Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30305 del 19/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30305 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Izzo Ciro

nato il 12.5.1975

avverso l’ordinanza del 25.11.2013
del Tribunale di Napoli, sez. dist. di Pozzuoli
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
lette le conclusioni del P. G., dr. Aurelio Galasso, che ha
chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

Data Udienza: 19/06/2014

RITENUTO IN FATTO

2. Propone ricorso per cassazione Izzo Ciro, a mezzo del difensore, denunciando la violazione
di legge ed il vizio di motivazione, essendosi il G.E. limitato a formulare un giudizio di tipo
probabilistico sulla non condonabilità dell’opera senza espletare alcun accertamento funzionale
ad una valutazione paesaggistico-ambientale della zona in cui è stata realizzata l’opera.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. E’ pacifico che l’ordine di demolizione o di riduzione in pristino debba intendersi emesso allo
stato degli atti, tanto che anche il giudice dell’esecuzione deve verificare il permanere della
compatibilità con atti amministrativi. E’ altrettanto indubitabile, però, che il rilascio del
permesso in sanatoria non determini automaticamente la revoca dell’ordine di demolizione o di
riduzione in pristino, dovendo il gìudice, comunque, accertare la legittimità sostanziale del
titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge ed eventualmente disapplicarlo ove siano
insussistenti i presupposti per la sua emanazione (cfr.ex mults Cass.pen.sez.3 n144 del
30.1.2003, P.M. c/o Ciavarella).
A maggior ragione, in caso di mera presentazione di un’istanza di condono, il G.E. deve
accertare che, secondo una ragionevole previsione, l’istanza possa essere accolta in tempi
bervi.
Come ha ricordato anche il G.E., “in materia edilizia, in sede di esecuzione dell’ordine di
demolizione del manufatto abusivo, disposto con la sentenza di condanna ai sensi dell’art.7
L.n.47 del 1985, il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione della esecuzione per
avvenuta presentazione di domanda di condono edilizio, deve accertare l’esistenza delle
seguenti condizioni: 1) la riferibilità della domanda di condono edilizio all’immobile di cui in
sentenza; 2) la proposizione dell’istanza da parte di soggetto legittimato; 3) la procedibilità e
proponibilità della domanda, con riferimento alla documentazione richiesta; 4) l’insussistenza
di cause di non condonabilità assoluta dell’opera; 5) l’eventuale avvenuta emissione di una
concessione in sanatoria tacita per congruità dell’oblazione ed assenza di cause ostative; 6) la
attuale pendenza dell’istanza di condono; 7) la non adozione di un provvedimento da parte
della P.A. contrastante con l’ordine di demolizione” (cfr.ex multis Cass.pen.sez.4 n.15210 del
5.3.3008).

1. Con ordinanza in data 25.11.2013 il G.E. del Tribunale di Napoli, sez. dist. di Pozzuoli,
rigettava l’istanza, proposta nell’interesse di Izzo Ciro, con la quale si chiedeva la revoca e/o la
sospensione della esecuzione dell’ordine di demolizione, disposto con sentenza del 4.11.2002,
irrevocabile 1’11.2.2005.
Riteneva il G.E. che l’elemento sopravvenuto in fase esecutiva era rappresentato dalla
presentazione di istanza di sanatoria, da parte dell’interessato, in data 30.3.2004.
Dopo aver richiamato la costante giurisprudenza di legittimità, assumeva il G.E. che dagli atti
non emergevano elementi per ritenere prevedibile il rilascio di autorizzazione in sanatoria,
risultando, piuttosto, che l’opera era stata realizzata in zona vincolata e che l’istante aveva
provveduto al versamento soltanto della prima rata dell’oblazione.

2.1. Il G.E. ha fatto corretta applicazione di tali principi, e, con motivazione adeguata ed
immune da vizi logici, ha accertato che non vi erano elementi per ritenere prevedibile il
rilascio della sanatoria, dal momento che l’opera era stata realizzata in zona vincolata e che
era stata pagata soltanto la prima rata dell’oblazione e degli oneri accessori.
3. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonchè, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore della cassa delle
ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi
dell’art.616 c.p.p.

2

44,

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 19.6.2014

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