Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30281 del 28/06/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30281 Anno 2016
Presidente: PRESTIPINO ANTONIO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Messero Fabio, nato a Verona il 03/01/1965

avverso la sentenza del 7/11/2014 della Corte di Appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Marco Maria Alma;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 7 novembre 2014 la Corte di Appello di Venezia, in
parziale riforma della sentenza del Tribunale di Verona del 2 novembre 2007, ha
dichiarato non doversi procedere nei confronti di Fabio Messeri in ordine al
contestato reato di truffa perché estinto per prescrizione, mentre ha confermato
la condanna del medesimo imputato in relazione all’ulteriore reato di ricettazione
di un assegno bancario provento di furto ai danni di Daniele Merlin, procedendo
alla conseguente rideterminazione della pena irrogata in termini ritenuti di
giustizia.

Data Udienza: 28/06/2016

I fatti-reato risalgono ad epoca ricompresa tra il 10 ed il 17 settembre 2004
ed all’imputato risulta essere stata contestata (e ritenuta) la recidiva specifica
reiterata.

2. Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore
dell’imputato, deducendo:
2.1. Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. con
riferimento al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art.

Rileva parte ricorrente che la Corte di appello non avrebbe tenuto al
riguardo in debito conto l’importo dell’assegno oltre che la motivazione della
commissione del reato in relazione alle condizioni sociali dell’imputato ed alle
disagiate condizioni economiche dello stesso che lo spinsero a commettere il
fatto.
2.2. Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in
relazione agli artt. 420-ter e 178, lett. c), cod. proc. pen. in relazione al mancato
rinvio dell’udienza innanzi al Tribunale del 2 novembre 2007 a seguito di
segnalato impedimento a comparire dell’imputato che non fu preso in
considerazione dal Giudice in quanto sottoposto all’attenzione dello stesso ad
udienza già celebrata.
2.3. Vizi di motivazione della sentenza impugnata ex art. 606, comma 1,
lett. e), cod. proc. pen. non solo in punto di qualificazione del fatto-reato ma
anche in relazione alla quantificazione della pena, non essendosi asseritamente
tenuto conto delle modalità concrete di compilazione e di consegna dell’assegno
alla persona offesa a nome proprio dell’imputato e delle miserrime condizioni
socio-economiche del reo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello nel negare all’imputato il riconoscimento della invocata
circostanza attenuante di cui all’art. 648, comma 2, cod. pen. ha evidenziato non
solo l’importo dell’assegno dallo stesso utilizzato ma anche i numerosi e specifici
precedenti penali del Messero tali da portare a ritenere che la condotta dello
stesso rientrasse in un negativo stile di vita del prevenuto con conseguente
negativo giudizio in ordine alla sua personalità.
La decisione sul punto, oltre che congruamente motivata, risponde ai
principi di diritto delineati nella giurisprudenza di legittimità, laddove si è
evidenziato che «in tema di ricettazione, il valore del bene è un elemento
concorrente solo in via sussidiaria ai fini della valutazione dell’attenuante
2

648, comma 2, cod. pen.

speciale della particolare tenuità del fatto, nel senso che, se esso non è
particolarmente lieve, deve sempre escludersi la tenuità del fatto, mentre se è
accertata la lieve consistenza economica del bene ricettato, può procedersi alla
verifica della sussistenza degli ulteriori elementi, desumibili dall’art. 133 cod.
pen., che consentono di configurare l’attenuante “de qua”, e che va, al contrario,
esclusa quando emergano elementi negativi, sia sotto il profilo strettamente
obbiettivo (quale l’entità del profitto), sia sotto il profilo soggettivo della capacità
a delinquere dell’agente» (Sez. 2, n. 51818 del 06/12/2013, Brunetti, Rv.

ricettazione, va desunta da una complessiva valutazione del fatto, il quale,
avendo riguardo sia alle modalità dell’azione, sia alla personalità dell’imputato,
sia al valore economico della “res” ricettata, deve evidenziare una rilevanza
criminosa assolutamente marginale». (Nella specie, la S.C. ha escluso che fosse
possibile riconoscere tali connotazioni alla ricettazione di un assegno di importo
non trascurabile, anche in considerazione dello specifico “modus operandi”
dell’imputato). (Sez. 2, n. 32832 del 09/05/2007, Ferrari, Rv. 237696).

2. Anche il secondo motivo di ricorso, oltre che del tutto generico, è
manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.
Al di là del fatto che il motivo ricorso non rispetta il principio
dell’autosufficienza del ricorso per cassazione non essendo state in alcun modo
documentate alla Corte le circostanze indicate nel motivo stesso e neppure quale
sarebbe stata la causa del legittimo impedimento a comparire dell’imputato ed al
di là del fatto che anche nei motivi di appello la questione era stata posta in
modo del tutto generico (e quindi ex sé inammissibile), va detto che è la stessa
parte ricorrente a dare atto che l’istanza di rinvio dell’udienza fu “inviata” e non
“depositata” nella cancelleria del giudice (come impone l’art. 121, comma 1, cod.
proc. pen.) e del fatto che la stessa non fu presa in esame dal Tribunale in
quanto allo stesso non sottoposta prima della celebrazione dell’udienza.
In ogni caso la Corte di appello – contrariamente a quanto affermato dalla
parte ricorrente – ha motivato in ordine alla questione processuale evidenziando
che dall’esame degli atti del procedimento risulta che la sola richiesta di rinvio
per legittimo impedimento dell’imputato era stata accolta dal Tribunale, mentre
la successiva assenza del Messero ad altra udienza era stata dall’imputato solo
giustificata senza accompagnarla con richieste di rinvio.
Come detto, parte ricorrente non ha in alcun modo documentato che quanto
affermato dalla Corte di appello non è corretto.

3

258118) e, ancora, che «la “particolare tenuità”, che attenua il delitto di

3. Del tutto generico e, quindi, inammissibile è, infine il terzo motivo di
ricorso.
La sentenza impugnata risulta congruamente motivata proprio sotto i profili
necessari per l’affermazione della penale responsabilità del ricorrente. Inoltre
detta motivazione, non è certo apparente, né “manifestamente” illogica e
tantomeno contraddittoria.
La difesa del ricorrente (che non nega che il Messero abbia avuto la
disponibilità dell’assegno di provenienza furtiva) fa riferimento alle “modalità di

avrebbero potuto assumere rilevanza in ordine al reato di truffa (come detto
dichiarato estinto per prescrizione) ma non certo al ben differente reato di
ricettazione per il quale unico si procede in questa sede. Quelli evidenziati dalla
difesa sono pertanto elementi del tutto inconferenti ai fini del decidere.
Quanto, poi, alle miserrime condizioni socio-economiche del reo, le stesse
sono semplicemente affermate nel ricorso in modo apodittico e non sono state
altrimenti documentate all’odierno Collegio e, comunque, le stesse non hanno
incidenza sulla qualificazione del fatto-reato.
Quanto, infine, alla determinazione della pena, la doglianza è totalmente
aspecifica oltre che infondata atteso che all’imputato è stato irrogato il minimo
della pena detentiva mentre la pena pecuniaria è stata irrogata in misura
addirittura inferiore al minimo edittale.

4. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta
equa di C 1.500,00 (millecinquecento) a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 alla Cassa delle ammende.

compilazione e di consegna dell’assegno alla persona offesa” che, a dir del vero,

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