Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30326 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30326 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TERLIZZI GAETANO N. IL 21/12/1980
avverso la sentenza n. 2535/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
31/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 12/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3 febbraio 2009 il Tribunale di Trani – sezione
distaccata di Barletta ha dichiarato Terlizzi Gaetano colpevole del reato di cui agli
artt. 81 cod. pen. e 9, comma 2, legge n. 1423 del 1956, accertato in Barletta il
22 luglio 2006 e 1’11 maggio 2007, e l’ha condannato alla pena di anno uno e
mesi sei di reclusione.

della sentenza di primo grado, ha escluso la condotta accertata il 22 luglio 2006
e ha rideterminato la pena in anno uno di reclusione.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di unico
motivo, con il quale ha dedotto l’erronea qualificazione giuridica del fatto
ascrittogli e ha contestato il mancato riconoscimento dell’ipotesi più lieve di cui
all’art. 6 legge n. 575 del 1965, oggi prevista dall’art. 73 d.lgs. n. 159 del 2011.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. In tema di violazione delle misure di prevenzione personali, è consolidato
il principio alla cui stregua anche la commissione di un illecito amministrativo
costituisce inosservanza della prescrizione di vivere onestamente e di rispettare
le leggi dello Stato, imposta al sorvegliato speciale e penalmente sanzionata
dall’art. 9 legge n. 1423 del 1956, quando determini una concreta lesione o
messa in pericolo dell’interesse all’ordine e alla sicurezza pubblica tutelato dalla
norma incriminatrice (tra le altre, Sez. 1, n. 16213 del 25/02/2010,
dep. 26/04/2010, Acri, Rv. 247481; Sez. 1, n. 40819 del 14/10/2010,
dep. 18/11/2010, Basoni, Rv. 248466), giacché la “prescrizione di ‘rispettare le
leggi’ … si riferisce al dovere, imposto al prevenuto, di rispettare tutte le norme
a contenuto precettivo, che impongano cioè di tenere o non tenere una certa
condotta; non soltanto le norme penali, dunque, ma qualsiasi disposizione la cui
inosservanza sia ulteriore indice della già accertata pericolosità sociale” (Corte
cost. n. 282 del 2010).
La Corte di appello, facendo esatta interpretazione e corretta applicazione di
detto principio, lo ha correlato alla già operata ricostruzione in fatto della
condotta criminosa contestata, consistita nell’essersi l’imputato messo alla guida
2

La Corte di appello di Bari con sentenza del 31 gennaio 2012, in riforma

di un motociclo senza patente perché revocata, e ricondotta alla violazione della
prescrizione da parte del medesimo, sorvegliato speciale, di vivere onestamente
e di rispettare le leggi, e ha coerentemente e legittimamente richiamato, in
risposta all’altra doglianza difensiva, pure riproposta con il ricorso, l’ulteriore
principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale la
condotta di guida senza patente o con patente revocata, tenuta da un
sorvegliato speciale, integrando la violazione dell’obbligo di rispettare le leggi, dà
luogo al reato di cui all’indicato art. 9, in aggiunta all’autonomo e speciale reato

assorbita in detto reato (tra le altre, Sez. 1, n. 8496 del 05/02/2009,
dep. 25/02/2009, Giudice, Rv. 243453; Sez. 1, n. 25122 del 09/06/2010,
dep. 02/07/2010, Pmt in proc. Piccolo, Rv. 247724).
3. In tale contesto non ricorre, all’evidenza, il vizio della violazione di legge
sotto il profilo della dedotta erronea applicazione delle norme richiamate, né il
ricorrente ha opposto alcuna alternativa valida interpretazione a quella
correttamente seguita nel provvedimento impugnato.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento di una somma in
favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in
mille euro.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, in data 12 novembre 2013

di cui all’art. 6 legge n. 575 del 1965, ove pure contestato, senza rimanere

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