Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30491 del 12/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 30491 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Salatiello Davide n. il 8.12.1975
avverso l’ordinanza n. 217/2011 pronunciata dalla Corte d’appello di
Napoli il 31.1.2013;
sentita nella camera di consiglio del 12.6.2014 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. L.
Riello, che ha richiesto il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 12/06/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con ordinanza resa in data 31.1.2013, la Corte d’appello di
Napoli ha rigettato la domanda proposta da Davide Salatiello per la
riparazione dell’asserita ingiusta detenzione dallo stesso subita in relazione all’imputazione di rapina impropria dalla quale il Salatiello
era stato assolto nel merito.
Con il provvedimento impugnato, la corte napoletana ha ritenuto il comportamento del Salatiello idoneo a dar causa colpevolmente al provvedimento restrittivo della sua libertà personale, per
avere lo stesso negato, nel corso dell’interrogatorio reso dinanzi
all’autorità giudiziaria, la sussistenza di fatti storici giudizialmente
accertati nel corso del procedimento condotto a suo carico; fatti storici a loro volta consistiti nell’avvenuta assunzione, da parte del Salatiello, di comportamenti obiettivamente equivoci e sospetti, idonei a
prospettare la conferma del grave quadro indiziario complessivamente determinatosi a suo carico.
Avverso il provvedimento della corte d’appello di Napoli, a
mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione il Salatiello, censurando il provvedimento impugnato per violazione di
legge e vizio di motivazione.
In particolare, si duole il ricorrente che la corte territoriale abbia ritenuto causalmente rilevante e gravemente colpevole il complessivo comportamento del Salatiello nel provocare l’adozione del
provvedimento restrittivo dallo stesso sofferto, in assenza di alcun
concreto elemento probatorio di riscontro in tal senso utilizzabile,
con particolare riguardo alla pretesa decisiva incidenza causale assunta, ai fini dell’adozione del provvedimento restrittivo eseguito nei
relativi confronti, dalla negazione dei fatti ascritti a suo carico nel
corso dell’interrogatorio reso dinanzi all’autorità giudiziaria.
Ha depositato memoria il procuratore generale presso la corte
di cassazione, concludendo per il rigetto del ricorso.
2. –

Considerato in diritto
3. — Il ricorso è infondato.
Secondo il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità, la condotta dell’indagato che, in sede d’interrogatorio, si avvalga della facoltà di non rispondere, pur costituendo esercizio del di-

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ritto di difesa, può assumere rilievo ai fini dell’accertamento della
sussistenza della condizione ostativa del dolo o della colpa grave,
qualora l’interessato non abbia riferito circostanze, ignote agli inquirenti, utili ad attribuire un diverso significato agli elementi posti a
fondamento del provvedimento cautelare (Cass., Sez. 3, n.
44090/2011, Rv. 251325; Cass., Sez. 4, n. 47047/2008, Rv. 242759;
Cass., Sez. 4, n. 47041/2008, Rv. 242757; Cass., Sez. 4, n. 4159/2008,
Rv. 242760).
In altri termini, il silenzio serbato in sede d’interrogatorio dal
soggetto sottoposto a custodia cautelare costituisce comportamento
non prudente, e integra gli estremi della colpa ostativa all’equo indennizzo, quando l’interessato era a conoscenza di dati di fatto che se conosciuti tempestivamente – non avrebbero consentito il determinarsi o il protrarsi della privazione della libertà (Cass., Sez. 4, n.
40902/2008, Rv. 242756).
Allo stesso modo, anche le dichiarazioni mendaci, implausibili
o contraddittorie rese dall’indagato valgono a integrare il ricorso di
comportamenti gravemente imprudenti, come tali idonei a giustificare il diniego della riparazione invocata, ove ritenuti suscettibili di
esplicare una rilevabile efficienza causale sull’adozione o il mantenimento della misura cautelare dallo stesso sofferta (cfr. Cass., Sez. 4,
n. 4159/2008, Rv. 242760).
In linea generale, pertanto, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, può affermarsi che l’esercizio, da parte dell’indagato,
della facoltà di non rispondere in sede d’interrogatorio, così come la
reticenza e persino il ricorso alla menzogna, costituiscono legittimo
esercizio del diritto di difesa, ma possono bensì rilevare ai fini dell’accertamento della sussistenza della condizione ostativa del dolo o della
colpa grave, quando l’interessato non abbia riferito (o, peggio ancora,
abbia ingenerato confusione in ordine al significato di) circostanze,
ignote agli inquirenti, utili ad attribuire un diverso significato agli
elementi posti a fondamento del provvedimento cautelare (cfr. Cass.,
Sez. 4, n. 47041/2008, Rv. 242757).
Nel caso di specie, secondo il ragionamento coerentemente dipanato nel provvedimento impugnato in questa sede, la corte d’appello di Napoli ha riconosciuto, in capo al Salatiello, il ricorso di consistenti profili di colpa grave nel concorrere a dar causa al provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti, evidenziando come lo

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stesso avesse,
E
corso dell’interrogatorio reso dinanzi
all’autorità giudiziaria, dichiarazioni palesemente false, siccome contrastanti con l’accertamento storicamente compiuto nel corso del
procedimento penale condotto a suo carico.
In particolare, a carico del Salatiello erano stati individuati significativi elementi indizianti ingenerati dalla circostanza che lo stesso, unitamente ad altre persone, si fobeCisPetto~ avvicinato,
a
in ora notturna,” una donna di giovane età sola a bordo di
un’autovettura, dandosi successivamente (e inspiegabilmente) alla
fuga.
Ciò posto, la corte territoriale ha significativamente sottolineato come il Salatiello, posto a fronte della contestazione di tali equivoci
comportamenti in sede di interrogatorio di garanzia, non avesse fornito alcuna esaustiva e chiara spiegazione del proprio comportamento, limitandosi falsamente a negare il ricorso di tale fatto storico, viceversa definitivamente attestato dal giudice penale nel corso del
procedimento condotto a suo carico, conclusosi con un’assoluzione
nel merito esclusivamente in ragione dell’inidoneità degli atti accertati a raggiungere la soglia minima di punibilità per il tentativo di
reato contestatogli.
Del tutto correttamente, la corte territoriale ha ascritto una
decisiva valenza causale (in relazione all’adozione e al mantenimento
della misura cautelare detentiva assunta nei confronti del Salatiello)
alla congiunta incidenza delle relative condotte sospette e delle relative false dichiarazioni, avendone coerentemente e logicamente riconosciuto la piena idoneità a impedire l’imposizione e il protrarsi della
privazione della sua libertà, così lasciando prospettare un’apparente e
intuibile conferma del ridetto quadro indiziario.
In modo del tutto ragionevole e sulla base di una motivazione
pienamente coerente sul piano logico-giuridico e congruamente lineare in termini argomentativi, pertanto, la corte territoriale ha ravvisato la colpa grave del ricorrente nell’aver volontariamente determinato una situazione di fatto di presumibile grave sospetto a suo carico (al punto da corroborare il grave quadro indiziario delineatosi
nei termini idonei a giustificare l’adozione del ricordato provvedimento restrittivo della libertà personale), con la conseguente corretta
reiezione della pretesa riparatoria dallo stesso originariamente avanzata.

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Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12.6.2014.

4. — Le considerazioni che precedono valgono a giustificare il
riscontro dell’infondatezza dei motivi di doglianza avanzati dal Saladello, cui segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

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