Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30303 del 18/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30303 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI CAMPOBASSO
nei confronti di:
GIULIANI LUCIO N. IL 18/04/1941
avverso l’ordinanza n. 36/2013 TRIB. LIBERTA’ di CAMPOBASSO,
del 22/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
1t/sentite le conclusioni del PG Dott. A . e,,(2.,:c_3., –04,O cl_ 1-5–4à-as-3-K
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CC:, ‘..X. “À s4.1„..l., 3

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 18/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza del 22 ottobre 2013 il Tribunale di Campobasso, in funzione di giudice
del riesame, accoglieva l’istanza avanzata nell’interesse di GIULIANI Lucio (soggetto indagato
per il reato di cui all’art. 181 del D. Lgs. 42/04) avverso il provvedimento di convalida del
sequestro disposto in via d’urgenza dal Corpo Forestale dello Stato nei confronti dello stesso
GIULIANI, avente per oggetto i terreni di cui alle p.11e 47 e 73 del fg. 21, siti in agro di Palata,
della superficie complessiva di mq. 3.000. Il Tribunale molisano, dopo aver dato atto del tipo di

nell’imboschimento di terreni nudi o cespugliosi mediante realizzazione di una piantagione
artificiale di

“pinus radiata” con un turno variabile da 25 a 30 anni), concludeva per

l’inapplicabilità, nel caso di specie, della disposizione di cui all’art. 181 del D. Lgs. 42/04 (il
quale sanziona la condotta di chi esegua lavori privi di autorizzazione su beni paesaggistici,
intesi per tali anche i terreni coperti da foreste e da boschi), osservando come l’attività di
rimboschimento effettuata dall’indagato avesse per oggetto arbicoltura da legno prevista e
disciplinata dal comma 5° del D. Lgs. 227/01, non potendosi parlare di bosco nel senso voluto
dalla disciplina penalistica speciale. Il detto Tribunale rilevava ulteriormente che, pur essendo
incorso l’indagato nell’inosservanza delle prescrizioni dettate dal Corpo Forestale dello Stato in
sede di elaborazione di apposito piano di coltura e conservazione redatto in occasione
dell’attività di rimboschimento, si trattava di violazione di norme aventi carattere
amministrativo e non penale. Disattendeva i rilievi del P.M. secondo i quali l’indagato intendeva
impiantare un bosco e non un impianto arboreo destinato alla produzione di legno, osservando
che doveva ritenersi non univoca l’originaria natura boschiva dei terreni oggetto di sequestro,
anche perché si trattava di terreni nudi al momento dell’eseguito rimboschimento e che
nessuna rilevanza assumeva la successiva inerzia del proprietario nell’attenersi al piano di
coltura né la circostanza che l’indagato non avesse beneficiato di contributi ulteriori a tutela
del bosco da lui impiantato, considerando invece come decisiva ai fini della non applicabilità
dell’art. 181 citato la circostanza della destinazione dell’impianto arboreo alla produzione di
legno come comprovato anche dalla documentazione versata in atti.
1.2 Ricorre avverso l’ordinanza suddetto il Procuratore della Repubblica deducendo quanto
segue. Con il primo, articolato motivo, l’Organo della Pubblica Accusa lamenta la violazione di
legge per inosservanza (o erronea applicazione) della legge extrapenale (art. 2 comma 5 del D.
Lgs. 227/91) in relazione all’art. 181 del D. L.gs. 42/04: secondo il P.M. ricorrente, il Tribunale
sarebbe incorso in una fuorviante interpretazione della norma suddetta, posto che l’attività di
silvicoltura eseguita dall’indagato non mirava esclusivamente alla produzione arborea da legno
(o cellulosa) come richiesto dalla norma ai fini della non applicabilità della disposizione a tutela
del paesaggio. In questo senso la motivazione resa dal Tribunale è sostanzialmente assente o
comunque apparente in quanto resa senza alcun riferimento ad una serie di elementi
documentali che provavano il contrario (la destinazione industriale in via non esclusiva) e che il
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impianto realizzato dall’indagato sui terreni oggetto di sequestro (impianto consistito

