Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30292 del 05/07/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30292 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Cuccui Marco (n. il 19/08/1974), avverso la sentenza
della Corte di Appello di Roma, III Sezione penale, in data 01/10/2015.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere Adriano
Iasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Ciro Angelillis, il
quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Udito l’Avvocato Fabio Antonio Cutrupi, quale difensore della P.C. Roscini Veicoli
Industriali s.p.a., che conclude chiedendo il rigetto del ricorso e deposita
conclusioni e nota spese.
Udito l’Avvocato Maria Gabriella Cetroni Ciraolo, difensore dell’imputato, che ha
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso del Cuccui.

OSSERVA:

Data Udienza: 05/07/2016

Con sentenza del 15/04/2013, il Tribunale di Roma dichiarò Cuccui Marco
responsabile del reato di truffa e lo condannò alla pena di anni 1 di reclusione ed
Euro 400,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte di appello
di Roma con sentenza in data 01/10/2015 confermò la sentenza di primo grado.
Ricorre per cassazione l’imputato deducendo: l’erronea qualificazione del
fatto come reato di truffa anziché quale semplice inadempimento contrattuale di

prescrizione del reato prima dell’emissione della sentenza di appello.
Il ricorrente conclude, pertanto, per l’annullamento dell’impugnata
sentenza.
motivi della decisione
1.

Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 591 lettera c) in

relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze (sono le
stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del necessario contenuto di
critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a
precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro
immuni da vizi logici o giuridici.
2.

Infatti, la Corte territoriale – dopo aver richiamato la condivisa,

esaustiva, logica e non contraddittoria sentenza di primo grado alle pagine da 2
a 4 – ha ben sottolineato le ragioni per le quali ritiene di confermare la sentenza
del Tribunale ed ha correttamente risposto a tutte le doglianze dell’imputato. In
particolare ha evidenziato tutte le prove dalle quali trae – con ragionamento
logico e non contraddittorio – la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di
truffa e in particolare la sussistenza dell’elemento psicologico del reato, oggetto
specifico della doglianza dell’appellante (si vedano le pagine 6 e 7 dell’impugnata
sentenza).
3.

Il ricorrente contrasta quanto sopra innanzi tutto non evidenziando

illogicità, contraddittorietà o carenze motivazionali della sentenza impugnata e,
poi, affermando in modo apodittico – sulla base di una sola circostanza tra le
tante esaminate dettagliatamente dai Giudici di merito e senza alcun
approfondimento e contestazione sulla valutazione di tale circostanza effettuata
dagli stessi giudici – che nel caso di specie si è in presenza di un fatto che
costituisce “un mero illecito civile”.
4.

La stessa identica criticità si riscontra nel motivo di ricorso

riguardante la ritenuta tardività della querela e l’accertamento dell’effettiva data
di commissione del reato. Infatti il ricorrente in poche righe ripropone gli stessi
argomenti ben affrontati nella sentenza impugnata e senza tener conto delle

esclusiva rilevanza civilistica; la tardività della querela; la intervenuta

ragioni – supportate anche da pertinenti richiami di consolidati principi di diritto
di questa Suprema Corte – che hanno portato la Corte di appello a ritenere
tempestiva la querela e il 30.06.2008 quale data effettiva del commesso reato
(si veda pagina 5 dell’impugnata sentenza).
5.

Quindi le censure del ricorrente non tengono conto delle

argomentazioni della Corte di appello (e del contenuto della richiamata sentenza
di primo grado). Inoltre, nel ricorso non si evidenzia alcuna manifesta illogicità o

volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi
di ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex
art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Si
veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv
230634).
6.

Infine, per quanto riguarda la prescrizione – che sarebbe maturata

prima della sentenza di appello – si deve rilevare che l’imputato non l’ha eccepita
nel grado di merito, né è stata rilevata dal quel giudice. La Corte di appello non
ha rilevato la prescrizione perché a pagina 5 della sua sentenza per valutare la
tempestività della querela ha correttamente individuato – citando anche
condivisa giurisprudenza di questa Corte di Cassazione sul punto – quale data
effettiva di commissione del reato il 30.06.2008. Si deve osservare, in proposito,
che nel capo di imputazione si indica – comunque – quale data di commissione
del fatto dal 26.10.2007 al 10.09.2008.
7.

