Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30433 del 08/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30433 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCOGNAMIGLIO MICHELE N. IL 01/01/1950
avverso la sentenza n. 3888/2013 GIP TRIBUNALE di TORRE
ANNUNZIATA, del 25/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 08/05/2014

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RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’articolo 444
cod.proc.pen., venne applicata a Scognamiglio Michele, per il reato di bancarotta
fraudolenta la pena concordata con la Pubblica Accusa nella misura di anni due e

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato, personalmente, denunciando una violazione di legge in merito alla
qualificazione giuridica dell’ascritto reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che la possibilità di impugnare la sentenza di patteggiamento per
denunciare l’erronea qualificazione giuridica del fatto ha dato luogo ad
interpretazioni contrastanti, risolte da un intervento delle Sezioni Unite (v. Cass.
Sez. Un. 19 gennaio 2000 n. 5), le quali hanno statuito che con il ricorso per
cassazione può essere denunciata l’erronea qualificazione del fatto come
prospettata dalle parti e recepita dal Giudice, e ciò perché è lo stesso articolo
444 cod.proc.pen., comma 2, ad imporre siffatto controllo, funzionale ad evitare
che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati.
Tuttavia, proprio in considerazione della natura del patteggiamento e dello
scopo del controllo affidato al Giudice, la giurisprudenza ritiene che
l’impugnabilità per l’erronea qualificazione del fatto debba essere limitata ai casi
in cui quella prospettata dalle parti sia palesemente erronea ovvero ai casi in cui
la contestazione originariamente delineata dal solo Pubblico Ministero sia
anch’essa manifestamente erronea.
Quindi, la ricorribilità della sentenza di patteggiamento è ammessa nelle
sole ipotesi di errore manifesto, ossia quando sussiste realmente l’eventualità
che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati, sicché deve essere
esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di
opinabilità: l’errata qualificazione giuridica del fatto può essere fatta valere solo
dinanzi ad un evidente error in iudicando che “dissimuli un’illegale trattativa sul
nomen iuris”, ma non in presenza di una qualificazione che presenti oggettivi

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mesi due di reclusione;

margini di opinabilità (tra le tante v. Cass. Sez. Sez. IV 11 marzo 2010 n. 10692
e Sez. VI 27 novembre 2012 n. 15009).
– che in ogni caso, deve riconoscersi la correttezza del controllo operato
dal Giudice del patteggiamento, controllo che in questa sede deve essere
valutato in rapporto allo stato degli atti del procedimento al momento
dell’accordo tra le parti come risultante dalla stessa sentenza impugnata.

nell’articolo 444 cod.proc.pen., comma 2 avviene esclusivamente sulla base dei
capi di imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi
dedotti nel ricorso, non potendo certo spingersi la Corte ad esaminare gli atti del
procedimento o i documenti estranei ad esso.
– che nel caso di specie, non emerge alcun elemento per ritenere che si
sia trattato di qualificazioni manifestamente erronee;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di
cui all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che
valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta
sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende;

P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, 1’8 maggio 2014.

In sede di legittimità la verifica dell’osservanza della previsione contenuta

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