Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30267 del 08/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 30267 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Acerbis Francesco

nato il 23.2.1973

avverso la sentenza del 16.4.2013
della Corte di Appello di Brescia
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G.,dr.Fulvio Baldi, che ha chiesto
il rigetto del ricorso
sentito il difensore, avv. Ignazio Paris, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso

Data Udienza: 08/05/2014

1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 16.4.2013, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Bergamo, in composizione monocratica, emessa in data 3.5.2012,
con la quale Acerbis Francesco, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche,
era stato condannato per il reato di cui agli artt.81 cpv, c.p. e 10 quater D.L.vo n.74/2000
(“perché nella qualità di legale rappresentante della “Acerbis Falegnameria srl”, al fine di
evasione fiscale, non versava somme dovute, rispettivamente, per un ammontare complessivo
di euro 90.274,73 per l’anno 2005 e di euro 72.014,70 per l’anno 2006, utilizzando in
compensazione crediti non spettanti o inesistenti) riduceva la pena inflitta in primo grado a
mesi 10 di reclusione.
Quanto all’asserita violazione del diritto di difesa (per la procedura seguita in sede di
accertamento fiscale) assumeva la Corte territoriale che si trattava di deduzione inammissibile
dal momento che la garanzia del contraddittorio era stata pienamente osservata nel
dibattimento dove si era formata la prova.
In relazione al merito, rilevava la Corte distrettuale, sulla base della testimonianza del
funzionario dell’Agenzia delle Entrate, che dalle stesse dichiarazioni fiscali presentate
dall’imputato emergeva che doveva essere versata Viva riportata nell’imputazione, non
potendosi tener conto dei crediti portati in compensazione perché non spettanti.
A tale ipotesi accusatoria la difesa non aveva opposto alcuna prospettazione alternativa; né
certamente l’iva dovuta per l’anno 2006 poteva essere compensata con quella relativa all’anno
2007, prevedendo l’art.17 D.L.vo 241/97, nel caso di compensazione cd.orizzontale che le
imposte si riferiscano allo stesso periodo.
Inoltre la compensazione in verticale riguardava iva pagata dopo la scadenza del termine per
la dichiarazione 2006, vale a dire il 30.10.2007 (la fattura prodotta dalla difesa era datata
infatti 31.12.2007).
Né infine era applicabile i principio di specialità di cui all’art.19 D.L.vo 74/2000 tra il reato di
indebita compensazione e l’illecito amministrativo di cui all’art.27 comma 18 D.L.185/2008,
riguardando l’illecito amministrativo il solo utilizzo in compensazione di crediti inesistenti,
mentre la fattispecie penale, invece, concerne l’omesso versamento dell’imposta dovuta.
2. Ricorre per cassazione Acerbis Francesco, a mezzo del difensore, denunciando la mancanza
e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla ritenuta insussistenza della violazione
del diritto di difesa.
Tale violazione si era verificata nella fase di accertamento del reato (l’Acerbis non era stato
mai interpellato, avendo il funzionario, in sede di verifica fiscale, interloquito con il
commercialista depositarlo delle scritture contabili, ed impedendo così ogni possibilità di
replica o contestazione). La violazione in questione si era verificata anche in giudizio in quanto
la prova del reato era stata desunta dalla mancanza di dichiarazioni da parte del
commercialista (soggetto privo di delega), del quale per di più era stata rigettata la richiesta di
escussione, avanzata ex art.507 c.p.p., perché superflua.
Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale e la
mancata applicazione dell’art.17 D.L.vo 241/97,
La suprema Corte, 3 sez. pen., con la sentenza 11.11.2010 n.42642, non ha certamente
escluso che l’istituto della compensazione possa trovare applicazione in relazione a tributi
della stessa specie, avendo l’art.17 D.L.vo 241/97 soltanto allargato il perimetro delle ipotesi di
compensazione fiscale estendendolo dalla verticale a quella orizzontale. La norma quindi può
applicarsi anche alla “detrazione di imposta da imposta”.
Il ricorrente ha portato in compensazione la fattura in data 31.12.2007 con riva dovuta per il
2006 e tale compensazione è stata effettuata nei tempi previsti per legge, come affermato
dal funzionario sentito come teste. Trovava quindi applicazione l’art.17 cit.
Con il terzo motivo denuncia l’inosservanza e/o erronea applicazione dell’art.27 D.L.185/2008.
Nel caso di specie non poteva certamente parlarsi di crediti inesistenti, risultando dalla fattura
un credito di imposta per l’anno 2006. Ricorreva, pertanto, l’illecito amministrativo di cui
all’art.27 cit.

