Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30227 del 05/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30227 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PINNA HEROS ALESSIO N. IL 07/01/1978
avverso la sentenza n. 516/2011 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
25/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per de: Q.,,,,viAmiek buttat o CQA,1/4 -Ce (m) o 1J~
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Data Udienza: 05/06/2014

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RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari ha
confermato, quanto all’affermazione di responsabilità, la sentenza emessa in
data 10 ottobre 2010 dal Tribunale di Oristano in composizione monocratica,
che aveva dichiarato l’imputato ALESSIO HEROS PINNA colpevole di
maltrattamenti in famiglia, maltrattamento di animali ed estorsione, in
continuazione, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia. In parziale
modifica della sentenza di primo grado, la Corte di appello ha ritenuto, con

all’art. 62, n. 4, c.p., ed ha conseguentemente ridotto la pena.
Contro tale provvedimento, l’imputato (con l’ausilio di un difensore iscritto
nell’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i
seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione,
come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – violazione ed erronea applicazione dell’art. 572 c.p. (lamentando che i
comportamenti posti in essere in danno della nonna ultraottantenne valorizzati
ai fini dell’affermazione di responsabilità sarebbero meramente episodici e non
sorretti dalla necessaria volontà sopraffattrice);
Il – mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
quanto all’affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui all’art. 629
c.p.;
III – mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione
quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche,
quanto meno con giudizio di equivalenza alle circostanze aggravanti
concorrenti, ed all’eccessività della pena.
All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di
rito; all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa Corte
Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti,
pubblicato mediante lettura in pubblica udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è integralmente inammissibile per genericità e manifesta
infondatezza.

riferimento all’estorsione, la sussistenza della circostanza attenuante di cui

1. I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, e
sono entrambi generici e manifestamente infondati.

1.1. Questa Corte Suprema ha già chiarito che è inammissibile, per difetto
di specificità (Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED
Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013,
CED Cass. n. 256133), il ricorso che riproponga pedissequamente le censure
dedotte come motivi di appello (al più con l’aggiunta di frasi incidentali

della sentenza impugnata) senza prendere in considerazione, per confutarle, le
argomentazioni in virtù dee quali i motivi di appello non siano stati accolti.
Si è, infatti, esattamente osservato (Sez. VI, sentenza n. 8700 del 21
gennaio – 21 febbraio 2013, CED Cass. n. 254584) che «La funzione tipica
dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento
cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione
di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono
indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che
sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è,
pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con
specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano
il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si
contesta).
Il motivo di ricorso in cassazione è caratterizzato da una “duplice
specificità”: «Deve essere sì anch’esso conforme all’art. 581 c.p.p., lett. C (e
quindi contenere l’indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che
sorreggono ogni richiesta presentata al giudice dell’impugnazione); ma quando
“attacca” le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresì,
contemporaneamente enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in modo
che sia chiaramente sussumibile fra i tre, soli, previsti dall’art. 606 c.p.p.,
comma 1, lett. e), deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della
sua decisi vità rispetto al percorso logico seguito dal giudice del merito per
giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente»
(Sez. VI, sentenza n. 8700 del 21 gennaio – 21 febbraio 2013, CED Cass. n.
254584).
Risulta, pertanto, evidente che,

«se il motivo di ricorso si limita a

riprodurre il motivo d’appello, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo
meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica

2

contenenti contestazioni, meramente assertive ed apodittiche, della correttezza

argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il
provvedimento ora formalmente ‘attaccato’, lungi dall’essere destinatario di
specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato. Nè tale forma di
redazione del motivo di ricorso (la riproduzione grafica del motivo d’appello)
potrebbe essere invocata come implicita denuncia del vizio di omessa
motivazione da parte del giudice d’appello in ordine a quanto devolutogli
nell’atto di impugnazione. Infatti, quand’anche effettivamente il giudice
d’appello abbia omesso una risposta, comunque la mera riproduzione grafica

almeno due ragioni. È censura di merito. Ma soprattutto (il che vale anche per
l’ipotesi delle censure in diritto contenute nei motivi d’appello) non è mediata
dalla necessaria specifica e argomentata denuncia del vizio di omessa
motivazione (e tanto più nel caso della motivazione cosiddetta apparente che, a
differenza della mancanza “grafica”, pretende la dimostrazione della sua mera
“apparenza” rispetto ai temi tempestivamente e specificati ‘ente dedotti);
denuncia che, come detto, è pure onerata dell’obbligo di argomentare la
decisività del vizio, tale da imporre diversa conclusione del caso».
Può, pertanto, concludersi che <

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