Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30280 del 03/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30280 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Buono Maria Grazia, n. a Barano d’Ischia il 19/10/1948;

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli in data 25/09/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale F. Baldi, che ha concluso per l’inammissibilità;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 25/09/2013 la Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma
della sentenza del Tribunale di Napoli, dichiarando non doversi procedere per i
reati di cui ai capi a) e b) contestatile, ha confermato la condanna di Buono
Maria Grazia per il reato di cui agli artt. 81 e 349 c.p., rideterminando la pena in
mesi quattro di reclusione ed euro 4.000 di multa.

2. Ha presentato ricorso l’imputata che, con un primo motivo, lamenta la illogica,
contraddittoria e insufficiente motivazione in punto di affermazione di

Data Udienza: 03/06/2014

responsabilità, non potendo pretendersi che i testi Dama e Buono indicassero
con precisione l’esatto giorno dell’apposizione dei sigilli, essendo invece credibile
e verosimile che essi ricordassero lo stato dei luoghi all’atto del primo accesso
della Polizia Municipale.

3. Con un secondo motivo, sempre lamentando un vizio motivazionale, ha

sigillato non l’intero edificio ma solo la copertura dell’ultimo livello costituente il
lastrico solare sicché i lavori potevano continuare all’interno della costruzione.

4. Con un terzo motivo lamenta essersi il reato in ogni caso prescritto, con la
concessione delle circostanze attenuanti (non meglio definite) il 05/05/2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso è inammissibile.
La sentenza impugnata ha affermato che i verbali di sequestro dell’11/03/2006 e
del 05/12/2006 dimostrano la realizzazione, il primo, delle opere abusive da
parte dell’imputata e, il secondo (ciò che rileva in particolare con riguardo al
reato di violazione di sigilli per cui vi è stata la conferma, in appello, della
sentenza di condanna), la prosecuzione delle opere successivamente
all’apposizione dei sigilli.
A fronte di tale motivazione, di per sé sufficiente a far ritenere che i giudici di
appello abbiano preso cognizione e valutato in maniera logica gli esiti probatori
del giudizio di primo grado, la ricorrente, lungi dal censurare specificamente la
linearità o esaustività della stessa, ha proposto, con i primi due motivi, rilievi
inammissibili perché eccentrici rispetto al piano di sindacato consentito a questa
Corte.
Con il primo motivo ha infatti censurato il giudizio di inattendibilità di due
testimoni (tali Dama e Buono) già dato dal Tribunale pretendendo
inammissibilmente una valutazione di credibilità dei medesimi fondata su criteri
di maggiore verosimiglianza, senza che sia neppure chiarito, peraltro, in quale
modo una tale diversa lettura potrebbe condurre a diversi approdi rispetto al
contenuto del verbale del 05/12/2006 di cui sopra; con il secondo motivo ha poi
introdotto questioni puramente fattuali, neppure svolte con l’atto di appello,

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evidenziato non avere la Corte tenuto conto del fatto che il 05/05/2006 venne

rappresentate dalla pretesa sottoposizione a sequestro non dell’intero edificio ma
solo dell’ultimo livello di esso.

6. Il terzo motivo è anch’esso inammissibile perché manifestamente infondato
non essendo ancora maturato il termine di prescrizione, peraltro non produttivo
di effetto alcuno ove, in presenza di motivi inammissibili, la data di maturazione

Sez. U., n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266); detto termine verrà infatti
a scadere in data 11/06/2014 (ovvero alla scadenza del termine di anni sette e
mesi sei a decorrere dal 05/12/2006, cui vanno aggiunti giorni sei per effetto
della sospensione dal 04/11 al 10/11/2009 per adesione del difensore
all’astensione dalle udienze).

7.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della
Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 3 giugno 2014

Il Presidente

sia quanto meno successiva alla data di pronuncia della sentenza di appello (cfr.

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