Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3029 del 04/11/2015
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3029 Anno 2016
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: BASSI ALESSANDRA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BB
TT
avverso la sentenza n. 1008/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
19/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
Udito, per la part vile, l’Avv
Data Udienza: 04/11/2015
RITENUTO IN FATTO
1. Con decisione del 19 dicembre 2013, in riforma della sentenza del
Tribunale di Bari del 13 ottobre 2011, la Corte d’appello pugliese, riqualificato il
fatto di cui al capo A) – da concussione in induzione indebita a dare o promettere
utilità ai sensi dell’art.
319-quater cod. pen. – e riconosciuta la circostanza
attenuante prevista dall’art. 323-bis cod. pen., ha rideterminato la pena inflitta a
BB e TT in anni uno e mesi quattro di reclusione
ciascuno, revocando la pena accessoria loro inflitta, mentre ha assolto entrambi
sub capo A), sia contestato agli imputati, agenti della Polizia di Stato, di avere
fermato ad un posto di controllo l’auto condotta da OO e, rilevate
due violazioni al codice della strada (per mancato uso delle cinture di sicurezza e
per omessa revisione del veicolo), di avergli prospettato la possibilità di
effettuare il pagamento immediato della contravvenzione con riduzione
dell’importo da pagare da 400 a 200 euro; di avere, quindi, consentito all’OO
– il quale non aveva con sé il denaro – di andare a casa a prendere il contante e
di avere, quindi, ricevuto il denaro (due banconote da 100 euro), comunicando al
medesimo che il verbale gli sarebbe stato successivamente inoltrato a casa, cosa
in effetti mai accaduta.
1.1. In risposta alle deduzioni mosse nell’atto d’appello con specifico
riguardo al reato di cui al capo A), il Collegio distrettuale ha evidenziato come le
dichiarazioni di OO siano caratterizzate da pertinenza logica e qualificate da
significativi elementi circostanziali nonché confermate dalle deposizioni dei testi
PP e CC, sebbene de relato, e dalla stessa ricostruzione dei fatti
fornita dagli imputati, che pure negavano di avere ricevuto del denaro. Nel
rispondere agli specifici rilievi addotti con l’impugnazione, la Corte ha escluso la
fondatezza dell’eccepita macchinazione delle accuse della persona offesa (legata
– ad avviso dell’appellante – ad antichi rancori del PP, collega degli
imputati nonché parente dell’OO) ed ha evidenziato le ragioni di
inattendibilità della versione difensiva resa dai due imputati a giustificazione
della mancata tempestiva redazione del verbale, rilevando come BB si
attivasse soltanto allorchè aveva compreso che il misfatto era venuto alla luce e
come le dichiarazioni degli imputati siano smentite da quanto più attendibilmente
dichiarato dalla loro dirigente Dott.ssa Bruno.
1.2. Tanto premesso, il Giudice d’appello ha ritenuto che il fatto sub capo
A), come ricostruito all’esito dell’istruttoria dibattimentale, debba essere
inquadrato nella nuova fattispecie di induzione indebita e, giusta l’assoluzione
gli imputati dalla concussione contestata al capo B). Mette conto rilevare come,
degli imputati dalla contestazione di cui al capo B), ha proceduto alla
rideterminazione della pena nei termini sopra delineati.
2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’Avv. Giovanni Aricò,
difensore di fiducia di BB e TT, e ne ha chiesto
l’annullamento per i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione
all’art. 192 cod. proc. pen., per avere la Corte d’appello riqualificato il fatto da
concussione ad induzione indebita senza considerare le conseguenze processuali
che la trasformazione di OO da teste a concorrente nel reato – ai
sensi del comma secondo dell’art.
319-quater cod. pen., avrebbe imposto
l’acquisizione di riscontri individualizzanti ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod.
proc. pen., non potendosi ritenere tali le dichiarazioni rese dai testi Petrafesa,
CC o Bruno in quanto de relato.
2.2. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione agli
artt. 192 e 533 cod. proc. pen., per avere la Corte confermato la condanna
dell’assistito nonostante la contraddittorietà e l’inattendibilità del narrato della
persona offesa, riproducendo nella sostanza il percorso argomentativo della
sentenza di primo grado ed omettendo, pertanto, di assolvere all’obbligo di
motivazione imposto al giudice di merito.