Tribunale non avrebbe considerato. La stessa terminologia usata e ricorrente negli atti
amministrativi rilasciati all’indagato prelude ad una nozione di bosco inteso in senso ampio
come indicato dalla norma penale di guisa che la qualificazione giuridica attribuita alla condotta
del GIULIANI da parte del Tribunale del Riesame è del tutto erronea.
1.3 Con un secondo motivo viene dedotto analogo vizio per inosservanza e/o erronea
applicazione della legge extrapenale in relazione alla norma enunciata nell’art. 181 del D. Lgs.
42/04: osserva il P.M. ricorrente, alla luce del complessivo quadro normativo di riferimento,

3267/23; 11 del D.P.R.0 446/67 e 31 della L. 910/66, in quanto il termine “piano di coltura e
conservazione” lascia chiaramente intendere il concetto di perpetuità del bosco in netta
dissonanza con la reversibilità della coltura tipica del rimboschimento per fini di produzione del
legno, con la conseguenza che la mancata osservanza degli obblighi di rimboschimento non
poteva qualificarsi – come erroneamente ritenuto dal Tribunale – come violazione di obblighi
contrattuali non rilevante sul piano penale.
1.4 Con un terzo motivo il P.M. ricorrente denuncia vizio analogo con riferimento alla
errata interpretazione dell’art. 181 del D. Lgs. 42/04, nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto
sottratta alla previsione penale la tutela dei territori, anche non boscati, sottoposti a vincolo di
rimboschimento.
1.5 Con un quarto motivo, strettamente connesso al precedente, il P.M. ricorrente lamenta
identico vizio di violazione di legge per avere il Tribunale ignorato il disposto dell’art. 2 commi
3 e 6 del D. Lgs. 227/91 in relazione alagli artt. 142 lett. g) e 181 del D. Lgs. 42/04, in quanto
anche i terreni assimilati ai boschi e quelli oggetto di attività di rimboschimento sono
assoggettati alla medesima tutela dei boschi veri e propri: secondo il ricorrente, nella nozione
di bosco tutelata dalle ricordate norme penali rientra anche il cd. “bosco artificiale”.
1.6 Con un quinto motivo viene dedotto vizio di omessa motivazione nella parte in cui il
Tribunale ha affermato che l’impianto realizzato dall’indagato sia stato effettuato nel contesto
della coltivazione della cellulosa.
1.7 Con il sesto motivo si lamenta violazione di legge per inosservanza del disposto di cui
all’art. 149 del D. Lgs. 227/91 in riferimento all’art. 181 del D. Lgs. 42/04 nella parte in cui il
Tribunale ha ritenuto estranei alla preventiva autorizzazione alcuni lavori eseguiti dall’indagato
in occasione del taglio del bosco.
1.8 Con l’ultimo motivo viene denunciata violazione di legge per carenza assoluta di
motivazione, in quanto il Tribunale ha omesso di tenere in considerazione alcuni dati
documentali esistenti in atti (il riferimento è a precedenti atti amministrativi nel tempo
rilasciati in favore dell’indagato) in cui i terreni oggetto di sequestro sono sempre stati
considerati boschi e, come tali, soggetti ai vincoli della legislazione penale speciale di settore.

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che il Tribunale del Riesame è incorso in errata applicazione degli artt. 90 e 91 del R.D.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso del Pubblico Ministero è fondato. In via preliminare ed ai fini di una completa
intelligibilità della fattispecie in esame è opportuno riassumere i termini fattuali della vicenda
de qua.
2. La presente vicenda origina da un sopralluogo di personale del Corpo Forestale dello
Stato su un terreno di proprietà di GIULIANI Lucio sito nel Comune di Palata meglio indicato
catastalmente nel foglio 21 – particelle 47 e 73. In quella circostanza i verbalizzanti notavano

