Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30466 del 12/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 30466 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Milano
nei confronti di:
Bony Georges n. il 7.8.1962
avverso la sentenza n. 6572/2011 pronunciata dalla Corte d’appello di
Milano il 2.5.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 12.6.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. C. Stabile, che ha
concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Data Udienza: 12/06/2014

Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza resa in data 10.12.2010, il tribunale di Lodi
ha assolto Bony Georges dall’imputazione relativa al reato di guida in
stato di ebbrezza alcolica contestato come commesso in Pieve Fissiraga il 23.9.2007.
Con tale pronuncia il tribunale lodigiano ha rilevato la riconducibilità del fatto contestato all’imputato all’ipotesi di cui all’art.
186, co. 2, lett. a) c.d.s., conseguentemente disponendo l’assoluzione
dell’imputato perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Su appello del pubblico ministero, con sentenza in data
2.5.2012, la corte d’appello di Milano ha dichiarato la nullità della
sentenza di primo grado (ai sensi dell’art. 604, co. 1, c.p.p. in relazione agli artt. 521 e 522 c.p.p.), ritenendo che il tribunale di Lodi fosse
incorso in un travisamento del fatto ascritto all’imputato, nella specie
qualificabile, non già quale guida in stato di ebbrezza, bensì quale rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico ai fini dell’eventuale riscontro della guida in stato di ebbrezza alcolica, previsto e
punito dall’articolo 186, co. 7, c.d.s..
Avverso la sentenza d’appello, con ricorso in data 11.5.2012, ha
proposto ricorso per cassazione il procuratore generale presso la corte d’appello di Milano, censurando la sentenza della corte territoriale
per violazione di legge, avendo la corte territoriale erroneamente dichiarato la nullità della sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 604,
co. i c.p.p., laddove, ad avviso del procuratore ricorrente, nessun
comma di detto articolo prevede la declaratoria di nullità della sentenza di primo grado con riguardo al caso de quo.
Considerato in diritto
2. – Osserva preliminarmente il Collegio come, in conformità
alle indicazioni contenute nel capo d’imputazione originariamente
contestato nei confronti del Bony, deve ritenersi che a quest’ultimo
fossero state originariamente ascritte due condotte criminose, consistite, in primo luogo, nella guida in stato di ebbrezza e, in secondo
luogo, nell’illecito rifiuto di sottoporsi al previsto controllo per
l’accertamento del tasso alcolemico, ai sensi dell’art. 186, co. 7, c.d.s..
Ciò posto, mentre in relazione al primo reato (guida in stato di
ebbrezza), in difetto di alcuna impugnazione avverso la corrispon-

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dente statuizione del giudice di primo grado, deve ritenersi definitivamente intervenuta l’irrevocabilità dell’assoluzione nel merito
dell’imputato, con riguardo al reato consistito nel rifiuto di sottoporsi
al previsto controllo per l’accertamento del tasso alcolemico, ai sensi
dell’art. 186, co. 7, c.d.s., occorre rilevare l’intervenuta prescrizione,
trattandosi di una reato contravvenzionale commesso in data
23.9.2007.
Al riguardo, è appena il caso di sottolineare, in conformità
all’insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in
presenza di una causa estintiva del reato, l’obbligo del giudice di pronunciare l’assoluzione dell’imputato per motivi attinenti al merito si
riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell’insussistenza
del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all’imputato,
emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una
‘constatazione’, che a un atto di ‘apprezzamento’ e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., n. 35490/2009, Rv. 244274).
E invero il concetto di ‘evidenza’, richiesto dal secondo comma
dell’art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275).
Da ciò discende che, una volta sopraggiunta la prescrizione del
reato, al fine di pervenire al proscioglimento nel merito dell’imputato
occorre applicare il principio di diritto secondo cui ‘positivamente’
deve emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l’estraneità dell’imputato a quanto allo stesso contestato,
e ciò nel senso che si evidenzi l’assoluta assenza della prova di colpevolezza di quello, ovvero la prova positiva della sua innocenza, non
rilevando l’eventuale mera contraddittorietà o insufficienza della
prova che richiede il compimento di un apprezzamento ponderato tra
opposte risultanze (v. Cass., n. 26008/2007, Rv. 237263).
Tanto deve ritenersi non riscontrabile nel caso di specie, in cui
questa Corte non ravvisa alcuna delle ipotesi sussumibili nel quadro
delle previsioni di cui al secondo comma dell’art. 129 c.p.p..

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Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato previsto dall’art. 186, comma 7, codice
della strada, originariamente contestato, è estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12.6.2014.

Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 c.p.p., la sentenza impugnata va annullata senza rinvio per essere il reato previsto
dall’art. 186, comma 7, codice della strada (originariamente contestato), estinto per prescrizione.

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