Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30232 del 05/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30232 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANTONOCITO CARMELO N. IL 29/08/1978
avverso la sentenza n. 1725/2013 CORTE APPELLO di CATANIA, del
17/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. O
che ha concluso per o i
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Data Udienza: 05/06/2014

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catania ha
confermato la sentenza emessa in data 22 febbraio 2013 dal GUP del
Tribunale della stessa città, che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva
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tentate rapine aggravate e porto aggravato in luogo pubblico di un taglierino,
con la recidiva specifica, unificati dal vincolo della continuazione,

Contro tale provvedimento, l’imputato (con l’ausilio di un difensore iscritto
nell’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i
seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione,
come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – violazione degli articoli 134 e 142 c.p.p. e vizio di motivazione, in
relazione alla perizia depositata dal CTU (lamentando l’illegittimità della perizia
per violazioni formali e sostanziali, in difetto di un verbale delle operazioni
peritali, ed avendo il perito citato nel proprio elaborato documentazione non
allegata alla perizia);
11 – vizio di motivazione quanto ai contenuto della perizia medico-legale ed
alle sue conclusioni in relazione alla documentazione esaminata ed agli
accertamenti esperiti (contestando la condivisibilità delle conclusioni del perito
quanto alla mancata esclusione della capacità di intendere e di volere
dell’imputato).
In data 26 maggio 2014 sono pervenute note difensive con le quali il
difensore del ricorrente lamenta che in successivi separati processi
quest’ultimo sarebbe stato ritenuto affetto da vizio parziale di mente.
All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di
rito; all’esito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e questa Corte
Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti,
pubblicato mediante lettura in pubblica udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, nel suo complesso, infondato e va, pertanto, rigettato.

1. Occorre premettere che non è denunciabile il vizio di motivazione con
riferimento a questioni di diritto.

condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, oltre alle statuizioni accessorie.

Invero, come più volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte
Suprema (Sez. II, sentenze n. 3706 del 21. – 27 gennaio 2009, CED Cass. n.
242634, e n. 19696 del 20 – 25 maggio 2010, CED Cass. n. 247123), anche
sotto la vigenza dell’abrogato codice di rito (Sez. IV, sentenza n. 6243 del 7
marzo – 24 maggio 1988, CED Cass. n. 178442), il vizio di
denunciabile nel giudizio di legittimità è solo quello attinente alle questioni di
fatto e non anche di diritto, giacché ove queste ultime, anche se in maniera
immotivata o contraddittoriamente od illogicamente motivata, siano comunque

viceversa, ove tale soluzione non sia giuridicamente corretta, poco importa se
e quali argomenti la sorreggano.
E, d’altro canto, l’interesse all’impugnazione potrebbe nascere solo
dall’errata soluzione di una questione giuridica, non dall’eventuale erroneità
degli argomenti posti a fondamento giustificativo della soluzione comunque
corretta di una siffatta questione (Sez. IV, sentenza n. 4173 del 22 febbraio 13 aprile 1994, CED Cass. n. 197993).

Va, in proposito, ribadito il seguente principio di diritto:
«nel giudizio di legittimità il vizio di motivazione non è denunciabile con
riferimento alle questioni di diritto decise dal giudice di merito, allorquando la
soluzione di esse sia giuridicamente corretta. D’altro canto, l’interesse
all’impugnazione potrebbe nascere soltanto dall’errata soluzione delle suddette
questioni, non dall’indicazione di ragioni errate a sostegno di una soluzione
comunque giuridicamente corretta).

Ne consegue che, nel giudizio di legittimità, il vizio di motivazione non è
denunciabile con riferimento alle questioni di diritto decise dal giudice di
merito.
E, nel caso in esame, la questione di diritto evocata in ricorso – come si
vedrà – è stata decisa correttamente dal primo giudice.
Il ricorso è, pertanto, in parte qua inammissibile.

2. E’ stato inoltre già chiarito (Sez. II, sentenza n. 1417 dell’Il ottobre
2012, dep. 11 gennaio 2013, CED Cass. n. 254302) che nel giudizio di
legittimità possono essere prodotti esclusivamente

i

che

l’interessato non sia stato in grado di esibire nei precedenti gradi di giudizio,
sempre che essi non costituiscano flUOvd prova e non comportino un’attività di

2

esattamente risolte, non può sussistere ragione alcuna di doglianza, mentre,

apprezzamento circa la loro validità formale e la loro efficacia nel contesto
delle prove già raccolte e valutate dai giudici di merito.
E’, pertanto, inammissibile la produzione dei documenti allegati alle note
difensive depositate il 26 maggio 2014, la cui disamina comporterebbe
un’attività di apprezzamento incompatibile con i poteri del giudice di
legittimità.

