Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3030 del 01/12/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 3030 Anno 2016
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: SCALIA LAURA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Monacella Ciro nato a Napoli il 09/05/1968

avverso la sentenza del 06/03/2015 della Corte di appello di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Laura Scalia;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale

rt.

Giuseppina Fodaroni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 6 marzo 2015, la Corte di appello di
Napoli, in parziale riforma della pronuncia del Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Napoli, in ragione dell’entità del fatto (art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990) ha condannato, previa riduzione della
pena originariamente inflitta, Ciro Monacella a due anni, due mesi e venti

1

Data Udienza: 01/12/2015

giorni di reclusione ed euro 5.000,00 di multa, per il delitto di cui all’art. 73,
comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
In tal modo il prevenuto è stato ritenuto colpevole di due episodi,
unificati dalla continuazione, di detenzione al fine di cessione di sostanza
stupefacente di tipo cocaina ed eroina — rispettivamente per le quantità di
0,28 grammi e di 0,67 grammi — che, per le modalità di presentazione e di
confezionamento, appariva destinata ad un uso non esclusivamente

2. Avverso l’indicata sentenza propone ricorso per cassazione il difensore
del Monaceila, articolando un unico motivo con cui lamenta violazione di
legge e vizio di motivazione (art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc.
pen., in relazione ai parametri segnati dagli artt. 99, 133 e 62 bis cod. pen.)

quanto all’applicazione della recidiva ed al diniego della concessione delle
circostanze attenuanti generiche.
Lamenta infatti la difesa come la recidiva sia stata applicata in difetto dei
presupposti di legge e nella inosservanza della costante giurisprudenza della
Cassazione, giusta la risalenza nel tempo dei precedenti, e come, ancora,
non sia stato accordato il pure richiesto beneficio delle attenuanti generiche.
La Corte dì appello non avrebbe valorizzato, in tal senso, l’intervenuta
ammissione dei fatti ad opera dell’imputato e non sarebbe comunque giunta
ad un intervento correttivo della pena, come quantificata in primo grado,
che rendesse la stessa rispettosa dei principi di ragionevolezza e congruità,
anche per la finalità rieducativa dalla medesima assolta, secondo previsione
costituzionale.

RITENUTO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. La sentenza della Corte territoriale debitamente valorizza i
precedenti specifici riportati dal prevenuto al fine di mantenere l’applicata
recidiva e non concedere il beneficio delle attenuanti generiche (art.

62 bis

cod. pen.).
L’indicato passaggio di motivazione non è fatto oggetto di ricorso che,
piuttosto, incongruamente argomentando dalla finalità rieducativa della
pena, si qualifica come inammissibile per aspecificità non confrontandosi,
per i portati contenuti, con la motivazione spesa nell’impugnato
provvedimento (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo; Sez. 4, n. 3750

2

personale.

4

del 02/12/1988, Calzolaio; in motivazione: Sez. 2, n. 36406 del
27/06/2012, Livrieri).
La Corte di appello ha comunque fatto applicazione, nel motivare in
punto di pericolosità dell’imputato, del principio per il quale, risultando la
recidiva dall’esercizio di un potere discrezionale — discrezionalità ancor più
connotata dall’intervento della Corte costituzionale del 23 luglio 2015, n.
185 sull’art. 99, comma quinto, cod. pen. — deve essere fornita adeguata
motivazione, con apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta

reo (Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, Gordyusheva).
1.2. Il motivo di ricorso resta inammissibilmente dedotto anche quanto
all’ulteriore profilo del censurato trattamento sanzionatorio.
Laddove la Corte territoriale ha infatti motivato sulla ritenuta
inapplicabilità delle attenuanti generiche debitamente, in tal senso,
sminuendo la confessione resa dal prevenuto in fase di convalida e
valorizzando i precedenti specifici, è vero come il ricorso introduca
argomenti che non si confrontano, ancora una volta, con la motivazione.

2. All’ inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa
delle ammende, che si reputa equo stimare in euro 1.000,00, in ragione
della ritenuta sanzionabilità dell’assunta iniziativa processuale, in quanto
colposamente connotata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

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