Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30209 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 30209 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
ANACLERIO GAETANO

n. il 12.07.1981

avverso la sentenza n. 921/12 della Corte d’appello di Bologna del
27.04.2012.
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 9 aprile 2013 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Eduardo Vittorio
Scardaccione che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

Data Udienza: 09/04/2013

RITENUTO IN FATTO
ANACLERIO GAETANO ricorre in Cassazione avverso la sentenza, in epigrafe
indicata, della Corte d’appello di Bologna che, in parziale riforma della
sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal GIP del Tribunale di Forlì
in ordine al reato di cui all’art. 187 C.d.S., ha ridotto la pena inflitta in primo
grado.
Con il primo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione
relativamente al rigetto della richiesta di dichiarare la nullità degli esiti delle

354, 356, 114 disp. Att. e art. 366 c.p.p. non essendo stato avvisato
l’imputato della possibilità di farsi assistere da un difensore, per il mancato
deposito degli accertamenti e della relativa notifica al difensore. In particolare
l’avviso al difensore, cui si fa riferimento in sentenza, è quello relativo alla
perquisizione attuata dai verbalizzanti sull’autovettura a bordo della quale fu
controllato l’ANACLERIO, ma nessun avviso in tal senso gli fu dato per la
richiesta di essere sottoposto a prelievi di liquidi biologici. Della circostanza,
per altro,

**

dà atto lo stesso GIP; con riguardo alla seconda nullità si

evidenzia che, vedendosi in materia di “accertamenti urgenti sulla persona”,
rientranti nel disposto dell’ad. 354 c.p.p. e, comunque, di un atto cui il
difensore aveva facoltà di assistere, non si era proceduto al deposito nella
segreteria del P.M. entro tre giorni dal compimento e la notifica dell’avviso al
difensore del diritto di visionarli e di estrarne copia.
Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in ordine alla ritenuta
responsabilità dell’imputato. Si argomenta che non è affatto rimasto provato
che l’ANACLERIO si trovasse alla guida dell’autovettura in stato di alterazione
psico-fisica dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti, mancando la prova
sia in ordine alla sussistenza della condotta di guida che allo stato di
alterazione. Quanto alla prima l’imputato fu controllato nella sua autovettura
ferma nell’area di sosta “Bevano Est” 4/discuteva con la propria fidanzata; i
giudici di merito sono caduti in errore laddove hanno ritenuto che la Polizia
avesse fermato il ricorrente mentre il veicolo era in marcia.

RITENUTO IN DIRMO
La sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto addebitato
all’imputato non sussiste,
Quanto alle eccezioni in rito esse sono tutte infondate, sul punto sono
pienamente condivisibili le argomentazioni esposte prima dal GIP e poi dalla
Corte d’Appello, e, comunque, anche se non si tenesse in conto il verbale

analisi tossicologiche per violazione delle disposizioni normative di cui agli artt.

redatto il giorno 17.08.2009 alla ore 04.00 dagli ufficiale di P.G. procedenti i
quali davano atto (sia pure con riferimento all’attività di perquisizione
dell’autovettura finalizzata al rinvenimento di sostanze stupefacenti) di avere
avvisato l’imputato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia,
l’eccezione risulta tardiva in quanto doveva essere sollevata immediatamente
dopo il compimento (182, 2° comma c.p.p.), e, quindi, almeno in sede di
opposizione al decreto penale di condanna.
Altrettanto dicasi In ordine all’eccezione dell’omesso avviso di deposito degli
dato normativo che alla giurisprudenza di questa Corte.
Relativamente al secondo motivo, concernente la responsabilità penale, dato di
fatto certo, in quanto comprovato dal risultato delle analisi sui liquidi biologici,
è che il ricorrente avesse assunto sostanze stupefacenti, ma la circostanza di
fatto, presupposto indispensabile ad integrare il reato contestato, che l’
ANACLERIO si trovasse alla guida di un’autovettura, è stata solo desunta con
argomentazione che non regge al vaglio di tenuta logica da parte di questo
Collegio.
Invero, dagli atti non emerge che il ricorrente fosse stato fermato mentre era
alla guida o che, quanto meno, fosse stato avvistato alla guida di
un’autovettura prima di essere fermato dagli agenti opranti nell’area di sosta.
Emerge, invece, che, nel momento del controllo, egli si trovava in auto insieme
alla fidanzata fermo in un’area di sosta. Non è riportato alcun dato di segno
opposto nella sentenza di primo grado, ed, in quella di appello si afferma “…è
argomento capzioso quello difensivo secondo cui l’accertamento è stato
effettuato mentre l’autovettura era in sosta nell’area di servizio e quindi
l’imputato in quel momento non era alla guida. D’altronde è implausibile (non
l’invoca neppure l’appellante) l’ipotesi che l’ assunzione di plurime droghe sia
avvenuta in quel preciso contesto spazio temporale, immediatamente prima
del controllo, sì da escludere la consumazione del reato…”.
Ebbene, l’affermazione, ancorché sostenibile in via di ipotesi, non è suffragata
da dati oggettivi, il che determina un vizio di motivazione. Ed invero, poiché
non è dato sapere se gli agenti abbiano controllato l’autovettura con a bordo il
ricorrente e la fidanzata proprio nel momento in cui si fermava, non si può
escludere che l’assunzione delle sostanze stupefacenti possa essere avvenuta
proprio durante la sosta nell’area di servizio e non prima che l’ANACLERIO si
fosse posto alla guida dell’auto.

atti, la motivazione della Corte territoriale è corretta in quanto aderente sia al

E non è affatto vero che l’imputato non abbia invocato l’assunzione come
avvenuta in quel contesto; invero, l’eccezione è oggetto specifico del secondo
motivo dell’atto del gravame di merito.
Essendo questo il quadro probatorio evincibile dagli atti, si impone
l’annullamento della sentenza senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto ascritto all’imputato
non sussiste.

Così deciso in Roma il 9 aprile 2013.

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