Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30399 del 08/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30399 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BENIGNI ANTONIO N. IL 19/02/1977
avverso la sentenza n. 1435/2011 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
11/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 08/05/2014

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano applicava a BENIGNI Antonio, a norma degli artt. 444 e 448 C.P.P., la pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine più delitti di bancarotta fraudolenta aggravata, commessi il 26 ottobre
•009, il 25 gennaio 2010 ed il 15 ottobre 2010.
Propone ricorso per cassazione l’imputato che deduce violazione di legge per l’avvenuto interrogatorio dell’imputato in un momento anteriore all’udienza del rito speciale; nullità della sentenza
rilevabile anche d’ufficio e vizio di motivazione per l’affermazione di responsabilità.
Osserva il Collegio che i motivi di ricorso sono destituiti di specificità e comunque manifestamente infondati o per altro verso inammissibili, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 C.P.P., facendo ampio riferimento alle risultanze delle indagini preliminari ed al contenuto delle dichiarazioni rese dal prevenuto nei diversi interrogatori cui era stato sottoposto, l’ultimo dei quali, il 9 luglio 2013, su sollecitazione
dell’imputato medesimo.
E tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p.
27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).
È poi manifestamente destituita di fondamento la doglianza relativa all’interrogatorio di cui sopra, atto di garanzia per l’imputato, nell’occasione da quello sollecitato, senza considerare poi
che l’intervenuta applicazione di pena su richiesta delle parti rende inammissibile ogni doglianza
relativa a pretese nullità processuali verificatesi nel corso del procedimento.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.500,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara in missibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al vers ento della somma di C. 1.500,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Rsj1a il 8 maggio 2014.

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