2

RITENUTO IN FATTO

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1. In ordine all’omessa escussione del commercialista Di Caterina, non c’è dubbio che in un
sistema processuale come quello vigente, caratterizzato dalla dialettica delle parti, alle quali
compete l’onere di allegare le prove a sostegno delle rispettive richieste, il giudice debba
limitarsi a valutare soprattutto la pertinenza della prova al thema decidendum. Ogni diversa
valutazione, collegata alla attendibilità della prova e quindi al “risultato” della stessa, esula dai
poteri del giudice (l’art.190 prevede invero che le prove sono ammesse a richiesta di parte) e
finirebbe per espropriare le parti del diritto alla prova. Tale diritto non è, però, “assoluto”,
ponendo lo stesso legislatore dei limiti: il giudice è tenuto infatti ad escludere le prove vietate
dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti (art.190 comma 1
cod.proc.pen.). Tali principi sono stati reiteratamente ribaditi dalla giurisprudenza di questa
Corte secondo cui “il diritto all’ammissione della prova indicata a discarico sui fatti costituenti
oggetto della prova a carico, che l’art.495 comma secondo cod.proc.pen. riconosce
all’imputato incontra limiti precisi nell’ordinamento processuale, secondo il disposto degli
artt.188,189, 190 cod.proc.pen. e, pertanto, deve armonizzarsi con il potere-dovere, attribuito
al giudice del dibattimento, di valutare la liceità e la rilevanza della prova richiesta, ancorchè
definita decisiva dalla parte, onde escludere quelle vietate dalla legge e quelle manifestamente
superflue o irrilevanti” (cfr.Cass.pen.sez. 2 n.2350 del 21.12.2004).
2.1.1. Secondo la stessa prospettazione difensiva la richiesta di escussione del teste non era
stata avanzata ai sensi dell’art.495 c.p.p., ma nel dibattimento di primo grado ex art.507
c.p.p. (dr. pag. 6 ricorso). Era stato, quindi, soltanto sollecitato l’esercizio dei poteri officiosi,
di cui il Tribunale non ha inteso avvalersi, risultando la prova del reato, in modo
assolutamente non contestabile, dalle emergenze probatorie già acquisite.
Per di più con i motivi di appello non era stata effettuata alcuna deduzione in proposito; né era
stata avanzata richiesta di rinnovazione parziale del dibattimento.
3. La prova del reato, poi, non è stata certo desunta dal comportamento del commercialista Di
Caterina che, in sede di operazioni di controllo, dichiarava di non avere “nulla da osservare”
(pag.4 ricorso).
La Corte territoriale ha, invero, fondato l’affermazione di responsabilità sulle dichiarazioni, rese
in dibattimento, dal funzionario dell’Agenzia delle entrate il quale aveva riferito che dalle
stesse dichiarazioni fiscali presentate dall’imputato emergeva che per gli anni 2005 e 2006
erano dovute imposte (in particolare l’IVA), che, invece, non venivano versate per essere
stati portati in compensazione crediti non spettanti.
Per l’anno 2005 il credito Iva disponibile dell’anno precedente risultava pari ad euro
11.176,00, mentre nella dichiarazione era stato portato in riduzione un credito IVA pari ad
euro 101.450,73 che non trovava giustificazione alcuna nella documentazione contabile ed in
particolare nelle fatture. Vi era stata quindi una indebita compensazione che aveva
determinato l’omesso versamento IVA pari ad euro 90.274,00.
Per l’anno 2006 il credito IVA disponibile, residuo dell’anno precedente, era pari ad euro
41.468,00 mentre era stato portato in detrazione un credito pari ad euro 113.482,70 che non
trovava giustificazione nella documentazione contabile, per cui vi era stato un minor
versamento di IVA pari ad euro 72.014,00.
3.1. Il ricorrente, invece, di contestare specificamente tali argomentazioni, si limita a ribadire
genericamente che l’iva dovuta per l’anno 2006 doveva essere compensata con il credito iva
per l’anno 2007 (per l’anno 2005 quindi non vi è alcuna deduzione).
E’ vero che, con la sentenza n.42462 dell’11.11.2010, questa Sezione ha affermato il
principio che il reato di indebita compensazione di crediti non spettanti o inesistenti (art.10

