Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30299 del 12/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30299 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SELIMI OLTION N. IL 30/06/1988
avverso la sentenza n. 254/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
14/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
,..Qtri22) Lif/jta,_
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
f

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 12/06/2014

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza 14.6.2013 la Corte d’Appello di Venezia ha confermando la

condanna di Selimi Oltion, con le attenuanti generiche alla pena di anni tre e mesi
quattro di reclusione e C. 18.000,00 di multa per vendita di stupefacenti del tipo
cocaina, minaccia ed estorsione, rigettando, per quanto ancora interessa, la richiesta
difensiva volta ad ottenere il riconoscimento dell’attenuante del ravvedimento operoso di
cui all’art. 73 comma 7 DPR n. 309/1990.

dell’art. 73 comma VII DPR. N. 309/1990 e il vizio di motivazione sul mancato
riconoscimento della predetta attenuante osservando in particolare che mancano i
passaggi indispensabili per comprendere e verificare in qual modo sia stata assunta la
decisione; ricorda di avere ricostruito la propria vicenda riferendo esattamente il luogo
in cui aveva ricevuto lo stupefacente, il nome dei soggetti fornitori e le modalità della
cessione. Procede poi ad una serie di osservazioni di carattere teorico sulla natura della
attenuante.
Con altra censura denuncia l’inosservanza dell’art. 133 cp dolendosi della
motivazione sulla pena inflitta, a suo dire insoddisfacente. Secondo il ricorrente, la Corte
d’Appello di Venezia non ha minimamente dato conto di come abbia ritenuto congrua e
proporzionata la pena (non indifferente inflitta all’imputato). Svolge anche in tal caso
una serie di considerazioni di carattere teorico sulla applicabilità dei criteri di cui all’art.
133 cp.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1 II ricorso è manifestamente infondato sotto tutti i profili.
Quanto alla mancata concessione dell’attenuante del ravvedimento operoso di cui
all’art. 73, comma settimo, del d.P.R. n. 309 del 1990, secondo la giurisprudenza di
questa Corte, ai fini di detta attenuante speciale, che si colloca in uno spazio più
avanzato della mera collaborazione informativa, l’operosità da prendere in
considerazione è quella che consente la realizzazione di uno dei risultati concreti previsti
dalla citata norma e, specificamente, di interrompere la catena delittuosa in atto o di
colpire i mezzi di produzione delle attività criminali (cass. Sez. 6, Sentenza n. 37100 del
19/07/2012 Ud. dep. 26/09/2012 Rv. 253381; Sez. 6, Sentenza n. 20799 del
02/03/2010 Ud. dep. 03/06/2010 Rv. 247376).
Orbene, nella fattispecie, la Corte di merito a pag. 3 ha motivato il diniego
dell’attenuante rilevando che nonostante la piena confessione e la collaborazione con gli
inquirenti, non risultava dagli atti uno sviluppo investigativo ulteriore, evidenziando che
l’imputato non ha inteso fare i nomi dei suoi fornitori e quindi ravvisando in sostanza
l’assenza di prova della collaborazione nel senso richiesto dalla norma.
2 Per quel che riguarda la motivazione sulla quantificazione della pena, nel caso in
cui venga irrogata una pena prossima al minimo edittale, l’obbligo di motivazione del

2. L’imputato, tramite il difensore, ricorre per cassazione denunziando la violazione

giudice si attenua, talché è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena,
nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.(Sez. 2, Sentenza n.
28852 del 08/05/2013 Ud. dep. 08/07/2013 Rv. 256464; Sez. 4, Sentenza n. 21294 del
20/03/2013 Ud. dep. 17/05/2013 Rv. 256197). Ancora, si è affermato che nell’ipotesi in
cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il
giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod.pen.,
anche ove adoperi espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”,

33773 del 29/05/2007 Ud. dep. 03/09/2007 Rv. 237402).
La Corte veneta, nel caso in esame, nel valutare la censura dell’imputato, ha
ritenuto congrua la quantificazione operata dal primo giudice, rilevando che la pena base
era stata determinata in misura di poco superiore al minimo edittale solo con riferimento
alla pena pecuniaria.
Ha ritenuto altresì congruo anche l’aumento per la continuazione, tenuto conto del
valore dei beni, della ripetizione delle condotte e della personalità dell’imputato, recidivo
con un precedente specifico di poco precedente ai fatti contestati, desumendo da tale
elemento l’abitualità della condotta almeno in quel periodo e l’inserimento nei canali di
spaccio. Quanto ai dettagli sugli aumenti per la continuazione, la Corte d’Appello ha
ritenuto che un anno di reclusione ed C. 7.000,00 di multa è un aumento non eccessivo,
sempre tenendo conto della abitualità, in quanto comprensivo di sette cessioni di droga
(quantificate in mesi due e C. 300 di multa complessive), tre estorsioni (quantificabili in
mesi tre e C. 100 per ognuna) e del delitto di cui all’art. 611 cp, quantificabile in mesi
uno e C. 100.
Trattasi, come si vede, di una motivazione succinta, ma sicuramente idonea a dare
conto, senza salti logici, del percorso argomentativo seguito, che ha tenuto conto quanto al diniego della attenuante del ravvedimento operoso – della collaborazione
offerta in concreto e – quanto alla determinazione 1F’ cerett della pena – della gravità
del reato, oltre che della capacità a delinquere dell’imputato: la Corte di merito si è
dunque attenuta ai parametri di cui agli artt. 73 comma VII DPR n. 309/1990 e 133 cp e
pertanto la decisione si sottrae alla critica del ricorrente che invece, propone una
censura in fatto sul tipo di collaborazione offerta e sulle modalità di commissione del
reato, definite grossolane e sintomatiche di spessore criminale obiettivamente esiguo.
Del resto, il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene solo alla
coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo
logico argomentativo. Al giudice di legittimità è infatti preclusa – in sede di controllo sulla
motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti
(preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o
dotati di una migliore capacità esplicativa). Queste operazioni trasformerebbero infatti la

ovvero si richiami alla gravità del reato o alla personalità del reo (Sez. 3, Sentenza n.

Corte nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione
assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei
provvedimenti adottati dai giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente
acquiescenza) rispetti sempre uno standard minimo di intrinseca razionalità e di capacità
di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione
(cass. Sez. 6, Sentenza n. 9923 del 05/12/2011 Ud. dep. 14/03/2012 Rv. 252349).
Ancora, la giurisprudenza ha affermato che l’illogicità della motivazione per essere

risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere
limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e
considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente
confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano
spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (cass. Sez. 3, Sentenza
n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007; Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999,
24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12.6.2014.

apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da

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