Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30269 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30269 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– MBARKI MOHAMMED ALI, n. 30/04/1979 in TUNISIA

avverso la sentenza della Corte d’appello di PERUGIA in data 21/12/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. V. D’Ambrosio, che ha chiesto l’annullamento con rinvio,
limitatamente alla pena e rigetto nel resto;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. D. Paccoi – non comparsa;

Data Udienza: 15/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. MBARKI MOHAMMED ALI ha proposto ricorso, personalmente, avverso la
sentenza della Corte d’appello di PERUGIA, emessa in data 21/12/2012,
depositata in data 28/12/2012, con cui è stata confermata la sentenza del GUP
del Tribunale di PERUGIA del 6/11/2008, che, in esito al giudizio abbreviato

1.800,00 di multa, per illecita detenzione di circa gr. 23 di marijuana,
riconosciuta l’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73, TU Stup.

2. Con il ricorso viene dedotto un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con tale motivo, la nullità della sentenza per erronea applicazione
della legge penale e per vizio di motivazione con riferimento all’applicazione degli
artt. 125 c.p.p., 133 e 62 bis c.p.
In sintesi, la Corte territoriale avrebbe disatteso il motivo di appello con cui si il
ricorrente doleva dell’eccessivo trattamento sanzionatorio, per essere stata
inflitta una pena eccessiva, atteso che, alla luce della marginale incidenza sociale
del fatto-reato ascritto al ricorrente, la pena avrebbe dovuto essere determinata
muovendo dal minimo edittale con la concessione delle attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.

4.

Ed invero, quanto al trattamento sanzionatorio, il giudice di merito,

nell’effettuare il calcolo della pena, aveva già considerato la pena prevista
dall’art. 73, comma 5, T.U. Stup. nella versione antecedente alle modifiche
introdotte dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49 (reclusione da 1 a 6 anni e multa da C
3.000 ad C 26.000); in ragione di quanto sopra non può nemmeno ritenersi
attivabile il petere officioso di questa Corte ex art. 609 c.p.p., attesa la assoluta
legalità della pena inflitta, attestandosi la pena base in misura assai prossima al
minimo edittale (mesi 8 di reclusione ed C 1.800 di multa).
Ed infatti, è stato più volte affermato da questa Corte che la determinazione
della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del
giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura
2

richiesto, condannava il ricorrente alla pena di 6 mesi di reclusione ed C

media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si
sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono
impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 21294 del
20/03/2013 – dep. 17/05/2013, Serratore, Rv. 256197).

5. Quanto, poi, alla doglianza mossa con riferimento al mancato riconoscimento
delle attenuanti generiche, la motivazione dell’impugnata sentenza appare

concedibilità non solo perché il ricorrente risulta soggetto aduso all’utilizzo di
false generalità, ma anche in ragione di due precedenti specifici anche se relativi
a fatti commessi successivamente a quello per cui si procede, ma che i giudici di
appello hanno ritenuto ostativi al riconoscimento delle invocate attenuanti, in
quanto detti precedenti disvelano il carattere strutturato e non occasionale
dell’episodio, oltre tutto qualificato come non modesto, in ragione delle dosi di
stupefacente ricavabili della droga recuperata, elementi che la Corte d’appello
ritiene assumano valore assorbente rispetto ad ogni altra considerazione
formulata nell’atto di appello.
Trattasi di motivazione adeguata e sufficiente ad escludere la sussistenza del
dedotto vizio, atteso che, come già affermato in precedenza da questa Corte, la
sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è
oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione
fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile
in sede di legittimità, purchè non contraddittoria e congruamente motivata,
neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi
fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n. 42688 del
24/09/2008 – dep. 14/11/2008, Caridi e altri, Rv. 242419).

6.

Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile. Segue, a norma

dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima
equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
3

assolutamente adeguata, atteso che la Corte territoriale ne ha escluso la loro

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2014

Il Presidente

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