Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30474 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 30474 Anno 2014
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TURCATO MARCELLO N. IL 23/02/1968
avverso la sentenza n. 3767/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
24/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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Aldo Policastro, che ha concluso per l’annullamento con rinvio
limitatamente alla sostituzione della pena inflitta con il lavoro di
pubblica utilità, rigetto nel resto;

Udito, per la parte civile_l’Avvi
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Data Udienza: 17/06/2014

RITENUTO IN FATTO

1. In data 24/10/2013 la Corte di Appello di Milano ha confermato la
sentenza emessa in data 28/08/2011 dal Tribunale di Milano, che aveva
condannato Turcato Marcello alla pena di mesi due di arresto ed euro 1.000,00 di
ammenda per il reato di cui all’art.186, comma 2, lett. c) e 2 sexies d. Igs. 30
aprile 1992, n.285, commesso in Milano il 17 dicembre 2009.

personalmente, censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
a) inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli
artt.186 d. Igs. n.285/1992 e 379 d.P.R. n.495/1992. Il ricorrente chiede che la
sentenza impugnata sia riformata nel senso dell’assoluzione perché il fatto non è
più previsto dalla legge come reato, ritenendo la condanna fondata su un
accertamento mediante etilometro tarato su una persona sana, della cui
attendibilità dovrebbe invece dubitarsi con riferimento ad una persona affetta da
epatite cronica; in subordine, chiede la derubricazione del fatto contestato
nell’ipotesi prevista dal comma 2 lett.b) sul presupposto che i risultati
dell’etilometro sarebbero stati influenzati dallo stato di salute dell’imputato;
b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli
artt.186 d. Igs. n.285/1992 e 379 d.P.R. n.495/1992, sostituzione della pena con
quella del lavoro di pubblica utilità. Il ricorrente chiede la sostituzione della pena
già inflitta con quella del lavoro di pubblica utilità, ritenendo incomprensibile la
pronuncia di diniego emessa dai giudici di merito, peraltro senza motivazione, e
deducendo trattarsi di misura più favorevole all’imputato rispetto alla
sospensione condizionale.

3. Con motivi aggiunti depositati in data 13 maggio 2014, il ricorrente ha
evidenziato come la sentenza impugnata abbia erroneamente contestato
all’imputato di non aver indicato il beneficiario e le modalità di esecuzione del
lavoro di pubblica utilità, deducendo che nella giurisprudenza di legittimità è
affermato il principio per cui non sussiste a carico dell’imputato alcun obbligo
determinativo delle modalità esecutive del trattamento sanzionatorio sostitutivo
della pena irrogata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

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2. Ricorre per cassazione Marcello Turcato, con atto sottoscritto

2. Dal raffronto tra l’atto d’impugnazione ed il testo della sentenza si evince
l’analogia tra i motivi di appello e le censure formulate con tale motivo di ricorso
per cassazione, avendo omesso il ricorrente di confrontarsi con il testo della
decisione impugnata, che alle pagg.5-6 aveva fornito analitica replica sia alla
censura concernente l’attendibilità dei risultati dell’etilometro in relazione alle
condizioni di salute del soggetto, sia in merito alle complessive risultanze
istruttorie prese in esame ai fini della pronuncia di condanna.
2.1. Come costantemente affermato da questa Corte (ex plurimis, Sez.6,

dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui
si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di
motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod.proc.pen.), devono
indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono
ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto,
innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica
indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il
dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta.
Il motivo di ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice specificità.
Deve essere sì anch’esso conforme all’art. 581 lett.c) cod.proc.pen. (e quindi
contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che
sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell’impugnazione); ma quando
censura le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresì,
contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, così che
esso sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall’art. 606,comma 1,
lett. e) cod.proc.pen., deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della
sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per
giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente.
2.2. Risulta pertanto di chiara evidenza che se il motivo di ricorso si limita a
riprodurre il motivo d’appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo
meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica
argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il
provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall’essere destinatario di
specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
2.3. In altri e conclusivi termini, la riproduzione, totale o parziale, del motivo
d’appello ben può essere presente nel motivo di ricorso (ed in alcune circostanze
ciò costituisce incombente essenziale dell’adempimento dell’onere di
autosufficienza del ricorso), ma solo quando ciò serva a documentare il vizio
enunciato e dedotto con autonoma specifica ed esaustiva argomentazione, che,

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n.8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584), la funzione tipica

ancora indefettibilmente, si riferisca al provvedimento impugnato con il ricorso e
con la sua integrale motivazione si confronti.

3. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
3.1. La Corte di Appello, confermando sul punto la sentenza di primo grado,
ha ritenuto corretta la decisione di concedere all’imputato la sospensione
condizionale della pena piuttosto che la sostituzione della pena irrogata con il
lavoro di pubblica utilità, ritenendo non meno favorevole il beneficio concesso ed

lavoro di pubblica utilità senza indicarne il beneficiario e le modalità.
3.2. Con riguardo alla questione se, una volta ottenuto il beneficio della
sospensione condizionale della pena, l’eventuale sanzione sostitutiva del lavoro
di pubblica utilità comporti per il condannato una rinuncia implicita al beneficio
medesimo o se sia possibile mantenere tale beneficio nel caso di applicazione
della pena sostitutiva, questa Corte ha già avuto modo di pronunciarsi nel senso
della incompatibilità tra il beneficio della sospensione condizionale della pena e il
lavoro di pubblica utilità, evidenziando come di tale sanzione sostitutiva,
introdotta dall’art.33 I. 29 luglio 2010, n.120, che ha modificato l’art.186 cod.
strada introducendo il comma 9-bis, possono usufruire coloro che siano stati
condannati per una delle ipotesi contravvenzionali previste dagli artt.186 e 187
cod. strada, senza necessità del consenso da parte dell’interessato attraverso
un’esplicita richiesta di applicazione, essendo sufficiente la semplice non
opposizione, e senza necessità che l’imputato indichi le modalità di esecuzione
del trattamento sostitutivo (Sez.4, n.15563 del 15/03/2013, Mannetta,
Rv.255524), spettando al giudice valutare, anche d’ufficio, l’opportunità di
modulare la sanzione in relazione alle concrete esigenze di recupero sociale del
condannato. Una volta ritenuta applicabile la sanzione sostitutiva, si deve
ritenere che la richiesta in tal senso formulata comporti rinuncia implicita al
beneficio della sospensione condizionale della pena eventualmente già concessa,
non potendosi pervenire all’applicazione di una sanzione sostitutiva a sua volta
condizionalmente sospesa, né potendosi pregiudicare la possibilità per il
condannato di usufruire di una modalità di esecuzione della pena diversa e più
favorevole.
3.3. Non risulta, comunque, corretta la motivazione che rigetti la richiesta di
sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità sull’assunto che la
sospensione condizionale della pena sia beneficio altrettanto favorevole,
dovendosi ritenere che la disposizione di cui all’art.186, comma

9-bis, cod.

strada comporti effetti più favorevoli rispetto alla sospensione condizionale della ‘
pena, sia in termini di durata della pena sostitutiva, sia in termini di criteri di
4

evidenziando come l’imputato avesse formulato la richiesta di sostituzione con il

ragguaglio, sia in termini di conseguenze finali (comportando il lavoro di pubblica
utilità un dimezzamento della sanzione amministrativa della sospensione della
patente di guida) (Sez.3, n.20726 del 7/11/2012, dep.14/05/2013, Cinciripini,
Rv.254996).
3.4. Conseguentemente, deve ritenersi che la sentenza impugnata sia
incorsa nel vizio denunciato per avere erroneamente rigettato l’istanza di
applicazione della sanzione sostitutiva sul presupposto che il beneficio della
sospensione condizionale della pena precedentemente concesso non fosse meno

pen. e la norma speciale di cui all’art.186, comma 9 – bis, cod. strada, che inibisce
al condannato di fruire della sanzione sostitutiva in esame esclusivamente in
presenza di due determinate condizioni ostative, ossia la ricorrenza
dell’aggravante di cui all’art.186, comma 2 – bis, cod. strada e la precedente
fruizione di analoga sanzione sostitutiva.

4. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente al punto
concernente la concessa sospensione condizionale della pena ed il correlato
diniego della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, con rinvio alla
Corte di Appello di Milano, che dovrà verificare la possibilità di applicare la
sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità alla luce dei criteri ermeneutici
sopra indicati.
4.1. Ai sensi dell’art.624 cod. proc. pen., deve dichiararsi irrevocabile la
parte della sentenza concernente l’accertamento del reato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla disposta sospensione
condizionale e al negato beneficio del lavoro di pubblica utilità e rinvia sul punto
alla Corte di Appello di Milano.
Rigetta nel resto. Dichiara irrevocabile l’accertamento del reato.
Così deciso il 17/06/2014

favorevole per l’imputato, con ciò violando la regola generale di cui all’art.2 cod.

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