Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30296 del 07/07/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30296 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: AGOSTINACCHIO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

CORSALETTI Gianni nato a Roma il 07/08/1976
DEL BROCCO FIORANI Manuele nato a Roma il 21/11/1988

avverso la sentenza in data 08/07/2014 della Corte di Appello di Roma
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Carmine Stabile, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentito il difensore del ricorrente Del Brocco, avv. Arturo Principe del foro di
Roma, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza dell’08/07/2014 la Corte di Appello di Roma confermava la
decisione emessa a seguito di giudizio abbreviato dal Gup presso il Tribunale di
Civitavecchia il 16/12/2013 con la quale Gianni Corsaletti e Manuele Del Brocco
Fiorani erano stati condannati alla pena di due anni, sei mesi di reclusione ed €
900,00 di multa ciascuno perché ritenuti responsabili del reato di estorsione
aggravata in concorso in danno di E. Bonaventura.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati,
tramite i rispettivi difensori di fiducia, sulla base di un unico e coincidente motivo

Data Udienza: 07/07/2016

attinente alla qualificazione dei fatti contestati, da effettuarsi ai sensi dell’art.393
cod. pen. e non già in termini di estorsione.
Il ricorso è inammissibile perché fondato su un motivo che si risolve nella
pedissequa reiterazione di quanto già dedotto in appello e motivatamente
disattesi dal giudice di merito, dovendosi lo stesso considerare non specifico ma
soltanto apparente, in quanto non assolve la funzione tipica di critica puntuale
avverso la sentenza oggetto di ricorso.

che induce ad escludere la qualificazione della condotta contestata nella
fattispecie dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni: 1) i ricorrenti erano
estranei al rapporto contrattuale sottostante la dedotta pretesa di pagamento, in
quanto hanno agito in qualità di esattori per riscuotere un debito che il
Bonaventura aveva nei confronti di un terzo creditore (Cass. sez. 2, sent. n.
45300 del 28/10/2015 – dep. 13/11/2015 – Rv. 264967); 2) la pretesa è stata
comunque esercitata violentemente, in modo del tutto esorbitante e pretestuoso
rispetto a quella vantata nella realtà (con minaccia di morte mediante utilizzo di
una pistola 44 Magnum – cfr. da ultimo Cass. sez. 2, sent. n. 8096 del
04/02/2016 – dep. 29/02/2016 – Rv. 266203).
Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento e ciascuno al versamento a favore della Cassa delle
Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di €
1.500,00 (millecinquecento) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno della somma di € 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso in Roma il giorno 7 luglio 2016.

La corte territoriale ha infatti correttamente evidenziato la duplice circostanza

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