residuati a seguito del taglio di tutti gli alberi ivi esistenti. Per come risulta dall’ordinanza
impugnata, il taglio degli alberi risaliva all’anno precedente, mentre negli anni 1970/71 il
GIULIANI aveva eseguito, grazie ad un finanziamento ai sensi dell’art. 31 della L. 9120/66
l’imboschimento dei terreni medesimi, completato quattro anni dopo; erano poi seguite alcune
specifiche prescrizioni dettate dal Corpo Forestale nell’ambito di un piano di coltura e
conservazione: tra le prescrizioni veniva consentito al proprietario di tagliare definitivamente
gli alberi solo quando essi avessero raggiunto la maturazione economica e tecnica con
reimpianto a cura e spese del proprietario previa autorizzazione del Corpo Forestale e fermo
restando il divieto assoluto di trasformare il bosco in altre qualità di coltura.
3. Il riferimento normativo che inquadra la fattispecie in esame è dato, anzitutto, dal D.
Lgs. n. 227 del 18.5.2001: sovviene, in proposito, l’art. 2 comma 6 a tenore del quale “Nelle
more dell’emanazione delle norme regionali di cui al comma 2 e ove non diversamente gia’
definito dalle regioni stesse, si considerano bosco i terreni coperti da vegetazione forestale
arborea associata o meno a quella arbustiva di origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio
di sviluppo, i castagneti, le sugherete e la macchia mediterranea, ed esclusi i giardini pubblici e
privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualita’ di coltura e gli impianti di
frutticoltura e d’arboricoltura da legno di cui al comma 5”.
3.1 II precedente comma 5, a sua volta, specifica che “Per arboricoltura da legno si
intende la coltivazione di alberi, in terreni non boscati, finalizzata esclusivamente alla
produzione di legno e biomassa. La coltivazione e’ reversibile al termine del ciclo colturale”.
3.2 Tali norme vanno poi ricollegate con l’art. 181 comma 10 del D. Lgs. 42/04 in forza del
quale “Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di
qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dall’Articolo 20 della legge
28 febbraio 1985, n. 47.”. In particolare va ricordato che l’area boscata è rilevante ai fini della
disciplina paesaggistica perché rientra tra i beni soggetti a specifica tutela ambientale sulla
base di quanto previsto dalla lett. g) dell’art. 142 del menzionato D. Lgs. 42/04 che riguarda “i
territori coperti da foreste e boschi, ancorchè percorsi o danneggiati dal fuoco e quello
sottoposti a vincolo di rimboschimento”, così come definiti dal ricordato art. 2 comma 6° del D.
Lvo 227/01.

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che il GIULIANI era intento a dissodare il terreno per eliminare i residui di radici ed arbusti

3.3 Per costante giurisprudenza di questa Suprema Corte in tema di tutela del paesaggio
ed al fine di individuare i terreni boschivi protetti da vincolo va qualificato come bosco, alla luce
della speciale normativa di settore (art. 2 del richiamato D. Lgs. 227/01) qualsiasi terreno
coperto da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, da castagneti,
sughereti o da macchia mediterranea, con il limite spaziale di una estensione non inferiore a
2000 mq., con larghezza media non inferiore a mt. 20 e con copertura per l’intera superficie
non inferiore al 20% (tra le tante, Sez. 3^ 16.11.2006 n. 1874, Monni, Rv. 235869; v. anche

intesa in senso normativo e non naturalistico; Sez. 3^ 20.6.2007 n. 24258; Sez. 3^
10.3.2011 n. 9690)
4. Così delineato il quadro normativo e gli orientamenti giurisprudenziali, occorre verificare
se parte del Tribunale sia stata correttamente applicata la normativa di cui all’art. 2 comma 50
del D. Lgs. 227/01: secondo il Pubblico Ministero ricorrente la decisione del Tribunale è del
tutto inosservante di tale normativa in quanto è stato ritenuto che la coltura impiantata
artificialmente poiché diretta esclusivamente alla produzione di cellulosa va intesa come
arbicoltura da legno come tale non qualificabile come bosco e dunque non assoggettata alla
specifica disciplina dettata dal D. Lgs. 42/04. Nel caso di specie la documentazione acquisita
agli atti avrebbe dovuto invece indurre il Tribunale ad una ben diversa decisione con
riferimento alla necessità di una preventiva autorizzazione paesaggistica derivante dalla non
esclusività della destinazione degli impianti arborei alla produzione del legno.
5. Più in particolare, una serie di elementi presenti agli atti militava per una attività sin dal
1970 di rimboschimento – e non “imboschimento” come affermato dal Tribunale (vds. pag. 3
dell’ordinanza impugnata) – del fondo in oggetto. Le stesse rigorose prescrizioni dettate dal
Corpo Forestale al termine di quella attività di rimboschimento (anno 1975) prevedevano
l’obbligo di reinnpianto a spese e cura dei proprietari da effettuarsi quando le piante avessero
raggiunto la maturazione economica e tecnica. Anche il contenuto dell’art. 1 del piano di
coltura e conservazione predisposto dal Corpo Forestale parla di rimboschimento, il che
portava (e porta) a concludere che detta attività iniziata nel 1970 avesse una ampiezza ben
maggiore che non una mera coltivazione di piante destinate in via esclusiva alla produzione
massiva della cellulosa.

