Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30237 del 25/01/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 30237 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AMODDEO ANDREA N. IL 19/02/1964
TERRASI MARIA STEFANIA N. IL 08/04/1968
avverso il decreto n. 65/2013 CORTE APPELLO di PALERMO, del
28/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA
SILVIO BONITO;
lette/geAtite le conclusioni del PG Dott.
e—2

dLeQ

Crtht-i-efif.eas4f-Au»1-

L Q;

V:D

Data Udienza: 25/01/2016

1. La Corte di appello di Palermo, in funzione di giudice per le
misure di prevenzione, giudicando sull’appello avverso il decreto
con il quale il Tribunale di Agrigento, in data 1° marzo 2013, ha
rigettato l’istanza proposta da Amoddeo Andrea e Terrasi Maria
Stefana per la revoca della confisca di prevenzione del terreno sito
in Cattolica Eraclea, disposta il 27 maggio 2002 dal Tribunale di
Agrigento e confermata in appello con provvedimento del 31 marzo
2003, confermava il provvedimento impugnato.
A sostegno della decisione la corte distrettuale osservava: il terreno
oggetto della istanza per cui è causa era stato acquistato dai
ricorrenti, dante causa Berrafato Palma e Terrasi Domenico, ai quali
il bene era stato confiscato; secondo gli istanti l’originario decreto
di confisca aveva erroneamente confuso l’acquisto del terreno,
lecitamente acquisito dalla Berrafato nel 1988, dalla costruzione,
una villa, su di esso realizzata successivamente con provenienze
reddituali risultate di provenienza illecita; per la legittimità della
revoca come innanzi domandata sono necessarie prove nuove
sopravvenute alla conclusione del procedimento idonee a
dimostrare l’illegittimità originaria della confisca; nella fattispecie i
ricorrenti assumono la liceità delle risorse investite nell’acquisto del
terreno, del quale chiedono pertanto la restituzione; trattasi di
analoghe argomentazioni già delibate allorchè la Corte, il 3 marzo
2003, confermò il provvedimento ablatorio disposto dal giudice di
prima istanza; né vale distinguere il terreno del quale si domanda la
restituzione, previa revoca della confisca, dalla villa su di esso
realizzata con fondi pacificamente riconosciuti come illeciti perché
rinvenienti dall’attività del proposto Terrasi Domenico; in
conclusione la domanda è inammissibile perché carente di elementi
di novità dai quali dedurre la originaria invalidità della confisca.
2. Ricorrono per cassazione avverso detto provvedimento Amoddeo
Andrea e Terrasi Maria Stefana sviluppando un unico motivo di
impugnazione, con il quale ne denunciano l’illegittimità per
violazione dell’art. 2-ter 1. 575/1965, oggi art. 24 d. lgs. 159/2011,
in particolare osservando: la corte di appello non ha tenuto conto

La Corte, ritenuto in fatto e considerato in diritto

3. Con argomentata requisitoria scritta il P.G. in sede ha concluso
per la inammissibilità del ricorso dappoichè non fondato su motivi
riferibili alla violazione di legge, ma coinvolgenti la motivazione,
da ritenersi logica, sviluppata dai giudicanti.

della memoria difensiva depositata in atti e della documentazione
allegata al fascicolo del procedimento; il terreno del quale si chiede
la restituzione è stato acquistato con risorse lecite da Berrafato
Palma, moglie di Terrasi Domenico, la quale versò a suo tempo la
modesta somma di lire 5.000.000 del tutto compatibile con la sua
capacità reddituale; se per tale ragione il bene non andava
confiscato alla Berrafato, come opinato dalla stesso tribunale, esso
non poteva neppure essere confiscato in danno della figlia, appunto
perché genericamente lecito l’acquisto; il magazzino-villetta non
insiste sul terreno n. di particella 49,05 oggetto della domanda di
revoca, ma sulla diversa particella n. 457, non presa in
considerazione dalla corte distrettuale; la corte neppure ha
considerato la documentazione prodotta a riprova degli ulteriori
redditi dei coniugi Amoddeo-Berrafato non conteggiati a suo tempo
dal Tribunale di Agrigento; nella memoria difensiva, ignorata dal
giudice dell’appello, si evidenziavano i seguenti elementi di novità:
diversamente da quanto scritto dal rag. Trezza nella sua perizia,
Amoddeo ha percepito redditi anche nel 1990, 1992 e 1993 come
provato con le buste paga, redditi pari ad euro 56.269.000, ai quali
va aggiunto il reddito della sig.ra Terrasi, pari ad euro 12.333.826,
anch’esso non considerato dal CTU Trezza; tali redditi ben
consentivano l’acquisto del terreno anzidetto, del valore di
5.000.000 e del magazzino ivi insistente del valore di 32.500.000 (il
valore dato da CTU pari a lire 223.226.000 è oggettivamente
esorbitante e smentito dal consulente di parte che ha rilevato un
valore di lire 70.044.000); il provvedimento impugnato viola l’art. 1
addizionale della CEDU; in conclusione la revoca per cui è causa
ha ad oggetto il terreno di are 49,05 individuato al NCT dal foglio
4, particelle 377, 455, 458, in quanto acquisito con risorse lecite e
distinto dal fabbricato per il quale è stato ritenuto un investimento
con proventi illeciti, fabbricato realizzato su particella diversa, la n.
457.

4. Il ricorso è infondato.

Come è noto, si veda da ultimo Cass., Sez. U, Sentenza n. 33451
del 29/05/2014, Rv. 260246, nel procedimento di prevenzione il
ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge,
secondo il disposto dell’art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423,
richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n.
575, disciplina ribadita dall’art. 10 d. lgs. 159/2011, c.d. Cod.
Antimafia; ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione,
è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità
l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc.
pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché
qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con
decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del
predetto art. 4 legge n.1423 del 56, il caso di motivazione
inesistente o meramente apparente. (In motivazione la Corte ha
ribadito che non può essere proposta come vizio di motivazione
mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti
difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal
giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a
fondamento del provvedimento impugnato).
Nel caso in esame palese appare la natura di merito di tutte le
argomentazioni svolte dalla difesa ricorrente, che si duole infatti
della mancata considerazione di dati, elementi e circostanze da
parte della corte giudicante, la quale ha fondato la sua decisione sul
rilievo che nella fattispecie si discettava di revoca di un
provvedimento ormai definitivo, che ciò era possibile
esclusivamente dimostrando, sulla base di elementi nuovi di
giudizio, la illiceità dell’originaria confisca e che, infine, quelli
addotti dai ricorrenti non potevano considerarsi elementi nuovi di
giudizio dappoichè, sostanzialmente, già delibati in occasione del
decreto originario.
A ciò oppone la difesa ricorrente una diversa valutazione dei cc.dd.
elementi nuovi e la considerazione, anch’essa già proposta in
passato, che la revoca riguardava un terreno diverso da quello
occupato dalla villa, terreno di modesto valore ed acquisito dalla

3

Giova a ciò replicare, che le valutazioni circa il valore dei beni
confiscati di cui alla CTU di ufficio disposta nel 2002 sono ormai
insindacabili, che i redditi documentati all’attualità in misura
maggiore rispetto a quelli evidenziati dal CTU non integrano novità
fattuali giacchè non provata la impossibilità ad esibirli al momento
del precedente procedimento; che la parcellizzazione posta a
fondamento della istanza di revoca è improponibile e comunque
anch’essa già delibata in sede di decreto originario. La confisca ha
riguardato la villa, il terreno sul quale essa insiste ed i terreni
limitrofi costituenti un unicum non suddivisibile, tanto più in
costanza di decreto ablatorio ormai definitivo da anni.
5.

Non ricorrendo, in conclusione, le condizioni richieste
dall’ordinamento, secondo insegnamenti del giudice di legittimità,
per la positiva delibazione della revoca come innanzi richiesta, il
ricorso va rigettato ed, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., i ricorrenti
condannati al pagamento delle spese processuali.
P. T. M.

la Corte, rigetta il ricorssq,e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma, addì 25 gennaio 2016
Il cons. est.

Il Presidente

dante causa del proposto con risorse economiche pacificamente
lecite.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA