Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30391 del 08/05/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30391 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIUNTA FILIPPO N. IL 25/08/1949 parte offesa nel procedimento
c/
CARUSO ALFIO N. IL 17/03/1950
avverso l’ordinanza n. 215504/2011 GIP TRIBUNALE di MILANO,
del 06/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

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Data Udienza: 08/05/2014

IN FATTO E DIRITTO
GIUNTA Filippo, nella sua qualità di persona offesa nel procedimento per diffamazione contro
CARUSO Alfio propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in data 8 luglio 2013 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano che aveva archiviato il procedimento originatosi da sua querela.
Deduce violazione di legge per l’avvenuta archiviazione per motivi diversi da quelli indicati (tardività della querela) dal Pubblico Ministero richiedente.
Il ricorso è inammissibile per più ragioni.
Innanzitutto in quanto è stato proposto e sottoscritto dalla persona offesa personalmente.
E’ difatti pacifico il principio che la disposizione di cui alla prima parte dell’art. 613, comma 1,
C.P.P., secondo la quale, in deroga alla regola generale della necessaria sottoscrizione di un difensore iscritto nell’albo speciale, è consentito alla parte di sottoscrivere personalmente il ricorso per
cassazione, è applicabile esclusivamente nei confronti dell’imputato, e ciò non tanto perché alla
persona offesa non compete tale qualificazione soggettiva (Sez. U, Sentenza n. 24 del 16/12/1998,
Messina), quanto piuttosto sul motivo che detta disposizione «non è attributiva alle altre parti processuali del potere di ricorrere personalmente per Cassazione, ma è invece meramente ricognitiva
della facoltà di proposizione personale della impugnazione, che la norma dell’art. 571, comma 1,
riconosce al solo imputato, in deroga alla regola generale della necessità della rappresentanza tecnica (Sez. Un., 21 giugno 2000 n. 19, Adragna, m. 216336; Sez. Un., 27 giugno 2001 n. 34535,
Petrantoni, m. 219613; Sez. V, 26 maggio 2004 n. 37418, p.c. Penna in proc. Mafai e altro). La
persona offesa dal reato non può quindi sottoscrivere personalmente il ricorso non perché non sia
parte processuale, nemmeno nel limitato ambito del procedimento di archiviazione, bensì perché
tale diritto non spetta nemmeno alle altre parti processuali, essendo attribuito dall’art. 571 (e non
dall’art. 613) esclusivamente all’imputato» (S.U. sentenza n.. 47473 del 27/09/2007, dep.
20/12/2007, Lo Mauro). E a nulla rileva che rechi in calce l’autentica di sottoscrizione da parte del
difensore medesimo (Sez. 2, Sentenza n. 24285 del 08/05/2001, Acampora; cfr. altresì Sez. 4, Sentenza n. 38003 del 19/09/2002, Piccione).
Inoltre, il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito della opposizione del ricorrente,
all’esito della rituale instaurazione e celebrazione dell’udienza partecipata in camera di consiglio,
senza che sia ravvisabile o risulti dedotta alcuna violazione del contraddittorio.
Ora, la violazione del contraddittorio è l’unico vizio denunziabile con il ricorso avverso il provvedimento di archiviazione, vuoi preso de plano che a seguito di camera di consiglio (S.U., seni. 24
del 1995, citata, e tra molte, Sez. 6, n. 436 del 05/12/2002, Mione; Sez. 1, n. 8842 del 07/02/2006,
Laurino; Sez. 6, n. 3896 del 26/10/1995, Ronchetti; Sez. 6, n. 3018 del 20/09/1991, Di Salvo; ).
Osta a una diversa lettura il principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione. Né v’è ragione costituzionalmente imposta di un ampliamento della piattaforma dei vizi denunziabili mediante ricorso, giacché la natura «interlocutoria e sommaria … finalizzata a un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e non a un accertamento sul merito dell’imputazione» (C. cost. ord. nn.
153 del 1999, 150 del 1998, 54 del 2003; sent. n. 319 del 1993) dell’archiviazione e la ratio, esclusivamente servente il controllo di legalità e obbligatorietà dell’azione penale, che tradizionalmente si riconosce assistere lo ius ad loquendum e gli strumenti di tutela dell’offeso («negli stretti
limiti in cui ciò risponda» a tale funzione di controllo: C. cost. ord. n. 95 del 1998), consentono
d’affermare che alla pretesa sostanziale di questo offre comunque adeguata garanzia la possibilità
di esercitare i propri diritti d’azione e difesa, ampiamente e senza preclusione alcuna, nella sede
(civile) propria.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle
questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P. Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di E. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in R,pma il 8 maggio 2014.

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