2.3. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione
all’art. 603 cod. proc. pen., per avere la Corte respinto l’istanza di rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale volta sentire il proprietario del negozio “Ottica
focus” (in ordine al funzionamento di una videocamera di sorveglianza esistente
presso l’esercizio commerciale posto in prossimità del luogo ove si svolgeva
l’incontro tra gli agenti e l’OO la mattina del 16 agosto 2008), sul
presupposto che la prova richiesta fosse superflua alla luce delle prove già
acquisite e, dunque, omettendo di considerare l’inutilizzabilità delle dichiarazioni
del coimputato OO in quanto prive di riscontri.
3. Nei motivi aggiunti depositati in Cancelleria in data 6 ottobre 2015, gli
Avv.ti Giovanni Aricò e Guido Calvi, a difesa di BB e TT, hanno
insistito affinché la sentenza impugnata sia cassata per violazione di legge
processuale in relazione all’art. 526 cod. proc. pen. e mancanza di motivazione,
per avere la Corte fondato la condanna sulla narrazione di OO non più persona offesa, ma concorrente nel reato (seppure non punibile) -, non
riscontrata dai contributi testimoniali di PP, CC e Bruno, in quanto de
relato proprio rispetto a quanto loro riferito dall’OO stesso.
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derivanti dal diverso inquadramento giuridico ed, in particolare, la circostanza
In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato
inammissibile, mentre gli Avv.ti Giovanni Arciò e Guido Calvi per BB e
TT hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato sotto ogni profilo sottoposto al vaglio di questa
Corte e va, pertanto, rigettato.
E’ destituito di fondamento il primo motivo con il quale i ricorrenti hanno
dedotto l’utilizzabilità delle dichiarazioni rese da OO, in quanto da
ritenere – giusta riqualificazione del fatto da concussione in induzione indebita rese da concorrente nel reato e, pertanto, da riscontrare ai sensi dell’art. 192,
comma 3, del codice di rito.
2.1. Sotto un primo aspetto, mette conto notare come, in virtù dell’art. 2,
primo comma, cod. pen. – alla stregua del quale “nessuno può essere punito per
un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva
reato” -, non sia revocabile in dubbio come OO non potrebbe mai
essere imputato ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 319-quater cod. pen., in
quanto, all’epoca in cui il reato de quo fu commesso, la condotta del terzo
indotto non era punita come reato. Ne discende che, giusta il principio del favor
rei precipitato nell’art. 2 del codice penale, Oliveri mai potrebbe mai potrebbe
essere incriminato e che, pertanto, ritualmente è stato sentito come testimone,
quale persona offesa del reato.
2.2. Sotto diverso aspetto, va posto in rilievo come la norma di cui all’art.
192 del codice di rito, analogamente a tutte le norme in tema di valutazione
della prova, abbia natura processuale ed, in quanto tale, sia soggetta alla regola
del tempus regit actum. Le dichiarazioni (come la denuncia) dell’OO sono
state raccolte antecedentemente all’entrata in vigore della legge n. 190 del
2012, in perfetta osservanza delle norme processuali vigenti all’epoca, e
legittimamente sono state valutate secondo le regole processuali applicabili in
tale momento. Il mutato quadro di diritto penale sostanziale – per di più
inapplicabile retroattivamente al dichiarante in quanto
in peius – non può
pertanto riverberare i propri effetti sulle regole di assunzione della prova, né,
dunque, incidere sulla utilizzabilità della stessa – invalidandola allorchè già
assunta in modo legittimo in osservanza delle norme processuali vigenti
all’epoca.
2.3. Ad ogni buon conto, la deduzione del ricorrente è errata anche laddove
nega dignità di riscontro individualizzante agli elementi valorizzati dai Giudici
della cognizione a convalida delle dichiarazioni dell’OO.
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2.
t
Ed invero, la circostanza che dichiarazioni di Petrafesa e Citarella siano de
relato non le rende di per sé inidonee a fungere da riscontro individualizzante:
secondo l’insegnamento di questo Giudice di legittimità, i necessari riscontri
individualizzanti alla chiamata in reità possono difatti essere offerti anche da
elementi di natura logica e da un’altra dichiarazione, sia pure de relato, purchè
sottoposta ad un pregnante vaglio critico e purchè consenta di collegare
l’imputato ai fatti a lui attribuiti dal chiamante in reità, non necessariamente con
specifico riferimento al frammento di fatto a cui quest’ultimo ha assistito (Sez. 1,
3.