Per quanto riguarda la genericità del ricorso sul punto si rinvia a

quanto sopra osservato in relazione alla doglianza relativa alla ritenuta
tempestività della querela. Si deve, infine, rilevare che dagli atti emerge con
chiarezza la data di commissione del reato (si veda ad esempio pagina 2 della
sentenza di primo grado dove si parla dell’assegno posto all’incasso il
30.06.2008 e non pagato perché protestato poichè

“denunciato smarrito con

traenza regolare”) e che nel capo di imputazione si indica – comunque – quale
data di commissione del fatto dal 26.10.2007 al 10.09.2008. L’imputato ha,
quindi, avuto modo di difendersi sul punto, tanto è vero che ha presentato
appello denunciando la tardività della querela (tardività, ovviamente, dipendente
dalla data di commissione del reato). La Corte di merito, come si è detto, ha,
invece, accertato la regolarità della querela rilevando, appunto, la corretta data
di consumazione del reato. L’imputato su tale questione ha, poi, presentato il
generico motivo di ricorso per Cassazione di cui si è sopra detto e, quindi, ha

contraddizione della motivazione. In proposito questa Corte Suprema ha più

potuto esplicare ulteriormente il suo diritto di difesa. In proposito questa Corte
ha affermato il principio che deve escludersi la violazione del principio di
correlazione tra accusa contestata e decisione adottata addirittura nel caso in cui
nell’imputazione risulti una data del commesso reato diversa da quella effettiva
(e, come sopra evidenziato, non è questo il caso in quanto la data del
30.06.2008 è compresa fra le due indicate nel capo di imputazione), a
condizione che dagli atti emerga il tempo di consumazione del reato e che
l’imputato abbia avuto modo di difendersi e di conoscere tutti i termini della

contestazione mossagli. (Sez. 2, Sentenza n. 17879 del 13/03/2014 Ud. – dep.
29/04/2014 – Rv. 260009). Ancora, la precisazione della data di commissione del
reato non costituisce modifica del capo di imputazione (si veda per la data di
consumazione del reato nel caso di specie, quanto sopra detto) quando non
tocca il nucleo sostanziale dell’addebito, così da non incidere sulla possibilità di
individuazione del fatto da parte dell’imputato e sul conseguente esercizio del
diritto di difesa (fattispecie in cui la Corte ha qualificato come correzione di
errore materiale la precisazione della data di commissione di un reato associativo
in ragione della sua natura permanente; Sez. 5, Sentenza n. 48727 del
13/10/2014 Ud. – dep. 24/11/2014 – Rv. 261229).
8.

Dunque la prescrizione è maturata in data 02.05.2016 (contando

anche i mesi 4 e giorni 3 di sospensione) e cioè dopo la pronuncia della sentenza
di secondo grado avvenuta il 01.10.2015 data alla quale bisogna fare riferimento
dovendosi dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Inammissibilità che non
consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto,
la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art.
129 cod. proc. pen. maturate, nel caso di specie, successivamente alla sentenza
impugnata con il ricorso (si veda fra le tante: Sez. 4, Sentenza n. 18641 del
20/01/2004 Ud. – dep. 22/04/2004 – Rv. 228349).
9.

Uniformandosi agli orientamenti di cui sopra, che il Collegio

condivide, va dichiarata inammissibile l’impugnazione.
10.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del

ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore
della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa
emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.500,00.
11.

Si condanna, inoltre, il Cuccui alla rifusione delle spese sostenute in

questo grado di giudizio dalla Parte Civile Roscini Veicoli Industriali s.p.a. che
liquida in Euro 2.650,00 oltre a spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA.

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4

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende,
nonché alla rifusione delle spese sostenute in questo grado di giudizio dalla Parte
Civile Roscini Veicoli Industriali s.p.a. che liquida in Euro 2.650,00 oltre a spese
generali nella misura del 15%, CPA e IVA.

Il Consigliere estensore
Adriano Iasillo
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Così deliberato in camera di consiglio, il 05/07/2016.

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