3. Ciò premesso, i motivi di ricorso – entrambi infondati – possono essere

3.1. Per superare le reiterate imprecisioni terminologiche nelle quali è
incorso il difensore, va precisato che le doglianze riguardano la legittimità
formale ed il contenuto della perizia eseguita dal perito nominato dal GUP per
valutare la capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento della
commissione dei fatti.
Inoltre, come chiarito dalla Corte di appello, il perito è stato regolarmente
esaminato in contraddittorio.

3.2. Per quanto più specificamente riguarda la prima doglianza, deve
rilevarsi che non esiste a carico del perito un obbligo di documentazione
dell’attività svolta sanzionato in caso di omissione a pena di nullità; a ciò
indice il duplice rilievo che:
– manca qualsiasi disposizione esplicita in tal senso;
– l’art. 230 c.p.p. impone soltanto al giudice di fare menzione, nel verbale,
delle richieste, delle osservazioni e delle riserve presentate dal consulente
tecnico, ma esige dal perito unicamente che egli dia atto nella sua relazione di
analoghe richieste a lui rivolte.
D’altro canto, la mancanza di un dovere di documentazione dell’attività
svolta dal perito è resa evidente dalla considerazione che costui deve fornire le
risposte ai quesiti nel corso dell’udienza, alla quale partecipano tutte le parti
interessate con i loro consulenti tecnici e che, anche quando è stata
autorizzata, per la difficoltà di illustrare soltanto oralmente il parere, la
presentazione di relazione scritta, questa può essere letta solo dopo l’esame in
contraddittorio del perito, con la conseguenza che eventuali irregolarità o
inesattezze in essa contenute possono essere immediatamente contestate
(cfr., in tal senso, Sez. I, sentenza n. 35187 del 10 luglio 2002, CED Cass.
222517; Sez. III, sentenza n. 12421 del 20 febbraio 2007, CED Cass. n.
236814 ha precisato che la perizia non è nulla nel caso in cui, nel corso delle
operazioni, il perito non abbia provveduto a verbalizzare i colloqui avuti con le

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esaminati congiuntamente.

parti offese o con altre persone, posto che nessun obbligo in tal senso è
previsto dalla legge e che la garanzia di correttezza delle operazioni è fornita
dalla possibilità per il consulente tecnico della parte di assistere alle stesse).
Eventuali irregolarità od inesattezze della perizia vanno, pertanto,
contestate nel corso dell’esame e potranno incidere sulla valutazione del
contenuto della perizia (di ciò il giudice dovrà occuparsi in motivazione), ma
non rendono la perizia radicalmente nulla.

3.3. Nel caso di specie, peraltro, la Corte di appello, con rilievi esaurienti,

ricorrente non si confronta con la necessaria specificità, in concreto
riproponendo più o meno pedissequamente doglianze analoghe a quelle già
proposte come motivo di appello, e già non accolte, ha compiutamente
indicato (f. s.) rz -Igicni poste foridcmc…’ntp conclivisione de.11a
valutazione del perito sull’imputabilità dell’imputato.
A tali rilievi il ricorrente non ha opposto alcunché di decisivo, se non
generiche ed improponibili doglianze, senza documentare eventuali
travisamenti nei modi di rito.

3.4. Quanto al contenuto delle note difensive depositate in data 26 maggio
2014, ribadita l’inammissibilità delle produzioni documentali (peraltro, dalla

«non si può escludere che, in data

perizia della dr. AMATO emerge che

anteriore e durante in fatto reato avvenuto in data 25.01.2012, [l’imputato]
versasse in una condizione di infermità psichica tale da escludere parzialmente
la sua capacità di intendere e di volere»; dalla perizia del prof. AGUGLIA
emerge che «il sig. SANTONOCITO al momento del fatto per cui è processo

ed in relazione allo stesso è da considerarsi capace di intendere e di volere»),
deve inoltre rilevarsi:
– l’irrilevanza di distinte valutazioni di distinti giudici chiamati a giudicare
l’imputato in ordine a distinti fatti-reato, commessi in epoche (in un caso vicine,
ma comunque) non esattamente coincidenti con quelle di commissione degli
odierni fatti – reato;
– l’irrilevanza delle richiamate decisioni ai fini delle doglianze oggetto di
ricorso, al più riguardanti unicamente la presunta totale incapacità di intendere
e di volere dell’imputato al momento del fatto, non anche la più limitata
sussistenza di un vizio parziale di mente (non costituente oggetto né
dell’odierno ricorso né dell’appello, come agevolmente verificabile ex actis).

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logici, non contraddittori, e pertanto incensurabili in questa sede, con i quali il

4. Il rigetto, nel suo complesso, del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, udienza pubblica 5 giugno 2014

Il Presidente

Il Consigl ere estensore

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