Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30259 del 16/03/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30259 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ITALIANO AMERIGO
ITALIANO VINCENZO
DI CERBO SALVATORE
ITALIANO DAVIDE N. IL 08/07/1968
avverso l’ordinanza n. 852/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
27/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI FABRIZIO
MANCUSO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 16/03/2016

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, dott. Ciro Angelillis,
Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, il quale ha concluso
chiedendo il rigetto dei ricorsi, con ogni statuizione consequenziale ex art.
616 cod. proc. pen.

RITENUTO IN FATTO

sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., rigettava le richieste riunite di riesame
presentate da Italiano Amerigo, Italiano Vincenzo e Di Cerbo Salvatore e
dalla C&A Costruzioni s.r.l. avverso il provvedimento di sequestro
preventivo – emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Napoli il 29 giugno 2015 – del «capitale sociale» di tale società,
intestato per il 24 % al primo, per il 24 °h al secondo, per il 26 % al
terzo, per il 26 % a Italiano Davide. Nel procedimento erano ipotizzati,
sulla base di intercettazioni telefoniche e altre indagini: il reato di cui agli
artt. 416 bis cod. pen a carico di Schiavone Claudio; a carico di costui e
dei predetti intestatari, per asserita fittizietà dell’intestazione delle quote
e per la loro reale riconducibilità allo Schiavone, il reato di trasferimento
fraudolento di valori, cui all’art. 12 quinquies decreto-legge 306 del 1992,
convertito dalla legge 357 del 1992, aggravato ai sensi dell’art. 7
decreto-legge 152 del 1991, convertito dalla legge 203 del 1991.

2. L’avv. Mauro Iodice, difensore di Italiano Davide, Italiano
Amerigo, Italiano Vincenzo e Di Cerbo Salvatore, ha proposto, con atto
unitario datato 5 ottobre 2015, ricorsi per cassazione, richiamando l’art.
325 cod. proc. pen. e deducendo inosservanza o erronea applicazione
della legge in relazione all’art. 12 quinquies decreto-legge 306 del 1992,
convertito dalla legge 357 del 1992. Nell’atto si richiama ampiamente la
giurisprudenza di legittimità su tale fattispecie criminosa e si sostiene che
il giudice a quo ha errato nel ritenere, sulla base di quattro argomenti,
l’intestazione fittizia in discussione. In primo luogo, il Tribunale del
riesame si è basato sulle circostanze che la costituzione della società
sequestrata è immediatamente successiva all’applicazione della misura
cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di Schiavone Claudio, e che
la società formalmente riconducibile a costui, D’Angelo Costruzioni s.r.I.,
è stata colpita di lì a poco da interdittiva antimafia; in realtà, da sentenze
prodotte, emesse dal Tribunale amministrativo della Campania, risulta

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1. Con ordinanza del 27 luglio 2015, il Tribunale di Napoli, adito ai

che alla data del 6 febbraio 2014 nessuna interdittiva antimafia gravava
su quest’ultima società ed essa non aveva alcuna necessità di operare
con altri soggetti. In secondo luogo, il Tribunale del riesame ha utilizzato
le risultanze di alcune intercettazioni telefoniche, deducendone l’intento di
Schiavone Claudio di procedere a modifiche societarie e intestazioni
fittizie; in realtà, le conversazioni intercettate non dimostrano nulla circa
il fumus del reato in discussione, anche alla luce delle predette sentenze.

intestatari della società sequestrata avesse capacità patrimoniale per
sostenerne la creazione e l’attività né capacità imprenditoriali, avendo
lavorato alle dipendenze di società riconducibili a Schiavone Claudio; in
realtà, per mezzo di memoria difensiva con allegata consulenza contabile
è stata operata la ricostruzione del patrimonio di tali intestatari
evidenziandone l’ampia capacità economica, ed è stata dimostrata la
mancanza di anomalie nei prelievi e nei pagamenti riferiti all’unico conto
sociale. In quarto luogo, il Tribunale del riesame si è avvalso delle
risultanze di ulteriori intercettazioni telefoniche, ricavandone che la
società sequestrata è nella disponibilità dello Schiavone; in realtà, si
tratta solo di alcune conversazioni tra Italiano Davide, legale
rappresentante della società, e lo Schiavone, finalizzate esclusivamente a
richiedere a costui, per il quale aveva lavorato precedentemente, consigli
e pareri su lavori già in corso d’opera, in considerazione della sua
esperienza.

3. Il Pubblico Ministero ha concluso mediante requisitoria scritta,
chiedendo, come sopra ricordato, il rigetto dei ricorsi, con ogni
statuizione consequenziale ex art. 616 cod. proc. pen.

4.

L’avv. prof. Giovanni Aricò e l’avv. Mauro Iodice hanno

presentato note di replica alla predetta requisitoria, insistendo per
l’accoglimento delle impugnazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi non sono fondati. Indipendentemente da qualsiasi
valutazione specifica circa particolari aspetti sui quali i ricorrenti si sono
soffermati, deve notarsi che il Tribunale, nel complesso dell’ordinanza
impugnata, e tenendo conto dei limiti propri della fase cautelare, ha

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In terzo luogo, il Tribunale del riesame ha ritenuto che nessuno degli

analizzato, rendendo motivazione sufficiente e nella sua globalità immune
da decisivi vizi logici e giuridici, le risultanze disponibili, ed è pervenuto
ad affermare la sussistenza del fumus commissi delicti sulla base della
loro interpretazione e coordinazione in un quadro organico. Detta
motivazione, quindi, supera il vaglio di legittimità demandato a questa
Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole
della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono

commesso alcuna violazione né applicazione erronea delle norme citate.
In definitiva, le censure formulate nell’interesse dei ricorrenti,
riguardanti la valutazione del compendio indiziario posto a fondamento
del provvedimento impugnato, non possono trovare accoglimento, perché
si risolvono in richieste di analisi critiche esulanti dai poteri di sindacato
del giudice di legittimità, non palesandosi il relativo apprezzamento
motivazionale, nella sua completezza, né manifestamente illogico, né
viziato da non corretta applicazione della normativa. In proposito, va
ricordato che, secondo assunto non controverso, in tema di misure
cautelari, la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito
riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può
essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza,
adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre non sono
ammesse le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si
risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze
già esaminate da detto giudice. In concreto, i ricorrenti contestano, «nel
merito» il quadro probatorio a carico, fondato sul risultato delle indagini
svolte, evidenziato nel provvedimento genetico e in quello impugnato.

2. In conclusione, i ricorsi devono essere rigettati. Ai sensi dell’art.

all’apprezzamento delle circostanze fattuali. Il Tribunale, inoltre, non ha

616 cod. proc. pen., i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle
spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il 16 marzo 2016.

DEPOSITATA

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