3

2. Quanto alla dedotta violazione del diritto alla prova, correttamente la Corte territoriale ha
evidenziato che la prova stessa si è formata in dibattimento nel contraddittorio tra le parti.
Né è prevista in relazione all’arti.° quater D.L.vo 74/2000 la notifica dell’awenuto
accertamento della violazione.

4

4. Destituita di fondamento è anche la prospettata configurabilità dell’illecito amministrativo
introdotto dall’art.27 comma 18 D.L.29.11.2008 n.185 conv. in L.28.1.2009 n.2, avendo la
Corte territoriale accertato, come si è visto, che, per effetto dell’indebita compensazione, vi
era stato un omesso versamento di imposta pari ad euro 90.274 per l’anno 2005 e ad euro
72.014,00 per l’anno 2006.
Ed, invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass.pen. sez. 3 n.42462
dell’11.11.2010, Rv. 248753), non è applicabile il principio di specialità (art.19 D.Lgs. 10
marzo 2000 n.74) tra il reato di indebita compensazione, previsto dall’art.10 quater del
medesimo D.Lgs. e l’illecito amministrativo introdotto dall’art.27, comma 18, del D.L. 29
novembre 2008 n.185 (conv. con modif. in legge 28 gennaio 2009 n.2), che punisce l’utilizzo
in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento di somme dovute, perché la fattispecie
penale ha riguardo alla condotta, diversa ed ulteriore, consistente nell’omesso versamento
dell’imposta dovuta.
5. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende della somma
che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento alla Cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma 1’8.5.2014

quater D.L.vo 74/2000) è configurabile sia nel caso di compensazione verticale (ossia
riguardante crediti e debiti afferenti la medesima imposta), sia in caso di compensazione
orizzontale (ossia riguardante crediti e debiti di imposta di natura diversa). Come viene
precisato in motivazione, infatti, l’art.17 D.L.vo 9 luglio 1997 n.241, richiamato dalla
fattispecie penale, ha ampliato le ipotesi di compensazione già previste dalle norme tributarie,
estendendo la facoltà di compensazione anche a crediti e debiti di natura diversa nonché alle
somme dovute agli enti previdenziali.
Ma il richiamo di tale sentenza è del tutto inconferente nel caso di specie. La Corte territoriale
ha escluso la possibilità della compensazione perché i crediti vantati non si riferivano allo
“stesso periodo”, come previsto dall’art.17 cit.
Ha accertato, infatti, che la fattura prodotta dalla difesa portava la data del 31.12.2007 e
perciò si trattava di iva pagata dopo la scadenza del termine (30.10.2007) previsto per la
dichiarazione IVA per l’anno 2006, nonché dopo la scadenza ultima del termine di pagamento
delle imposte dovute per tale annualità
Si trattava, quindi, di un credito non liquido ed esigibile e come tale non poteva essere portato
in compensazione.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA