Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30262 del 26/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30262 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GNONI VIRGILIO N. IL 13/11/1970
avverso la sentenza n. 271/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
29/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. RENATO GRILLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per(
s je

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 26/02/2014

RITENUTO IN FATTO
1.1 Con sentenza del 29 ottobre 2012 la Corte di Appello di Lecce confermava la sentenza
del 29 settembre 2011 emessa dal Tribunale di Lecce – Sezione distaccata di Maglie – con la
quale GNONI Virgilio era stato ritenuto colpevole dei reati di cui agli artt. 256 del D. Lgs.
152/06 e 674 cod. pen. e condannato alla pena ritenuta di giustizia, condizionalmente
sospesa; contestualmente, in accoglimento dell’appello incidentale del Procuratore Generale,
rideterminava in aumento l’originaria pena irrogata, nella misura di mesi sette e giorni quindi

condizionale.
1.2 Ricorre avverso la detta sentenza l’imputato a mezzo del proprio difensore affidando il
ricorso ad un unico motivo con il quale denuncia illogicità manifesta della motivazione ed
inosservanza della legge penale per avere la Corte territoriale affermato la responsabilità dello
GNONI per il reato di cui all’art. 674 cod. pen. nonostante l’inesistenza di prova a suo carico.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per le ragioni che, qui sinteticamente, si espongono.
2. Va ricordato, in punto di fatto, che allo GNONI e stato contestato al capo B), il reato di
cui all’art. 674 cod. pen. “per avere versato, in luogo di pubblico transito, cose atte a
molestare le persone, in particolare immettendo attraverso un pozzetto di ispezione. 14cque di
vegetazione nella fogna pubblica, provocato in luogo di pubblico transito un odore
nauseabondo”. Per tale condotta era intervenuta condanna da parte del Tribunale confermata,
quanto alla statuizione di colpevolezza, anche dal giudice di appello.
2.1 Evidenzia il ricorrente però che la Corte territoriale, di fronte alla specifica censura di
inconfigurabilità della fattispecie, in relazione alla non intollerabilità delle esalazioni, aveva
disatteso tale tesi, affermando che si trattava di doglianza non fondata essendo “notorio che le
acque di vegetazione hanno un odore nauseabondo suscettibile di procurare un nocumento alle
persone in una pubblica via e dovendosi escludere, in relazione alle modalità dello sversamento
eseguito, che nel caso di specie le esalazioni siano state solo momentanee”

(pag. 3 della

sentenza impugnata). Da qui la denunciata manifesta illogicità della motivazione sia perché
apodittica, sia perché non coerente con i dati probatori acquisiti – espressamente richiamati
anche dal giudice di appello avendo egli fatto riferimento in

parte qua alla sentenza del

Tribunale – in quanto il teste della P.G. che aveva assistito al fatto non aveva parlato di odore
nauseabondo, ma pungente e riferito di una assoluta temporaneità di quello sversamento, in
quanto circoscritto a pochissimi minuti.
2.2 Come più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema le esalazioni
di odori moleste, nauseabonde o puzzolenti perché possano integrare la fattispecie prevista
dall’art. 674 cod. pen. debbono avere anzitutto un carattere non del tutto momentaneo, posto

1

di arresto ed C 6.000,00 di ammenda fermo restando il beneficio della sospensione

che laddove circoscritto a pochi minuti, un eventuale cattivo odore proveniente da sostanze
volatili o comunque prodotte dall’uomo non può assumere alcun impatto negativo verso l’uomo
e soprattutto non possiede quel requisito della permanenza minima che rende idonea la
diffusione di cattivi odori a causare un fastidio fisico apprezzabile (es. nausea, disgusto) da
parte dell’uomo; ancora debbono avere un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle
normali attività quotidiane di lavoro e di relazione (es. necessità di tenere le finestre chiuse;
difficoltà di ricevere ospiti, ecc.) a riprova di quel minimo di permanenza della condotta (v.

2.3 Orbene nel caso in esame lo sversamento nel pozzetto che aveva dato origine al
supposto cattivo odore – come riferito – ricorda la sentenza – dal teste CIARDO Giuseppe,
sottufficiale della Guardia di Finanza che aveva assistito all’episodio – era durato pochi minuti
(e dunque ha causato una diffusione di odore per un tempo estremamente limitato), ma
soprattutto aveva provocato un odore “pungente” (espressione usata dal teste che la Corte
territoriale ha poi tradotto con il termine nauseabondo senza alcun riferimento alla realtà
fattuale). Il termine “pungente”, come sottolineato dalla difesa del ricorrente non equivale a
“nauseabondo”, né costituisce un sinonimo, assumendo quest’ultima espressione un significato
ben preciso generatore di fastidio o disgusto che il termine “pungente”, riferito ad esalazioni
non ha dovendo quest’ultima espressione intendersi come “acre”.
2.4 Tale inesatta operazione di traduzione “letteraria” compiuta dalla Corte aggiunta al
dato oggettivo della estrema limitatezza di tempo della diffusione dell’odore rende del tutto
erronea la decisione sul punto.
3, Si impone, quindi l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente
alla parte relativa al reato di cui all’art. 674 cod. pen. per insussistenza del fatto, con
eliminazione della relativa quota di aumento per la continuazione nella misura di giorni cinque
di arresto ed C 100,00 di ammenda rispetto alla pena base prevista per il reato più grave, in
ordine al quale nessuna censura è stata sollevata.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato di cui all’art. 674 cod.
pen. perché il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena di giorni cinque di arresto ed
100,00 di ammenda.
Così deciso in Roma il 13 febbraio 2014

Sez. 3^, 21.12.1994, Rinaldi, Rv. 201228; idem 1.12.2005 n. 3678, Giusti, Rv. 233291).

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