Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30223 del 03/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30223 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IANNELLI ENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

OPLE

GUERRIERI :”Iràilmisi; N. IL 09/10/1938
avverso la sentenza n. 997/2009 CORTE APPELLO di LECCE, del
01/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENZO IANNELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 03/06/2014

1- Guerrieri Pasquale, già condannato con doppia conforme- sentenze in data 14.5.2009 del
tribunale di Lecce, sez. distaccata di Campi Salentina ed in data 1.7/14.8.2013 della corte di appello
– alla pena di anni due di reclusione ed euro 1.000,00 di multa per il delitto di truffa continuata
aggravata ex art. 61 n. 7 e 640 c.p., ricorre avverso la seconda decisione , denunciando , con il
richiamo all’art. 606 comma 1 codice di rito, violazione degli artt. 81 cpv e 61 n. 7 c.p., omessa
considerazione del fatto di aver onorato il debito, carenza di motivazione in punto di responsabilità
anche per aver fondato il giudizio di colpevolezza su prove inammissibili quali fotocopie, tardività
della querela ed, infine, rilevando che il reato si sarebbe prescritto già a Luglio del 2012.
Il ricorso è inammissibile perchè generico e manifestamente infondato.
Generico con riferimento alla contestazione della continuazione e dell’aggravante del danno
patrimoniale di rilevante gravità: i motivi di ricorso non fanno alcun riferimento agli accertati e
ripetuti versamenti al prevenuto da parte della persona offesa, Ottobre Marcello, di somme di
denaro ammontanti complessivamente ad euro 20.000,00 con l’ assicurazione dell’ imputato che
dovessero servire per l’acquisto di marche necessarie per incardinare pratiche presso il Ministero
dell’ Agricoltura per l’aggiudicazione di forniture di apparecchiature di ufficio, in realtà mai
avviate. Il motivo di ricorso ha riferimento,e solo, al pagamento di un suo debito per altra causa,
pagamento peraltro ammesso dalle persone offese e non costitutivo oggetto di contestazione.
Generico anche con riferimento alla riconosciuta responsabilità penale che si fonderebbe
solo,secondo la difesa, sulla testimonianza della persona offesa,e di un teste, il di lui fratello, ma
inaffidabili per ragioni di rancore che i predetti avrebbero nutrito verso il prevenuto. A parte il fatto
che tali ragioni non vengono per nulla esplicitate, i giudici di merito traggono l’affidabilità delle
testimonianze, oltre che dalla personalità della persona offesa e del teste, da una serie di circostanze
per nulla attenzionate dal ricorrente: ricevute di denaro, non disconosciute, dal ricorrente,
l’ammissione di questi di debiti, non meglio precisati, solo in parte onorati. Ora deve ribadirsi che
in tema di valutazione della prova, le dichiarazioni della persona offesa, anche se costituitasi parte
civile , se non sono assistite da alcuna presunzione di credibilità, possono porsi a fondamento della
decisione se, come nel caso di specie, il giudice ha proceduto ad una rigorosa e penetrante verifica
di attendibilità intrinseca ed estrinseca del racconto accusatorio, che deve essere confrontato con
tutti gli altri elementi processuali, come sopra diffusamente esplicitati.
Manifestamente infondati poi i rilievi difesivi in merito alla tardività della querela ed alla
denunciata prescrizione: quanto al primo rilievo, a parte il fatto che il dies a quo è determinato dal
ricorrente tenendo conto della data del fatto, e non della data di conoscenza del fatto stesso da
parte del querelante, il reato, perchè aggravato ex art. 61 n. 7 c.p., è procedibile di ufficio; quanto al
secondo rilievo occorre segnalare che la difesa diricorrente non ha tenuto conti dei periodi di
sospensione come puntualmente indicati dal giudice di appello, tali da spostare il termine della
prescrizione ben al di là della data di pronuncia del dispositivo della sentenza di appello. E l’
‘inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e, pertanto, preclude la possibilità di dichiarare le cause di non punibilità di cui
all’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la prescrizione intervenuta nelle more del procedimento di
legittimità.
La parte privata che ha proposto il ricorso deve essere condannata al pagamento delle spese del
procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille euro, così
equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. gkfati~e.

Letti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
Udita la relazione del cons. Enzo Jannelli;
Udite le conclusioni del S. Procuratore generale,Gabriele Mazzotk, per l’ inammissibilità del
ricorso;
Udito il difensore della parte civile e del! ‘imputato, rispettivamente avv.ti. Francesco Tuccari e
Francesco De Giorgi,che ne chiedono l’ uno il rigetto, l’altro l’accoglimento.

r

P.Q.M.
.. ,,,
e
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc essuali
della somma di mille euro alla cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle sphénnavore
della parte civile,Ottobre Marcello, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre spese, IVA e
C.p.n. come per legge.

Così deciso in Roma il 3.6.2014

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