Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30231 del 05/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30231 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARCHIDI TONINO N. IL 02/12/1977
avverso la sentenza n. 1587/2013 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 12/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. O gc,21..
che ha concluso per
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Data Udienza: 05/06/2014

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro ha
confermato la sentenza emessa in data 12 marzo 2013 dal Tribunale di
Lamezia Terme, che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato
l’imputato TONINO CARCHIDI colpevole di rapina e lesioni personali
aggravate, con recidiva reiterata e specifica (fatti commessi in Lamezia Terme
il 12 ottobre 2012, unificati dal vincolo della continuazione), condannandolo

Contro tale provvedimento, l’imputato (con l’ausilio di un difensore iscritto
nell’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i
seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione,
come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – violazione e falsa applicazione dell’art. 628 c.p., nonché mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (lamentando l’errata
qualificazione giuridica del fatto, che integrerebbe mero furto con strappo);
H – violazione e falsa applicazione dell’art. 61 n. 5 c.p., nonché mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione (lamentando che l’età
della p.o. – settantenne – non potrebbe da sola integrare gli estremi della
configurata aggravante, tenuto anche conto del fatto che la p.o. in concreto
oppose resistenza).
All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di
rito; all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa
Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo
in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è integralmente inammissibile per genericità e manifesta
infondatezza.

1.

La giurisprudenza di questa Corte Suprema è, condivisibilmente,

orientata nel senso dell’inammissibilità, per difetto di specificità, del ricorso
presentato prospettando vizi di motivazione del provvedimento impugnato, i
cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa (Sez. VI, sentenza
n. 32227 del 16 luglio 2010, CED Cass. n. 248037: nella fattispecie il
ricorrente aveva lamentato la “mancanza e/o insufficienza e/o illogicità della

alla pena ritenuta di giustizia, oltre alle statuizioni accessorie.

motivazione” in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle
esigenze cautelari posti a fondamento di un’ordinanza applicativa di misura
cautelare personale; Sez. VI, sentenza n. 800 del 6 dicembre 2011 – 12
gennaio 2012, Bidognetti ed altri, CED Cass. n. 251528).
Invero, l’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. stabilisce che i provvedimenti
sono ricorribili per «mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato
ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di

La disposizione, se letta in combinazione con l’art. 581, comma 1, lett. c),
c.p.p. (a norma del quale e onere del ricorrente «enunciare i motivi del
ricorso, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di
fatto che sorreggono ogni richiesta»)

evidenzia che non può ritenersi

consentita l’enunciazione perplessa ed alternativa dei motivi di ricorso,
essendo onere del ricorrente di specificare con precisione se la deduzione di
vizio di motivazione sia riferita alla mancanza, alla contraddittorietà od alla
manifesta illogicità ovvero a una pluralità di tali vizi, che vanno indicati
specificamente in relazione alle varie parti della motivazione censurata.
Il principio è stato più recentemente accolto anche da questa sezione, a
parere della quale «È inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso nel
quale siano prospettati vizi di motivazione del provvedimento impugnato, i cui
motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa, essendo onere del
ricorrente specificare con precisione se le censure siano riferite alla mancanza,
alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a più di uno tra tali
vizi, che vanno indicati specificamente in relazione alle parti della motivazione
oggetto di gravame» (Sez. IL sentenza n. 31811 dell’8 maggio 2012, CED
Cass. n. 254329).
1.1. Per tali ragioni, le reiterate censure alternative ed indifferenziate di
totale mancanza, contraddittorietà ovvero manifesta illogicità della
motivazione (oltre ad essere esse stesse contraddittorie, poiché se la
motivazione su un punto della sentenza è totalmente mancante non può al
tempo stesso essere contraddittoria o manifestamente illogica, e viceversa)
risultano prive della necessaria specificità, il che rende in parte qua

il ricorso

inammissibile.
2. La Corte di appello, con rilievi esaurienti, logici, non contraddittori, e
pertanto incensurabili in questa sede, con i quali il ricorrente non si confronta
con la necessaria specificità, in concreto riproponendo più o meno

2

gravame».

pedissequamente doglianze analoghe a quelle già proposte come motivo di
appello, e già non accolte, ha compiutamente indicato (f. 2) le ragioni poste a
fondamento della contestata affermazione di responsabilità, in particolare
valorizzando le «dichiarazioni della persona offesa [motivatamente ritenuta
attendibile], che hanno trovato riscontro nella descrizione dell’episodio fornita
da alcuni passanti», dalle quali è emerso che «l’imputato ha immobilizzato
la donna, strattonandola da dietro e facendola cadere rovinosamente a terra,
per impossessarsi della catenina».

generiche ed improponibili doglianze fondate su una personale e congetturale
rivisitazione dei fatti di causa, e senza documentare eventuali travisamenti nei
modi di rito.
2.1. Questa Corte Suprema (Sez. II, sentenza n. 41464 dell’il novembre
2010, CED Cass. n. 248751) ha già chiarito che integra il reato di furto con
strappo la condotta di violenza immediatamente rivolta verso la cosa e solo in
via del tutto indiretta verso la persona che la detiene, mentre ricorre il delitto
di rapina quando la res sia particolarmente aderente al corpo del possessore e
la violenza si estenda necessariamente alla persona, dovendo il soggetto
attivo vincerne la resistenza e non solo superare la forza di coesione inerente
alla normale relazione fisica tra il possessore e la cosa sottratta.
A questo orientamento si è correttamente conformata la Corte di appello,
valorizzando, ai fini della qualificazione giuridica del fatto accertato, la
circostanza che la violenza fosse stata esercitata sulla persona della vittima,
«per vincere ogni possibile resistenza della stessa e sottrarle l’oggetto d’oro
che portava al collo».

3. Manifestamente infondato è il secondo motivo.
Deve premettersi al riguardo che la condotta ha avuto luogo nella vigenza
del nuovo testo dell’art. 61 n. 5 c.p., che – superando precedenti dispute
giurisprudenziali – ha attribuito rilevanza, quale circostanza aggravante, anche
alla mera età avanzata della p.o.
E questa Corte Suprema (Sez. II, sentenza n. 35997 del 23 settembre
2010, CED Cass. n. 248163) ha già chiarito che ai fini della configurabilità della
circostanza aggravante della minorata difesa, l’età avanzata della vittima del
reato, a seguito delle modificazioni legislative introdotte dalla legge n. 94 del
2009, è rilevante nel senso che impone al giudice di verificare, allorché il reato
sia commesso in danno di persona anziana, se la condotta criminosa posta in

3

A tali rilievi il ricorrente non ha opposto alcunché di decisivo, se non

essere sia stata agevolata dalla scarsa lucidità o incapacità di orientarsi da
parte della vittima nella comprensione degli eventi secondo criteri di normalità.
A questo orientamento si è correttamente conformata la Corte di appello
valorizzando, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante de qua, il
sesso e l’età avanzata della persona offesa, per tali ragioni posta in condizioni
di minorata difesa rispetto all’agente.

4. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi

processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi che egli ha
proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa (Corte
cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entità di detta
colpa – della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo
di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza pubblica 5 giugno 2014

Il Consi liere estensore
SercIio Beltrani

Il Presidente

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Ciro Petti
p.

dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

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