Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30301 del 18/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30301 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PONTICELLI DOMENICO N. IL 05/02/1969
ALIBRICO TERESA N. IL 14/07/1974
avverso l’ordinanza n. 29/2013 TRIB.SEZ.DIST. di AFRAGOLA, del
20/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
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Uditi difensor Avv.;

e

Data Udienza: 18/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza del 20 giugno 2013 il Tribunale di Napoli – Sezione distaccata di
Afragola – rigettava l’istanza proposta nell’interesse di PONTICELLI Domenico e ALIBRICO
Teresa, volta ad ottenere la sospensione o la revoca dell’ordine di demolizione emesso dal
Pubblico Ministero in data 27 giugno 2009 e riguardante un manufatto abusivo di proprietà dei
detti istanti che, con sentenza 13 giugno 2005 emessa dal predetto Ufficio Giudiziario (e
divenuta irrevocabile in data 26 ottobre 2011) erano stati ritenuti colpevoli dei reati di cui agli

demolizione della costruzione.
1.2 Ricorrono avverso l’ordinanza suddetta entrambi i condannati a mezzo del loro
difensore fiduciario con i motivi che qui di seguito sinteticamente si espongono. Denunciano in
particolare i ricorrenti difetto di motivazione ed erronea applicazione della legge penale (art. 31
comma 5 del D.P.R. 380/01) rilevando che da parte del giudice dell’esecuzione non era stato
tenuto conto del fatto che, essendo costoro i soggetti passivi destinatari dell’ordine di
demolizione, sugli stessi dovevano gravare le spese per demolire in quanto autori dell’abuso,
laddove il manufatto era già stato acquisito al patrimonio indisponibile del Comune di Caivano
con delibera n. 1 del 6 febbraio 2012. Si lamenta da parte della difesa che da parte del
Tribunale non era stato considerato che i ricorrenti, in epoca antecedente alla deliberazione
comunale, avevano completato la procedura amministrativa presso il Genio Civile
territorialmente competente con esito positivo circa il mantenimento dell’opera sotto l’aspetto
statico e sismico. Secondo la difesa, poi, in ossequio all’indirizzo giurisprudenziale consolidato
secondo il quale è possibile la revoca dell’ordine di demolizione laddove incompatibile con atti
amministrativi emanati dall’Autorità competente, l’intervenuta acquisizione del manufatto al
patrimonio indisponibile del Comune denotava l’interesse dell’amministrazione stessa al
mantenimento – e non alla demolizione – dell’opera edile. Prosegue la difesa sottolineando
come un’ulteriore riprova dell’interesse pubblico al mantenimento della costruzione discendeva
anche dalla delibera del Commissario Prefettizio emessa già nel corso del 2006 secondo la
quale alcuni immobili abusivi ubicati in quella stessa zona potevano essere mantenuti per

artt. 44 lett. b) del D.P.R. 380/01 e condannati alle pene di giustizia, con contestuale ordine di

essere poi destinati alle famiglie meno abbienti. Conclude la difesa, rilevando che la
motivazione del giudice secondo la quale occorre valutare le caratteristiche dell’immobile
comparandole alla strumentazione urbanistica, non è condivisibile sul piano strettamente
giuridico, essendo innegabile che l’acquisizione del manufatto al patrimonio indisponibile del
Comune non può essere attuata fin tanto che il proprietario della costruzione (ed autore
dell’abuso) non abbia completato l’iter amministrativo per la sanatoria urbanistica laddove
l’intervento edilizio non sia in contrasto con la strumentazione urbanistica vigente.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1

-é-7

1. Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni qui di seguito indicate.
2. Come emerge dal testo dell’ordinanza impugnata ed, in particolare, dalla analitica e
puntuale ricostruzione storica effettuata dal Tribunale, una precedente ingiunzione a demolire
emessa dal Pubblico Ministero il 17 giugno 2009 aveva formato oggetto di specifica istanza di
revoca valutata in sede di esecuzione e rigettata con decisione del 25 agosto 2010, avverso la
quale era stato proposto ricorso da parte degli odierni ricorrenti dichiarato poi inammissibile da
questa Corte Suprema il 26 ottobre 2011: l’oggetto dell’incidente di esecuzione riguardava

