Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30306 del 05/07/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30306 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Chen Xianping nato in Cina il 19/3/1980
avverso l’ordinanza del Tribunale di Padova in data 5/1/2016;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli

Palombi di

Montrone;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, che ha chiesto

dichiararsi

inammissibile il ricorso e la memoria di replica del difensore del ricorrente;
RITENUTO IN FATTO
1. Il P.M. presso il Tribunale di Padova, con decreto in data 3/12/2015,
convalidava il sequestro probatorio effettuato nei confronti dell’indagato in
relazione all’ipotesi di reato di cui agli artt. 473, 515, 517, 648 cod. pen..
1.1. Avverso tale provvedimento proponeva istanza di riesame l’indagato
eccependo la carenza di fumus in ordine alla sussistenza dei reati.
1.2. Il Tribunale di Padova respingeva l’istanza proposta, confermando il
decreto impugnato.
2.

Ricorreva per Cassazione l’indagato, sollevando i seguenti motivi di

gravame:

2.1.

violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc.

pen., in relazione agli artt. 473, 515, 517 e 648 cod. pen. e 253 cod. proc.

Data Udienza: 05/07/2016

pen. Eccepisce, al riguardo, l’insussistenza del fumus dei reati contestati.
2.2.

Violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) cod. proc.

pen., in relazione agli artt. 253 e 125 comma 3 cod. proc. pen. con
riferimento alla mancanza di motivazione del decreto di convalida di
perquisizione e sequestro.

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile. Specificamente, quanto al primo motivo, nel provvedimento
impugnato è contenuta un’esaustiva motivazione in ordine al fumus dei
reati ipotizzati, essendosi fatto riferimento alla presenza sugli oggetti
sequestrati di marchi celebri ed alla destinazione al commercio della merce
sequestrata.
Quanto poi alla seconda doglianza attinente alla sussistenza dei
presupposti legittimanti l’emissione del decreto di sequestro probatorio
della merce in questione, rileva il Collegio che il vaglio di legittimità
richiesto deve prendere le mosse dalla decisione delle sezioni unite di
questa Corte con la quale si è ritenuto che anche per le cose che
costituiscono corpo di reato il decreto di sequestro a fini di prova deve
essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al
presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei
fatti (sez. U. n. 5876 del 28/1/2004, Rv. 226711). Detta soluzione
interpretativa è stata ritenuta essere l’unica compatibile con i limiti dettati
all’intervento penale sul terreno delle libertà fondamentali e dei diritti
costituzionalmente garantiti dall’individuo, fra i quali vi è il diritto alla
protezione della proprietà riconosciuto dall’art. 42 Cost. e dall’art. 1 del
primo protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Nell’occasione le sezioni unite ebbero ad affermare il seguente principio di
diritto: <>. A tale indirizzo giurisprudenziale, al quale il
Collegio ritiene di dovere aderire, si è rifatta anche la giurisprudenza
2

CONSIDERATO IN DIRITTO

successiva, richiedendo, appunto, la necessità di un’idonea motivazione in
ordine al presupposto della finalità perseguita con il decreto di sequestro
probatorio (sez. 2 n. 9556 del 25/2/2004, Rv. 228389; sez. 2 n. 35615 del
9/6/2004, Rv. 229721). Più di recente si è però avuto modo di precisare
che in tema di convalida di sequestro probatorio eseguito dalla polizia
giudiziaria, l’unico obbligo di motivazione che compete al P.M. è quello
attinente ai presupposti del vincolo e quindi alla configurabilità del reato

potendosi, a tal fine, allegare al decreto il verbale redatto dalla polizia
giudiziaria, dal quale si evince il rinvenimento nella disponibilità
dell’indagato del corpo del reato (nel caso di specie sostanza stupefacente),
evidentemente necessario per l’accertamento dei fatti (sez. 6 n. 28051 del
27/4/2004, Rv. 229595). La Corte, nell’occasione, ha ritenuto corretta ed
esaustiva la motivazione dell’ordinanza impugnata, evidenziando che dalla
lettura della stessa emergeva che il decreto di convalida emesso dal P.M. si
riferiva al contenuto del verbale di sequestro effettuato dalla polizia
giudiziaria, indicando, quanto meno per relationem, i presupposti fondanti il
sequestro e contestualmente garantendo il diritto di difesa dei potenziali
interessati. Ed a tale onere si adempie attraverso la consegna del verbale
di sequestro e, comunque, con la notifica del provvedimento del P.M. e del
successivo deposito ex art. 324 cod. proc. pen. (sez. 2 n. 39381 del
8/10/2008, Rv. 241881).
Passando a calare nel caso di specie i principi affermati, va rilevato
che il P.M. emetteva decreto di convalida nei confronti dell’attuale
ricorrente in relazione ai reati di cui agli artt. 473, 515, 517, 648 cod. pen..
Nel decreto del P.M. viene resa esplicita la finalità probatoria posta a base
del decreto, facendosi espresso riferimento alla necessità di disporre
consulenze e compiere eventuali atti di indagine conseguenti.

2. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché al
pagamento in favore della cassa delle ammenda della somma di €
1.500,00.

P.Q.M.

3

ipotizzato in quella fase (sez. 4 n. 8662 del 15/1/2010, Rv. 246850),

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché al pagamento in favore della Cassa delle
ammende della somma di C 1.500,00.

Così deliberato in camera di consiglio, il 5 luglio 2016

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