Tanto premesso quanto alla rituale assunzione e valutazione delle
dichiarazioni di OO secondo le regole in tema di testimonianza, va
ribadito il principio affermato da questa Corte ha chiarito nel suo più ampio
consesso, alla stregua del quale l’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si
applica alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione,
della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo
racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto
a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Cass.
Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte ed altri, Rv. 253214).
3.1. Di tali principi ha fatto corretta applicazione il Collegio di merito, là
dove ha puntualmente argomentato in ordine alla credibilità intrinseca e,
sopratutto, estrinseca delle dichiarazioni di OO, elencando i plurimi elementi
esterni a conferma della affidabilità delle dichiarazioni – seppure non necessari
per quanto testè detto -, costituiti sia dalle dichiarazioni di altre persone
informate dei fatti, sia dalle dichiarazioni degli stessi imputati, stimate
contraddittorie ed implausibili, con considerazioni immuni da vizi logici ictu ocull
percepibili.
4. Manifestamente infondato è il secondo motivo con il quale i ricorrenti
denunciano la violazione dell’obbligo di motivazione, evidenziando che la Corte
d’appello si è limitata a replicare le argomentazioni già sviluppate dal primo
giudice.
La doglianza si appalesa invero del tutto generica, dal momento ricalca
pedissequamente le censure già mosse in sede di appello e, soprattutto, non si
confronta con le risposte, circostanziate e congruamente argomentate, del
Giudice territoriale (v. pagine 5 e seguenti della sentenza in verifica). Il che,
secondo i consolidati principi espressi da questa Corte, riverbera in termini di
inammissibilità, atteso che i motivi costituenti mera replica di quelli già dedotti in
appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito non possono ritenersi
1560 del 21/11/2006 – dep. 19/01/2007, P.G. in proc. Missi, Rv. 235801).
specifici, ma risultano soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la
tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso
(Cass. Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838).
5. Parimenti priva di qualunque fondamento è anche l’eccepita violazione di
legge processuale e vizio di motivazione in relazione all’art. 603 cod. proc. pen.
5.1. Giova premettere come, alla stregua del chiaro disposto dell’art. 603,
commi 1 e 2, cod. proc. pen., l’assunzione di nuove prove in appello sia
subordinata alla valutazione del giudicante di non essere in grado di decidere allo
giudizio di primo grado, nel quale caso il giudice dispone la rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall’art. 495 comma 1.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, la rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale ai sensi dell’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., è
subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale ed alla
conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti
senza una rinnovazione istruttoria, accertamento rimesso alla valutazione del
giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata
(Cass. Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, Rv. 229666). Ancora, in tema di
rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, mentre la decisione di
procedere a rinnovazione deve essere specificatamente motivata, occorrendo dar
conto dell’uso del potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza
della rilevanza dell’acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la
decisione può essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa
struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la
sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in ordine alla
responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il
dibattimento (Cass. Sez. 6, n.5782 del 18/12/2006, Rv. 236064).
5.2. Di tali coordinate ermeneutiche ha tenuto conto la Corte territoriale là
dove ha respinto la richiesta di assumere la testimonianza del proprietario del
negozio “Ottica focus” (in ordine al funzionamento di una videocamera di
sorveglianza esistente presso l’esercizio commerciale posto in prossimità del
luogo ove si svolgeva l’incontro tra gli agenti e l’OO), dando atto – con ampia
e puntuale motivazione – della superfluità della rinnovazione istruttoria richiesta
alla luce delle prove già assunte nel giudizio di primo grado (v. pagine 12 e 13
della sentenza), prove da ritenere ritualmente acquisite ed utilizzabili per le
ragioni già sopra espresse sub paragrafo 3.
6. Dal rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento.
stato degli atti, salvo che non si tratti di prove sopravvenute o scoperte dopo il
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 4 novembre 2015
Il Presidente
Il consigliere estensore