Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30237 del 02/07/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 30237 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DAVIGO PIERCAMILLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Spaziani Alessandro, nato a Roma il 23/10/1960;
avverso la sentenza del 06/03/2013 della Corte d’appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Piercamillo Davigo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giulio
Romano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito, per la parte civile Giupponi Alessandro, l’avv. Maurizio Giannone, che ha
concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile con condanna
dell’imputato alla rifusione delle spese di giudizio;
uditi, per l’imputato, l’avv. Nicola Apa e l’avv. Pierpaolo Dell’Anno, che hanno
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26.2.2010 il Tribunale di Roma dichiarò Spaziani
Alessandro responsabile del reato di usura aggravata e – concesse le circostanze
attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti – lo condannò alla pena di anni
2 mesi 4 di reclusione ed € 6.000,00 di multa, nonché al risarcimento dei danni
(da liquidarsi in separato giudizio) ed alla rifusione delle spese a favore della
parte civile Giupponi Alessandro.

Data Udienza: 02/07/2014

-•

2. L’imVato propose gravame ma la Corte d’appello di Roma, con sentenza
del 6.3.201V-confermò la pronunzia di primo grado e condannò l’imputato alla
rifusione a favore della parte civile delle ulteriori spese di giudizio.

3. Ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore, il quale, dopo aver
premesso che mentre la versione della parte civile è quella di prestiti usurari,
quella dell’imputato è quella di prestiti e di una prestazione professionale,
deduce:
1. violazione della legge processuale in quanto il fax del 26.3.2004 e le

Riccardi Maria Alessandra, moglie di Giupponi Alessandro e lei stessa
persona offesa anche se non costituita parte civile) non potrebbero
riscontrare le dichiarazioni della Riccardi (sentita ai sensi dell’art. 210
cod. proc. pen., in quanto persona indagata per calunnia, conseguente a
denunzia di Spaziani, archiviata (contrariamente a quanto sostiene la
Corte territoriale) dopo la prima e più rilevante audizione; infatti le
dichiarazioni non attengono alla prima, ma alla seconda operazione di
prestito; inoltre le dichiarazioni della Ruia non sarebbero caratterizzate da
autonomia rispetto a quelle della Riccardi;
2. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta inattendibilità delle
dichiarazioni di Pietrobono Donatella e Mangani Barbara; quanto alla
prima, moglie dell’imputato, sia per tale sua qualità, sia perché avrebbe
riferito de relato circa il rapporto sottostante, trascurando che anche
l’imputato era stato sentito; quanto alle dichiarazioni della Mangani,
ritenute di scarsa attendibilità e verosimiglianza in considerazione del
fatto che aveva operato per pochi mesi con Spaziani, ciò renderebbe più
credibile il suo ricordo, anche alla luce di quanto dalla stessa riferito circa
la successiva frequentazione della Ruia e di quanto dalla stessa appreso;
la Mangani andò poi ad operare presso Union Fidi; sarebbero illogiche le
argomentazioni circa la non verosimiglianza del comportamento di
Spaziani, alla luce della difficoltà della cliente, giacché proprio per questo
avrebbe richiesto il pagamento dell’onorario in due rate; sarebbe
contraddittoria la motivazione relativa al fax che, benché spedito da Ruia,
la Riccardi ha attribuito a Spaziani;
3.

violazione di legge in relazione alla circostanza aggravante di cui all’art.
644 comma 5 n. 1 cod. pen. in quanto difetterebbe un rapporto
strumentale fra l’attività professionale di Spaziani ed il prestito, erogato a
titolo personale.