E proprio perchè si trattava di aree boscate non destinate, per

ampiezza e caratteristiche intrinseche, esclusivamente alla produzione del legno, il bene in
oggetto avrebbe dovuto essere inquadrato nella speciale normativa di settore denunciata dal
menzionato art. 2 comma 5 0 del D. Lgs. 227/01 che indica, peraltro, tra le caratteristiche
tipiche di tale speciale attività la reversibilità della coltivazione nel caso di specie del tutto
assente.
5.1 Sotto altro profilo – come correttamente evidenziato dal Pubblico Ministero ricorrente
– il provvedimento impugnato si caratterizza per altra significativa violazione di legge (in
..
particolare gli artt. 90 e 91 del R.D. 3267/23; l’art. 11 del D.P.R. 446/67 e l’art. 31 della L.
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Sez. 3^ 18.5.2011 n. 28928, Sardu, Rv. 250968 in cui si specifica che la nozione di bosco va

910/66). Infatti come ricordato dallo stesso Tribunale il GIULIANI aveva ottenuto un
• finanziamento speciale previsto dall’art. 31 della L. 910/66 (legge emanata per agevolare la
forestazione), sicchè quell’impianto di rimboschimento non andava inquadrato nell’attività di
arbicoltura da legno, ma in una attività diversa che avrebbe dovuto avere quale risultato finale
dopo la trasformazione del terreno cd. “nudo” una attività di tipo conservativo che escludeva in
via di principio una attività di produzione del legno in via esclusiva: deve quindi riconoscersi
che il termine conservazione stava (e sta) a significare il carattere di perpetuità tipico del

motivazione (vizio certamente denunciabile in sede di legittimità con riferimento ai
provvedimenti cautelari di natura reale ricorribili solo per violazione di legge, in essa inclusa
quella collegata alla mancanza assoluta di motivazione ovvero alla motivazione apparente e
come tale insussistente). Infatti il Tribunale, erroneamente interpretando ed applicando il
disposto normativo di riferimento (artt. 90 e 91 del R.D. 3267/23 che disciplinano l’attività di
formazione dei boschi e la loro conservazione), non ha tenuto conto di alcuni indefettibili
parametri (uno per tutti l’obbligo di rimboschimento) che impongono quella speciale tutela
paesaggistica dettata dall’art. 142 lett. g) del D. Lgs. 42/04.
6. Inesatta, da questo punto di vista, la qualificazione di obblighi contrattuali irrilevanti sul
piano penale attribuita dal Tribunale ai doveri per il GIULIANI di reimpiantare il bosco e di
conservare il bosco nell’ambito del rispetto del piano di coltura prescritto dal Corpo Forestale,
non mancando di rilevare che gli obblighi di rimboschimento previsti dal D. Lgs. 227/01
derivano sia da norme di legge sia da atti amministrativi.
7. Risulta del pari violato – come sottolineato dal ricorrente – il disposto di cui al ricordato
art. 2 comma 3° del D. Lgs. 227/01 che indica quali sono i terreni assimilati a bosco (in
particolare va menzionata la lettera a) del detto articolo secondo la quale sono assimilati a
bosco “i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalita’ di difesa idrogeologica del
territorio, qualita’ dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della
biodiversita’, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale”,

concetto riaffermato nel

successivo comma 6° del medesimo art. 2 che costituisce una tipica norma integratrice del
precetto penale per il richiamo nell’art. 142 lett. g) del più volte menzionato D. Lgs. 42/04.
7.1 Ed a questo proposito, la giurisprudenza di questa Corte Suprema ha precisato che “In
tema di tutela del paesaggio, i requisiti fissati dall’art. 2, comma sesto, del D.Lgs. 18 maggio
2001 n. 227, per qualificare una formazione vegetale quale bosco non sono richiesti per i fondi
gravati dall’obbligo di rimboschimento, per la cui assimilazione ai boschi è sufficiente la
presenza del provvedimento amministrativo o della disposizione normativa che abbia imposto il
vincolo di rimboschimento” (Sez. 3^ 7.6.2006 n. 32542, De Nardis, Rv. 234941).
7.2 Illuminante, in proposito, il passo della decisione sopra indicata in cui si si chiarisce la
portata dell’art. 142 lett. g) del D. Lgs. 42/04 a tenore del quale sono assoggettati a specifica

