Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30244 del 05/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30244 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VASSALLO ANTONINO N. IL 14/04/1975
avverso l’ordinanza n. 1944/2013 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
09/01/2014

e

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;
lMe/sentite le conclusioni del PG Dott. 0,7
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Data Udienza: 05/06/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale del riesame di Palermo,
adito ex art. 310 c.p.p., ha rigettato l’appello cautelare proposto nell’interesse
di ANTONINO VASSALLO nei confronti dell’ordinanza emessa dal GIP del
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rigettato

un’istanza di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere
(applicata all’indagato per il reato di rapina) con altra meno afflittiva per

1.1. Il Tribunale del riesame ha ritenuto che:
– a fondamento dell’istanza fossero posti elementi già espressamente
ritenuti privi di rilievo in sede di riesame ex art. 309 c.p.p.;
– le modalità del fatto fossero assai gravi ed indicative dell’assenza di
scrupoli, oltre che di professionalità nel reato, e quindi di elevato pericolo di
recidiva;
– la personalità dell’indagato era estremamente negativa, come desumibile
dai precedenti penali e dagli esiti di intercettazioni, effettuate nel procedimento,
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in essere ritorsioni violente in danno della complice, se ella avesse confessato,
confermativa dell’elevato pericolo di recidiva già ritenuto, a soddisfare il quale
si imponeva il protrarsi della misura cautelare della custodia in carcere.
In difetto di congrui elementi di novità (tal non potendo ritenersi
l’interrogatorio ampiamente confessorio reso dall’indagato, già valutato
nell’ordinanza resa in data 11 ottobre 2013 dallo stesso Tribunale del riesame;
risultando privo di concreto rilievo il tempo nelle more trascorso; non potendo
attribuirsi rilevanza alla evocata esigenza di parificazione della posizione del
VASSALLO a quella della GUERCIO, in presenza di elementi denotanti spiccata
più intensa pericolosità sociale del primo).reifrailo »La. ,i4o.ào “città° ,

2. Contro tale provvedimento, l’indagato (personalmente) ha proposti?
ricorso per cassazione, deducendo il seguente motivo, enunciato nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma
1, disp. att. c.p.p.:
I –

«manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione

(travisamento della prova)”: lamenta che il GIP avesse ritenuto assorbente il

asserito affievolimento delle esigenze cautelari.

solo profilo oggettivo della perpetrazione del reato, non anche le condizioni
soggettive dell’indagato, da valutare in egual modo rispetto a quanto avvenuto
per la coindagata GUERCIO (già ammessa agli AA.DD.); sarebbero, inoltre, stati
valorizzati in danno dell’indagato emergenti dall’incarto processuale.
3. All’odierna udienza camerale, dopo il controllo della regolarità degli avvisi
di rito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte
Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.

Il ricorso è integralmente inammissibile per genericità e manifesta
infondatezza.

I LIMITI DEL SINDACATO DI LEGITTIMITA’ SULLA MOTIVAZIONE
DELLE ORDINANZE APPLICATIVE DI MISURE CAUTELAR’ PERSONALI

1. E’ necessario preliminarmente determinare i limiti entro i quali questa
Corte Suprema può esercitare il sindacato di legittimità sulla motivazione delle
ordinanze applicative di misure cautelari personali.

1.1. Secondo l’orientamento che il Collegio condivide e reputa attuale anche
all’esito delle modifiche normative che hanno interessato l’art. 606 c.p.p. (cui
l’art. 311 c.p.p. implicitamente rinvia), in tema di misure cautelari personali,
allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta «il compito di verificare
se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti, rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie, nella peculiare
prospettiva dei procedimenti incidentali de libertate» (Sez. un., sentenza n.
11 del 22 marzo 2000, CED Cass. n. 215828; nel medesimo senso, dopo la
novella dell’art. 606 c.p.p., Sez. IV, sentenza n. 22500 del 3 maggio 2007, CED
Cass. n. 237012).

Considerato che la richiesta di cui all’art. 309 c.p.p., quale mezzo di
impugnazione sia pure atipico, ha la specifica funzione di sottoporre a controllo
la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enume j.ti

2

CONSIDERATO IN DIRITTO

nell’art. 292 c.p.p. e ai presupposti ai quali subordinata la legittimità del
provvedimento coercitivo (Sez. Un., sentenza n. 11 dell’8 luglio 1994, CED
Cass. n. 198212), si è sottolineato che, dal punto di vista strutturale, la
motivazione della decisione del tribunale del riesame deve essere conformata al
modello delineato dall’art. 292 c.p.p., che ricalca il modulo configurato dall’art.
546 c.p.p., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della
pronuncia cautelare, che non è fondata su prove ma su indizi e tende
all’accertamento non di responsabilità ma di una qualificata probabilità di

202002).