2

\,

dichiarazioni rese al riguardo da Ruia Cinthia (consulente di fiducia di

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Questa Corte ha chiarito che la persona offesa di un reato, che poi sia stata
a sua volta denunciata per altri reati dal soggetto asseritamente autore di quello
in suo danno, non versa in situazione di incompatibilità con l’ufficio di testimone
nel procedimento per il reato che le ha recato offesa, e può essere sentita senza
le garanzie dell’assistenza difensiva, perché nella nozione di reati “commessi da
più persone in danno reciproco le une delle altre”, di cui all’art. 371, comma

medesimo contesto spazio-temporale e quindi in stretto collegamento
naturalistico (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26819 del 10/04/2008 dep. 03/07/2008
Rv. 240947; conf. Sez. 3, Sentenza n. 26409 del 08/05/2013 dep. 18/06/2013
Rv. 255578).
Nel caso in esame la Riccardi era stata denunziata per calunnia da Spaziani,
sicché mancava tale collegamento fra i reati. Pertanto la stessa avrebbe dovuto
essere esaminata come testimone e non come indagata di reato collegato.
È irrilevante che la Riccardi sia stata sentita ai sensi dell’art. 210 cod. proc.
pen., giacché non é causa né di nullità né di inutilizzabilità delle relative
dichiarazioni l’esame di un soggetto esaminato con le garanzie di cui all’art. 210
cod. proc. pen., pur non ricorrendone gli estremi (Cass. Sez. 5, Sentenza n.
48274 del 27/10/2004 dep. 15/12/2004 Rv. 230417).
L’avvenuta assunzione, in primo grado, nelle forme di cui all’art.210 c.p.p.,
delle dichiarazioni rese da un soggetto imputato o indagato per reati ritenuti
connessi o interprobatoriamente collegati a quelli per cui si procede, non
impedisce che il giudice d’appello, qualora ritenga motivatamente l’insussistenza
delle ravvisate cause di connessione o collegamento, valuti le dichiarazioni
anzidette come se rese da testimone, senza con ciò violare neppure il principio di
devoluzione stabilito dall’art.597, comma 1, cod. proc. pen. (Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 23161 del 16/05/2002 dep. 17/06/2002 Rv. 221501).
Ciò vale anche per la Corte di legittimità, quando come nel caso in esame,
sia investita della questione relativa alla necessità di riscontri e della idoenità
degli stessi.
Non sono quindi necessari riscontri per confermare la attendibilità della
Riccardi, già soggettivamente ritenuta dai giudici di merito.

2. Il secondo motivo di ricorso svolge censure di merito.
La Corte d’appello ha motivato i giudizi di attendibilità di alcuni testi e di
inattendibilità di altri, con motivazione non manifestamente illogica, sicché non
può essere prospettata in questa sede una diversa valutazione.

3

\,_

secondo, lettera b), cod. proc. pen., rientrano soltanto quelli commessi nel

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non
deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore
possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve
limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune
e con “i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una
formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5″ sent. n. 1004 del
30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del
21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di

Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti
dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità
degli enunciati che la compongono.

3. Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di
merito.
La Corte territoriale ha motivato sulla strumentalità dell’esercizio della
professione dell’imputato rispetto al reato, in ragione della girata delle cambiali
con timbro dello studio professionale e più in generale, implicitamente, per
essere il rapporto di prestito maturato nell’ambito dei contatti intervenuti fra la
persona offesa e l’imputato per ragione della professione di commercialista
svolta da quest’ultimo.
In tale motivazione non vi è alcuna manifesta illogicità o violazione di legge
che la renda sindacabile in questa sede.

4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in
ragione dei motivi dedotti.

5. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente
alla rifusione delle spese sostenute per questo grado di giudizio dalla parte civile
Giupponi Alessandro, liquidate, alla luce della nota spese, ritenuta congrua alla
luce dell’attività difensiva svolta, ma rimodulata alla luce delle nuove disposizioni
in tema di tariffe professionali degli avvocati, in € 3.000,00, oltre rimborso
forfettario delle spese, I.V.A. e C.P.A.

4

motivazione o la sua manifesta illogicità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Condanna altresì il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute per questo
grado di giudizio dalla parte civile Giupponi Alessandro liquidate in € 3.000,00,
oltre rimborso forfettario delle spese, I.V.A. e C.P.A.

Così deciso il 02/07/2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA