Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30249 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30249 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Bonacci Ahcene, nato a Blida (Algeria) il 03/07/1982;
avverso l’ordinanza del 05/03/2014 del Tribunale di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza 27.1.2014 il G.I.P. del Tribunale di Pavia rigettò la
richiesta di revoca o sostituzione della misura della custodia in carcere con quella
degli arresti domiciliari avanzata nell’interesse di Bonacci Ahcene, indagato per i
reati di rapina aggravata, ricettazione, detenzione e porto illegale di armi.

2. Avverso tale provvedimento l’indagato propose appello, ma il Tribunale di
Milano, con ordinanza del 5.3.2014, rigettò l’impugnazione.

3. Ricorre per cassazione l’indagato, tramite il difensore, deducendo:

Data Udienza: 02/07/2014

1. vizio di motivazione in relazione al mero richiamo all’ordinanza del G.I.P.
senza indicare gli elementi concreti dai quali desume la pericolosità
sociale; quanto al pericolo di fuga il Tribunale rileva che l’indagato era
consapevole di essere padre anche prima del test del D.N.A., mentre non
poteva averne certezza;
2. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto se l’indagato fosse agli
arresti domiciliari con dispositivi di controllo elettronico, difficilmente
potrebbe reiterare reati di rapina.

1. Il ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito.
Il Tribunale ha richiamato il contenuto dell’ordinanza di riesame in tema di
esigenze cautelari e segnatamente la rilevante gravità della rapina che ha
fruttato un ingente bottino, la minaccia con armi vere, una precedente condanna
per resistenza, l’assenza di attività lavorativa, il tentativo di espatrio con
documenti falsi.
Si tratta di elementi concreti, rispetto ai quali la questione della paternità
assume rilievo marginale.
I dispositivi elettronici, secondo

il Tribunale, non impedirebbero né la

recidiva né la fuga, posto che segnalano solo l’evasione.
In tale motivazione non vi è né manifesta illogicità né violazione di legge che
la rendano sindacabile in questa sede.

2. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

3. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del
ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa
sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi
ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo
94.

P.Q.M.

2

CONSIDERATO IN DIRITTO

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’articolo 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 02/07/2014.

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