acquisizione dell’immobile al patrimonio indisponibile del Comune interessato.
2.1 Va, ancora, ricordato che l’ingiunzione a demolire de qua ha formato oggetto di altro
incidente di esecuzione sotto il diverso profilo della intervenuta adozione di una delibera di
giunta (n. 1 del 6 febbraio 2012, come esposto dai ricorrenti) con la quale il Comune
interessato ha dichiarato l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento di alcuni
immobili abusivi ubicati in una determinata zona del territorio comunale, tra i quali quello di
proprietà dei coniugi PONTICELLI-ALIBRICO. Tale delibera, secondo costoro sarebbe
incompatibile con la demolizione.
2,2 Anche in questa occasione l’incidente di esecuzione è stato definito con ordinanza di
rigetto del Tribunale, del 27 febbraio 2012, avverso la quale nessuna impugnazione è stata
presentata, con conseguente preclusione di eventuale riproposizione della medesima questione
come già avvenuto per la precedente ordinanza di rigetto in sede di esecuzione.
2.3 In ultimo, è stato proposto altro incidente di esecuzione (il terzo) definito con il
provvedimento oggi impugnato, in cui la questione oggetto di valutazione concerne sempre la
delibera di Giunta n. 1 del 6 febbraio 2012, mentre venivano rappresentate come circostanze
nuove atte a superare la preclusione di cui sopra: a) l’intervenuta verifica positiva di staticità
del manufatto dal punto di vista sismico; b) l’adozione di altra delibera comunale con la quale
era stata affidata ad una società privata (“Agenzia Città del Fare”) la valutazione delle
procedure tecniche indispensabili per l’attuazione della citata delibera del 6 febbraio 2012; c) i
rilievi nelle more effettivamente compiuti da detta società in vista di una possibile destinazione
– per quanto qui rileva – dell’edificio in questione ad edilizia residenziale convenzionata.
2.4 Va ancora evidenziato che il Giudice dell’esecuzione, nel deliberare sul terzo incidente
di esecuzione ha ribadito, anzitutto, il principio dell’eccezionalità del mantenimento di un’opera
abusiva in presenza di prevalenti interessi pubblici, richiamando in parte qua una recentissima
pronuncia di questa Corte Suprema (v. infra); ancora, l’illegittimità (oltre che irrilevanza) della
delibera comunale del 6 febbraio 2012, stante l’assenza di qualsiasi valutazione comparativa
oltre che della individuazione degli interessi pubblici coinvolti, avvalorata proprio da quella
attività successiva consistita nell’affidamento di tale valutazione ad una società privata i cui

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l’aspetto della inconciliabilità della disposta demolizione per effetto dell’intervenuta

tempi di definizione degli accertamenti dovevano ritenersi assolutamente indeterminati nel
tempo.
3. Ciò doverosamente precisato, va, anzitutto, ritenuto del tutto infondato il rilievo
riguardante l’erronea applicazione dell’art. 31 comma 5 del D.P.R. 380/01, ricordandosi che
tale norma, sostanzialmente riproduttiva di quanto contenuto nell’art. 7 della legge
fondamentale urbanistica (L.47/85), prevede che l’opera acquisita di diritto gratuitamente al
patrimonio del Comune in forza di inottemperanza all’ordine di demolizione “è demolita con

responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di
prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi
urbanistici o ambientali”.
3.1 E’ stato, così, legislativamente previsto che l’interesse al ripristino dello

status quo

ante, quale strumento sanzionatorio di condotte poste in essere in violazione delle prescrizioni
finalizzate al perseguimento di un ordinato assetto del territorio, debba cedere il passo a fronte
di interessi pubblici di diverso genere tuttavia prevalenti rispetto al raggiungimento di un tale
risultato e che impongano la permanenza dell’opera, sempre che la stessa non contrasti con
rilevanti interessi urbanistici e ambientali.
3.2 In passato questa Corte ha avuto modo di precisare che il Consiglio Comunale può
dichiarare legittimamente la prevalenza di interessi pubblici ostativi alla demolizione alle
seguenti condizioni: 1) assenza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici e, nell’ipotesi di
costruzione in zona vincolata, assenza di contrasto con interessi ambientali: in quest’ultimo
caso l’assenza di contrasto deve essere accertata dall’amministrazione preposta alla tutela del
vincolo; 2) adozione di una formale deliberazione del consiglio con cui si dichiari formalmente
la sussistenza di entrambi i presupposti; 3) la dichiarazione di contrasto della demolizione con
prevalenti interessi pubblici, quali ad esempio la destinazione del manufatto abusivo ad edificio
pubblico, etc. (Sez. 3^ 10.10.2008 n. 41339, Castaldo e altra, non massimata).
3.3 Si è anche precisato che la natura eccezionale di tali ipotesi rispetto alla ordinaria
soluzione della demolizione postula una interpretazione restrittiva dei presupposti cui le dette
ipotesi sono condizionate ed autorizza, allo stesso tempo, il giudice dell’esecuzione, in
applicazione, del resto, di un principio generale più volte applicato da questa Corte, a sindacare
la sussistenza dei medesimi.
3.4 Non mancano esempi in proposito, come quello in virtù del quale il giudice
dell’esecuzione ha il potere-dovere di controllare la legittimità della concessione edilizia sotto il
duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma
e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio (tra le tante
Sez.3^, 16.11.2005 n. 46831, Vuocolo, Rv. 232642).