1.2. Si è, più recentemente, osservato, sempre in tema di impugnazione
delle misure cautelari nersonali. che il ricorso

per ragga7ione e ammissibile

soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la
manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della
logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che
riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. V, sentenza
n. 46124 dell’8 ottobre 2008, CED Cass. n. 241997; Sez. VI, sentenza n. 11194
dell’8 marzo 2012, CED Cass. n. 252178).

L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 c.p.p.) e delle
esigenze cautelari (art. 274 c.p.p.) è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se
si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta
illogicità della motivazione secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo
“all’interno” del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità non può,
infatti, riguardare la ricostruzione dei fatti.
Sarehhero : nertanto, inammisgihili le censure che, nur formalmente

investendo la motivazione, si risolvano nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, dovendosi in sede
di legittimità accertare unicamente se gli elementi di fatto sono corrispondenti
alla previsione della norma incriminatrice.

1.3. Deve aggiungersi che sarebbe inammissibile anche il ricorso avverso il
provvedimento del Tribunale del riesame che deduca per la prima volta vizi di
motivazione inerenti ad argomentazioni presenti nel provvedimento genetico
della misura coercitiva che non avevano costituito oggetto di doglianza dinanzi
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allo stesso Tribunale, non risultandone traccia né dal testo dell’ordina a

3

colpevolezza (Sez. Un., sentenza n. 11 del 21 aprile 1995, CED Cass. n.

impugnata, né da eventuali motivi o memorie scritte, né dalla verbalizzazione
delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza
carneraie (Sez. i, sentenza n. 2927 dei 22 apriie 1997, CED Cass. n. 2ù -i759;
Sez. I, sentenza n. 1786 del 5 dicembre 2003 – 21 gennaio 2004, CED Cass. n.
227110; Sez. II, sentenza n. 42408 del 21 settembre 2012, CED Cass. n.
254037), a nulla rilevando, in senso contrario, il fatto che il riesame sia un
«in mancanza di

mezzo di impugnazione totalmente devolutivo, poiché

specifiche deduzioni difensive il Tribunale in sede di riesame legittimamente può

del quadro indiziario risultante dalla richiesta del PM e dall’ordinanza del GIP”,
riassumendo, poi, i punti essenziali di tale quadro indiziario».

1.4. Deve, inoltre, ritenersi che, in tema di ricorso per cassazione, è
inammissibile il motivo in cui si deduca la violazione dell’art. 192 c.p.p., anche
se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), c.p.p., per censurare
l’omessa od erronea valutazione di ogni elemento di prova acquisito o
acquisibile, in una prospettiva atomistica ed indipendentemente da un raffronto
ictrittrsri”, in

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doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606,
comma 1, lett. e), c.p.p., non possono essere superati ricorrendo al motivo di
cui all’art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., nella parte in cui consente di dolersi
dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Cass. pen.,
Sez. VI, sentenza n. 45249 dell’8 novembre 2012, CED Cass. n. 254274).

2. Ciò premesso, il Tribunale del riesame, con rilievi esaurienti, logici, non
contraddittori, e pertanto incensurabili in questa sede, con i quali il ricorrente
non si confronta con la necessaria specificità, in concreto riproponendo più o
meno pedissequamente le analoghe doglianze già proposte in sede di appello
cautelare, ha compiutamente indicato gli elementi valorizzati ai fini della
decisione (riportati in dettaglio in premessa), motivatamente valorizzando
l’elevatissimo pericolo di recidiva (desunto da elementi plurimi e specifici, e
riferibili al solo VASSALLO: di qui l’improponibilità della chiesta “parificazione”
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motivatamente ritenuta meno pericolosa)
A tali rilievi il ricorrente (che ha persino invocato il travisamento di non è
ben chiaro quale prova, non specificamente indicata, tenuto anche conto del
fatto che discorrere di «prove» nell’ambito del subprocedimento cautelare
appare processualmente azzardato) non ha opposto alcunché di decisivo, se
non generiche ed improponibili doglianze fondate su una personale e

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limitarsi, (…), a concordare “pienamente con la ricostruzione della sussistenza

congetturale rivisitazione dei fatti di causa, e senza documentare eventuali
travisamenti nei modi di rito, né la effettiva valorizzazione di elementi non
emergenti dall’incarto processuale (la doglianza è stata precisata nel senso che
si tratterebbe di elementi non emergenti dall’ordinanza genetica: il ricorrente
non tiene, peraltro, conto, che nessun vizio è enucleabile in argomento, anche
perché gli elementi de quibus potevano essere già acquisiti agli atti ma non
essere stati considerati rilevanti all’atto dell’emissione dell’ordinanza genetica, o

3. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi che egli ha
proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa (Corte
cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entità di detta colpa
– della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di
sanzione pecuniaria.

3.1. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma

I-

ter, disp. att. c.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla cassa delle ammende. Si
provveda a norma dell’art. 94, comma 1-ter, d. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, udienza camerale 5 giugno 2014

Il Con igliere estensore

Il Presidente

addirittura potevano essere stati acquisiti soltanto in seguito).

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