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bosco. In questi termini deve allora affermarsi che il Tribunale è incorso in difetto assoluto di

tutela ambientale “i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal
fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dal D.Lgs. 18 maggio
2001, n. 227, articolo 2, commi 2 e 6”. Prosegue la decisione, ricordando che l’art. 2 comma
2° del D. Lgs. 227/01 prevede che entro dodici mesi le regioni stabiliscano per il territorio di
loro competenza la definizione di bosco (ed in particolare i valori minimi di larghezza,
estensione e copertura), mentre nel comma successivo viene introdotto il concetto di
assimilazione a bosco comprendente “i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le

conservazione della biodiversità, protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale”.
7.3 Ed ancora più illuminante l’accenno al comma 6° nel quale è stabilito quali siano le
caratteristiche che debbono avere i terreni per essere qualificati come bosco nelle more della
emanazione delle norme regionali di cui al comma 2, ribadendosi che “sono altresì assimilati a
bosco i fondi gravati dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di difesa idrogeologica del
territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico, conservazione della biodiversità,
protezione del paesaggio e dell’ambiente in generale”.
8. Nonostante tali indicazioni normative cogenti, il Tribunale ha ritenuto di escludere che il
terreno de quo fosse gravato dall’obbligo di rimboschimento per le finalità di protezione
dell’ambiente e del paesaggio in generale, in aperto contrasto con la documentazione esistente
(apodittica, quindi, la motivazione del Tribunale secondo la quale dagli atti era da escludere
che vi fosse un bosco preesistente), insistendo per la tesi della realizzazione di un impianto
destinato in via esclusiva alla produzione del legno in contrasto con i dati sia fattuali sia
normativi.
9. Parimenti inesatta l’affermazione tout court secondo la quale “la coltura impiantata
artificialmente sui terreni del ricorrente, proprio perché diretta alla sola produzione della
cellulosa, è definibile come arbicoltura da legno e come tale non qualificabile come bosco”
(pag. 2 dell’ordinanza impugnata).
9.1 E’ stato infatti precisato più volte da questa Corte Suprema in coerenza, del resto, con

finalità di difesa idrogeologica del territorio, qualità dell’aria, salvaguardia del patrimonio idrico,

il dettato normativo, che la nozione di “territorio coperto da bosco ai fini della sottoposizione a
vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 146, comma 1 lett g) del D. Lgs 29 ottobre 1999 n. 490,
[come successivamente sostituito dall’art. 142 lett. G) del D. Lgs. 42/04] include tanto il bosco
di origine naturale quanto quello di natura artificiale” (Sez. 3^ 17.5.2002 n. 26601, P.G. in
proc. Varvara V., Rv. 222102; v. anche Sez. 1^ 1.10.1987 n. 742, Carta, Rv. 177448). E per
una definizione “allargata” di bosco va menzionata la recente decisione di questa Sezione n.
32807 del 23.4.2013, P.M. in proc. Timori, Rv. 255904, secondo la quale in piena sintonia con
il detto normativo rientra nel concetto di bosco “ogni terreno coperto da vegetazione forestale
arborea associata o meno a quella arbustiva, da castagneti, sughereti o da macchia

6

%

mediterranea, purché aventi un’estensione non inferiore a mq. duemila, con larghezza media
• non inferiore a metri venti e copertura non inferiore al 20 per cento”.
10. E’ poi incontestabile che la normativa statale dettata dall’art. 2 del ricordato D. Lgs.
227/01 prevale sulla normativa regionale, come ha avuto modo di precisare questa Sezione in
altra decisione (n. 1874/07 cit.) in cui è stato sottolineato come dopo l’entrata in vigore del
testo novellato dell’art. 117 Cost. che ha attribuito allo Stato competenza esclusiva – a scapito
delle Regioni – nella materia della tutela ambientale, non è più in potere delle Regioni la

territorio di loro appartenenza, con la conseguenza che tale compito definitorio spetta
esclusivamente allo Stato.
11.

