Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30276 del 03/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30276 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : De Micheli Rocco, n. a Casarano il 01/01/1942;
De Micheli Giorgina, n. Matino il 04/01/1947

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce in data 13/04/2011;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale F. Baldi, che ha concluso per il rigetto;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13/04/2011 la Corte d’Appello di Lecce ha confermato la
sentenza del Tribunale di Lecce di condanna di De Micheli Rocco e Accogli
Giorgina per il reato di cui all’art. 44 lett. b) del d.P.R. n. 380 del 2001 in
relazione alla realizzazione, in assenza di permesso di costruire, di varie opere,
tra cui un tamponamento di nove pilastri, e tre setti murari allo stato rustico, su
immobile preesistente.

Data Udienza: 03/06/2014

2. Hanno interposto ricorso entrambi gli imputati.
Con un primo motivo deducono la violazione della legge penale con riferimento ai
criteri di identificazione della responsabilità del proprietario del suolo per le
costruzioni illecite ivi edificate ed illogicità e contraddittorietà della motivazione
relativamente a tale profilo.
In particolare, pur avendo la Corte territoriale ritenuto necessaria, a conforto

elementi di fatto, non li ha poi in concreto individuati, finendo per fondare la
responsabilità dei ricorrenti sulla sola circostanza della proprietà del suolo. Né
potrebbe essere risolutivo il riferimento, operato in sentenza, al comune
interesse all’edificazione per soddisfare esigenze familiari, dovendo lo stesso
essere oggetto di specifico e concreto accertamento, nella specie mai effettuato.
Contesta come parimenti non valorizzabile il riferimento alla inattività dimostrata
nel corso di giudizio dai ricorrenti e in particolare all’assenza dell’apporto di alcun
utile elemento finalizzato ad una ricostruzione alternativa della vicenda, venendo
con ciò sostanzialmente ad invertirsi inammissibilmente l’onere della prova.

3. Con un secondo motivo lamentano la mancanza di motivazione in relazione
alle censure dei motivi di appello riguardanti la prescrizione del reato contestato,
osservando come con l’atto di appello si erano evidenziate le dichiarazioni del
teste De Matteis di non essere in grado di collocare temporalmente l’esecuzione
dei lavori, a fronte di edificio munito di intonaci, infissi, impianti e
pavimentazione, e la presenza nel luogo dell’edificio di una impalcatura,
posizionata in prossimità della casa.

4. Con un terzo motivo lamentano la mancata esposizione delle ragioni in punto
di trattamento sanzionatorio irrogato e di mancata concessione della sospensione
condizionale della pena nei confronti di De Micheli, quanto al primo profilo non
venendo fornito alcun puntuale riferimento, salvo un fugace riferimento alla
concreta entità dell’illecito realizzato, e, quanto al secondo, venendo omessa
alcuna motivazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Quanto al primo motivo di ricorso, la motivazione della sentenza impugnata
appare avere valorizzato, in senso determinante ai fini della responsabilità degli
imputati, non già la sola qualità dei medesimi di proprietari dell’area interessata,
di per sé sola, alla luce della giurisprudenza di questa Corte, non sufficiente, ma,
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della responsabilità del proprietario del terreno, la sussistenza di ulteriori

quali ulteriori elementi sintomatici di uno specifico collegamento con le opere,
l’intervenuto rilascio, in favore di Accogli Giorgina, di concessione edilizia per la
costruzione dell’abitazione al primo piano, e l’utilizzazione, da parte di De Micheli
Rocco, dei tre setti murari allo stato rustico con copertura in laminati quale
deposito di materiale per la propria attività lavorativa; di contro, le doglianze dei
ricorrenti si sono concentrate su aspetti marginali della motivazione, quale la

criticamente i punti specifici appena ricordati. Il motivo è pertanto
manifestamente infondato.

6. Il secondo motivo è anch’esso inammissibile, posto che, anche a volere
astrarre dalla natura fattuale delle questioni introdotte per il tramite di una
pretesa non corretta lettura delle dichiarazioni del teste De Matteis, il quale,
stando alla sentenza, ha comunque riferito, in contrasto con le prospettazioni del
ricorso, che all’atto del sopralluogo non erano presenti gli impianti idrici e che il
pavimento era in cemento industriale, la Corte territoriale ha richiamato le
osservazioni del Tribunale del tutto idonee ad escludere la invocata maturazione
del termine prescrizionale. Infatti, già i giudici di primo grado avevano
evidenziato che, al momento del sopralluogo della polizia municipale in data
05/05/2007, le opere in oggetto non erano affatto terminate, atteso che il vano
deposito era ancora allo stato rustico e i lavori di rifinitura erano in fase di piena
realizzazione. Come già più volte chiarito da questa Corte, in tema di reati edilizi,
l’ultimazione dei lavori coincide invero con la conclusione dei lavori di rifinitura
interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi (Sez. 3, n. 39733 del 18/10/2011,
Ventura, Rv. 251424). Di qui, dunque, la decorrenza della prescrizione
quinquennale, non ancora maturata, dal 17/12/2009 quale data della sentenza di
primo grado integrante, in mancanza di sequestro, momento comunque
interruttivo della permanenza del reato ancora in essere, come visto, al
momento del sopralluogo.
7. Sul terzo motivo, inammissibile la doglianza relativa alla omessa motivazione
in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena,
non sollevata infatti con l’atto di appello, va per il resto osservato che, a fronte
della dedotta mera “gravosità” della pena irrogata, la motivazione della sentenza
impugnata, nel ritenere congrua, in conformità alla valutazione già effettuata dal
Tribunale sulla base dei parametri di cui all’art. 133 c.p., la pena di mesi tre di
arresto ed euro 30.000 di ammenda a fronte dell’entità dei lavori in oggetto,
appare avere fatto corretta applicazione dei principi di questa Corte; va infatti
ribadito che ove venga irrogata una pena prossima al minimo edittale, l’obbligo
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mancata allegazione di elementi favorevoli da parte dei ricorrenti senza investire

di motivazione del giudice si attenua, sicché è sufficiente il richiamo al criterio di
adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 c.
p. (tra le tante, Sez.3, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi e altro, Rv. 256464).
8. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 3 giugno 2014

Il Corsi. ere est.

Il Presidente

P.Q.M.

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