Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30188 del 30/04/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30188 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MOSTACCIO PIETRO N. IL 19/04/1980
avverso la sentenza n. 1063/2010 CORTE APPELLO di MESSINA, del
15/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;
Data Udienza: 30/04/2014
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 15 marzo 2013, la Corte di appello di Messina ha
confermato la sentenza emessa il 26 marzo 2010 dal Tribunale di Patti – sezione
distaccata di Sant’Agata Militello, che aveva dichiarato Mostaccio Pietro
responsabile del reato di cui all’art. 9, comma 2, legge n. 1423 del 1956 e
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di
unico motivo, con il quale ha dedotto la contraddittorietà e la non completezza
della motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
2. In tema di attenuanti generiche, il giudice non ha l’obbligo di procedere a
un dettagliato esame dei criteri elencati nell’art. 133 cod. pen. e di fornire
un’analitica motivazione, essendo sufficiente il riferimento a dati oggettivi o
soggettivi idonei a evidenziare la correttezza sul piano argomentativo del criterio
seguito nell’esercizio del proprio potere discrezionale.
Nel caso in esame, la sentenza impugnata appare conforme a tali principi,
avendo la Corte di merito attribuito, del tutto legittimamente e con logica
motivazione, rilevanza decisiva, al fine del diniego delle circostanze attenuanti
generiche, alle modalità del fatto commesso, privo di alcuna giustificazione, e
alla gravità dei precedenti penali del ricorrente, che, all’evidenza, ne attestano la
capacità a delinquere.
Né il ricorrente ha evidenziato con il ricorso alcun significativo elemento di
omessa valutazione, limitandosi a opporre un generico riferimento al proprio
“contegno processuale improntato alla collaborazione”.
3.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
versamento della somma, ritenuta congrua, di mille euro in favore della Cassa
delle ammende.
2
l’aveva condannato alla pena sospesa di un anno di reclusione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2014