E’, ancora, errata e inosservante del dovere di motivazione, l’affermazione del

Tribunale secondo la quale dagli atti del procedimento risultava pacifico che l’impianto boschivo
di cui si discute avesse a che fare con la produzione esclusiva della cellulosa, non esistendo
documenti in proposito e, dunque, non potendo avere alcuna rilevanza il progetto speciale n.
24 per la forestazione del Mezzogiorno a scopo produttivo prodotto dalla difesa in quanto non
pertinente.
12. Se può ritenersi condivisibile il principio generale che tutti boschi – tanto quelli naturali
che quelli artificiale – hanno quale funzione primaria quella della produzione lignea, ciò non
significa che il bosco per ciò solo perda le proprie caratteristiche intrinseche al punto di
sottrarsi alla specifica tutela paesaggistica.
13.

In ultimo, con riguardo alla affermazione del Tribunale secondo la quale il

dissodamento del terreno a seguito del taglio di tutte le piante non vale a qualificare tale
intervento come opera eseguita in un bosco, con conseguente non necessità della preventiva
autorizzazione da parte della competente autorità, va precisato che l’art. 149 del menzionato
D. Lgs. 42/04 prevede la non necessità della preventiva autorizzazione prescritta dall’articolo
146, dall’articolo 147 e dall’articolo 159 per il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione,
le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste
indicati dall’articolo 142, comma 1, lettera g), purche’ previsti ed autorizzati in base alla
normativa in materia. Nel caso in esame, però, non erano stati né indicati (in quanto nel piano
colturale redatto dal Corpo Forestale era stato solo previsto il rimboschimento attraverso
l’obbligo di reinnpianto a spese e cura del proprietario) né autorizzati (in quanto il
provvedimento regionale rilasciato il 15 febbraio 2012 consentiva soltanto un taglio colturale
con la prescrizione di prestare “massima attenzione a non danneggiare in nessuna delle fasi
dell’operazione la conservazione delle latifoglie autoctone”) tali interventi. Ne consegue che
l’attività di dissodamento conseguenziale al precedente taglio massivo di tutti gli alberi
impiantati nel terreno da più di 40 anni, proprio perché effettuata in spregio al disposto di cui

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definizione del concetto di bosco ai fini della tutela paesaggistica nemmeno con riferimento al

• al ricordato art. 149, ha comportato la violazione della norma penale di cui all’art. 181 del
medesimo D. Lgs.
14. Può, allora, conclusivamente affermarsi il principio di diritto secondo il quale la nozione
di bosco comprende, in coerenza con l’art. 2 del D. Lgs. 227/01 tanto il bosco

latu senso

inteso, sia di origine naturale che artificiale, e che, laddove il terreno su cui quel bosco sorge
non sia destinato in via esclusiva alla produzione del legno, esso è assoggettato alla disciplina
penalistica prevista dall’art. 181 del D. L.vo 42/04. Va, ancora, sottolineato che l’attività di

produzione del legno per la particolare ampiezza dell’intervento, di guisa che un intervento di
taglio indiscriminato degli alberi seguito dal dissodamento del terreno laddove non
specificamente autorizzato, incide sull’assetto territoriale e paesaggistico integrando la
fattispecie tipica dell’art. 181 D. Lgs. 42/04 come richiamata dagli artt. 142 lett. g) del
medesimo D. Lgs. e 2, commi 5 0 e 6° del D. Lgs. 227/01.
15.

Alla stregua di tali considerazioni, presentando il provvedimento impugnato i

denunciati vizi di inosservanza delle leggi regolanti la materia e di carenza assoluta di
motivazione, l’ordinanza suddetta va annullata con rinvio al Tribunale di Campobasso che
dovrà, in quella sede, colmare le lacune motivazionali sopra indicate uniformandosi ai principi
di diritto enunciati da questa Corte Suprema.

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Campobasso.
Così deciso in Roma il 18 marzo 2014
Il Consigliere

ensore

Il Presidente

rimboschimento costituisce indice inequivocabile della non esclusività della destinazione a

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