, confermato, tanto che lo Iacono fosse stato trovato
dal personale della Questura mentre ingaggiava una colluttazione con il
proprietario dell’appartamento nel quale si era introdotto infrangendo un vetro,
quanto che alla vista degli agenti lo stesso avesse tentato di fuggire. Sebbene
risulti condivisibile l’assunto in base al quale l’accertato stato di necessità in cui
l’istante avrebbe agito, data l’incidenza della situazione di pericolo sulla libertà di
volere dell’agente, escluderebbe la possibilità di qualificare come dolosa o
gravemente colposa la condotta da lui posta in essere prima dell’intervento degli
agenti di pubblica sicurezza, l’ordinanza impugnata risulta tuttavia aver
logicamente desunto la condotta ostativa dall’ulteriore comportamento posto in
essere dall’istante che, alla vista degli agenti, ha tentato di fuggire.

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di convalida, quando lo stesso ha spiegato nei minimi particolari all’autorità

3. Giova, tuttavia, sottolineare che questa Suprema Corte ha, sin dal 2001,
affermato il seguente principio di diritto: “In caso di richiesta di riparazione per
l’ingiusta detenzione, il giudice deve tenere conto anche della condotta del
ricorrente successiva all’esecuzione del provvedimento restrittivo e, pur nel
rispetto del diritto di costui a non rendere dichiarazioni, può legittimamente
ritenere che la circostanza di non avere il ricorrente risposto in sede di
interrogatorio e non fornito spiegazioni su circostanze obiettivamente indizianti
abbia contribuito alla formazione del quadro indiziario che ha indotto i giudici

del 9/05/2001, Bergamin, Rv. 219490). Tale posizione ha trovato conferma in
altre pronunce della Corte, secondo cui il silenzio dell’imputato su circostanze
non altrimenti acquisibili o, a maggior ragione, il suo mendacio integrano gli
estremi di quella colpa che, ai sensi dell’art. 314, comma 1, cod.proc.pen.,
esclude il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione (Sez. 4, n.956 del
24/03/1998, Longo, Rv.210632), sul presupposto che il comportamento
mendace dell’imputato, sebbene rientri nel diritto di difesa, come oggetto di
scelta di linea difensiva, non può però giustificare la domanda di riparazione, se
proprio dal comportamento mendace sia derivata la conferma o la protrazione
della custodia cautelare. Principi contrari sono stati affermati nella
giurisprudenza della Corte, laddove si è affermato che un comportamento che si
configuri come espressione del diritto di difesa e di libertà non può al contempo
essere qualificato illegittimo nella particolare prospettiva della riparazione per
ingiusta detenzione (Sez. 4, n.1745 del 03/06/1998, Ben Salah A., Rv. 211648;
Sez. 4, n.2758 del 05/05/2000. PG in proc. Minino L., Rv. 217429), ma è bene
evidenziare che tali principi sono stati affermati con riguardo al comportamento
dell’indagato datosi alla fuga o resosi irreperibile. Con specifico riguardo alla
condotta di mendacio, tenendo presente il principio enunciato dalla Corte a
Sezioni Unite, in base al quale la valutazione dei comportamenti successivi alla
conoscenza da parte dell’indagato del procedimento a suo carico deve essere
effettuata con particolare cautela, dovendosi sempre, e con adeguato rigore,
avere rispetto per le strategie difensive che abbia ritenuto di adottare (quale che
possa esserne la ragione) chi è stato ingiustamente privato della libertà
personale (Sez. U n. 43 del 13/12/1995, dep. 09/02/1996, Sarnataro,
Rv.203638), le successive pronunce hanno, però, chiarito che il silenzio, la
reticenza e il mendacio dell’indagato in sede di interrogatorio, pur costituendo
esercizio del diritto di difesa, possono rilevare sotto il profilo del dolo o della
colpa grave nel caso in cui egli sia in grado di indicare specifiche circostanze, non
note all’organo inquirente, idonee a prospettare una logica spiegazione al fine di
escludere o caducare il valore indiziante degli elementi acquisiti in sede
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della libertà all’applicazione ed alla protrazione della custodia” (Sez. 4, n-2154

investigativa, che determinarono l’emissione del provvedimento cautelare (Sez.
4, n.4159 del 09/12/2008, dep. 28/01/2009, Lafranceschina, Rv.242760).
Anche in un’ottica di cauto apprezzamento del comportamento endoprocessuale
dell’indagato, si è comunque ritenuto che il comportamento silenzioso o mendace
sia rilevante quale condotta ostativa alla riparazione dell’ingiusta detenzione,
poiché il diritto all’equa riparazione presuppone una condotta dell’interessato
idonea a chiarire la sua posizione mediante l’allegazione di quelle circostanze, a
lui note, che contrastino l’accusa, o vincano ragioni di cautela (Sez.4, n.7296 del

9/11/2011, Messina, Rv.251325; Sez. 4, n.40291 del 10/06/2008, Maggi, Rv.
242755; Sez. 4, n.15140 del 24/01/2008, Caria, Rv.239808), non mancando
pronunce di segno contrario, con riferimento, tuttavia, al solo comportamento
silenzioso o reticente (Sez.4, n.26686 del 13/05/2008, Marras, Rv.240940;
Sez.4, n.43309 del 23/10/2008, P.G. in proc. Bodaj, Rv.241993).
3.1. A maggior ragione non vi è dubbio, dunque, che anche la condotta
collaborativa debba essere oggetto di rigorosa valutazione nel giudizio di
accertamento della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto
all’indennizzo e che, in particolare, le dichiarazioni confessorie possano di per sé
rappresentare, in un determinato contesto indiziario e sempreché affievoliscano
le esigenze cautelari, condotta tesa ad agevolare l’autorità giudiziaria procedente
piuttosto che espressione di una particolare linea difensiva.
3.2. L’impugnata ordinanza non risulta aver fatto buon governo dei principi
sopra indicati. La motivazione, con riguardo alle ragioni ostative al
riconoscimento del diritto all’equa riparazione in relazione al mantenimento della
misura custodiale, risulta del tutto assente, mentre dalla lettura del verbale
dell’interrogatorio reso dal ricorrente in sede di convalida, correttamente allegato
al ricorso nel rispetto del principio di autosufficienza, è possibile effettivamente
constatare come l’indagato abbia risposto puntualmente a tutte le domande
rivoltegli. Tale elemento risulta del tutto trascurato nell’ordinanza impugnata, in
cui si è esaminata la valenza ostativa al diritto all’equa riparazione con esclusivo
riferimento alla condotta antecedente all’emissione del provvedimento privativo
della libertà.
3.3. L’ordinanza impugnata non resiste, pertanto, alle censure mosse nel
ricorso in quanto non è stato valutato il comportamento endoprocessuale del
richiedente; tale vizio motivazionale comporta l’annullamento del provvedimento
impugnato, con conseguente rinvio per nuovo esame sul punto alla Corte di
Appello di Catania, che provvederà a regolare le spese tra le parti private anch e
per questo giudizio di cassazione.

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17/11/2011, dep.23/02/2012, Berdicchia, Rv.251928; Sez.3, n.44090 del

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di
Appello di Catania cui demanda altresì la regolamentazione delle spese del
presente giudizio tra le parti.

Così deciso il 17/06/2014

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