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ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei

3.5 Sulla stessa linea si colloca altro indirizzo in forza del quale è stato affermato, con
riferimento al condono di cui alla L. 326/03 (o anche al cd. “minicondono” di cui alla L. 724/94)
che il giudice dell’esecuzione eventualmente investito della richiesta di revoca dell’ordine di
demolizione di un manufatto abusivo, in ragione appunto di sopravvenuto provvedimento di
condono, ha il potere di sindacare detto atto, disapplicandolo ove illegittimamente emesso per
assenza dei requisiti formali e sostanziali di legge previste per la sua esistenza (Sez.3^
17.3.2009 n. 25485, Consolo, Rv. 243905).

legittimità della delibera consiliare in oggetto, essendo indiscusso anche in questo caso il
potere del giudice di accertare che l’incompatibilità dell’esecuzione dell’ordinanza di
demolizione con la delibera consiliare sia attuale e non meramente eventuale, non essendo
ipotizzabile bloccare l’esecuzione penale per tempi imprevedibili senza la concreta esistenza di
una delibera consiliare avente i requisiti previsti dall’art. 31 cit. Né può ritenersi ammissibile
che l’ordinamento attenda per un tempo indefinito l’adozione di una possibile, quanto
eventuale deliberazione. Ne consegue che solo laddove venga adottata una delibera
contenente la valutazione ed individuazione degli interessi pubblici e la comparazione di questi
rispetto alla singola costruzione abusiva il giudice non ha più il potere di ordinare la
demolizione del manufatto; a partire da tale momento l’inottemperanza dell’ingiunto all’ordine
di demolizione impartito dall’autorità giudiziaria potrebbe ritenersi giustificata (vds. in
proposito Sez. 3^ 29.1.2013 n. 11419, Bene e altro, Rv. 254421 in cui era stata posta analoga
questione con specifico riferimento alla delibera adottata dal Comune di Caivano il 6 febbraio
2012; v. anche, nello stesso senso, Sez. 3^ 29.1.2013 n. 13746, Falco e altro, Rv. 254752).
4. Tanto precisato con riferimento alla dedotta erronea applicazione della legge penale,
anche la censura di difetto di motivazione per sua manifesta illogicità non ha alcuna ragion
d’essere proprio perché correttamente il Giudice ha disapplicato la delibera (ritenendola
intrinsecamente illegittima ed ininfluente per le finalità indicate dai ricorrenti) sottolineandone
la sua estrema indeterminatezza nella misura in cui tale atto (qualificabile come “atto di
indirizzo politico”) demanda ad una fase successiva affidata a future attività di

“opportune

verifiche tecniche ed eventuali adeguamenti” da parte della società incaricata delle verifiche di
compatibilità con gli interessi pubblici ed ancora, demanda agli uffici comunali competenti
“tutte le attività ed i provvedimenti necessari per la realizzazione del programmato intervento”.
4.1 Correttamente il giudice dell’esecuzione ha ritenuto di escludere nella specie l’effetto
ostativo della demolizione, propriamente derivante, per quanto già detto, solo da una
valutazione in termini di attualità degli interessi pubblici alla conservazione dell’opera e della
mancanza di contrasto con rilevanti interessi urbanistici.
4.2 Ora, a parte la considerazione – per le ragioni anzidette – della assoluta irrilevanza di
tale delibera per le finalità indicate dai ricorrenti, altrettanto ininfluenti appaiono gli elementi di
4

3.6 Tali ragioni consentono di ribadire tale principio anche con riferimento alla verifica di

novità addotti da costoro (la staticità dell’immobile positivamente valutata ex post dal Genio
Civile che nulla ha a che vedere con la compatibilità degli interessi urbanistici; l’attività di
accertamento della società privata incaricata dal Comune di effettuare le necessarie verifiche):
si tratta, infatti, di elementi del tutto irrilevanti per i fini che qui interessano e soprattutto,
come esattamente ricordato dal Procuratore Generale requirente, aspecifici per non essere
riusciti ad indicare la rilevanza di tali elementi.
4.3 Tale vizio di genericità affligge anche quella parte del ricorso nella quale si discute

argomentazioni del tutto astratte e disancorate da dati reali addotte a sostegno del relativo
motivo.
5. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Segue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma, che si ritiene congrua nella
misura di C 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende, trovandosi essi in colpa per avere
dato causa all’inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2014
Il Presidente

della subordinata questione della sospensione dell’ordine di demolizione, tenuto conto delle

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