Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3017 del 03/12/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3017 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: AIELLI LUCIA

27.7.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Lucia Aielli ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.
Massimo GALLI , che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27.7.2015 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Marsala disponeva l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con
braccialetto elettronico nei confronti di Como Gaspare per tre ipotesi di intestazione
fittizia di beni ex art. 12 sexies L. 356/92.
Avverso tale provvedimento proponeva istanza di riesame l’indagato contestando la
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274
lett. c) c.p.p..
Il Tribunale di Palermo, sezione del riesame, in parziale accoglimento dell’istanza
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Data Udienza: 03/12/2015

proposta, annullava l’ordinanza limitatamente alla sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza del reato rubricato sub c) riguardante l’intestazione fittizia di un
immobile sito in Triscina del Comune di Castel Vetrano e confermava nel resto
l’ordinanza, mantenendo la misura cautelare in atto, con le modalità indicate nel
provvedimento del GIP.
Ricorreva per Cassazione l’indagato, per mezzo del suo difensore di fiducia,
sollevando i seguente motivi di gravame, in relazione alla denunciata carenza di
gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato: violazione dell’art. 606, comma 1
lett. b) ed e) cod. proc. pen., avendo il Tribunale fondato la propria pronuncia sulle

significativi; mancherebbe inoltre a sostegno dell’ipotizzato reato, la prova del dolo
specifico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile. è anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di
questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei provvedimenti
sulla libertà personale. Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio
condivide, l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di
revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo
spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche
soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e
delle misure ritenute adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito
esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura
cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti
devoluti è, perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di
verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere
positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di
legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Sez. 6 n. 2146 del
25.05.1995, Tontoli, Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760). Inoltre il
controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei
provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la
congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argonnentativo che collega gli
indizi di colpevolezza al giudizio dì probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro,
la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia del
provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del
giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei
risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed
esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della

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mere intuizioni di un collaborante, non riscontrate ovvero su dati di fatto non

motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti
“prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la
verifica della sufficienza e della razionalità della motivazione sulle questioni di fatto.
(Sez. 1 n. 1700 del 20.03.1998, Barbaro, Rv. 210566). Non possono essere dedotte
come motivo di ricorso per cassazione avverso il provvedimento adottato dal
tribunale del riesame pretese manchevolezze o illogicità motivazionali di detto
provvedimento, rispetto a elementi o argomentazioni difensive in fatto di cui non
risulti in alcun modo dimostrata l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale,

e non ve ne sia neppure alcuna traccia documentale quale, ad esempio, quella
costituita da eventuali motivi scritti a sostegno della richiesta di riesame, ovvero da
memorie scritte, ovvero ancora dalla verbalizzazione, quanto meno nell’essenziale,
delle ragioni addotte a sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza tenutasi a
norma dell’art. 309, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 1 sent. n. 1786 del 5.12.2003,
Marchese, Rv 227110).
Tanto precisato, sul caso di specie deve rilevarsi quanto segue. Il
provvedimento impugnato non presenta i vizi denunciati con il ricorso.
Specificamente nell’ordinanza si dà atto adeguatamente della sussistenza del
presupposto cautelare di cui all’art. 273 cod. proc. pen., sul quale principalmente si
concentra il ricorso, rilevandosi come il fatto enunciato nella provvisoria
imputazione, consistente nell’intestazioni fittizia di attività commerciali aventi ad
oggetto capi di abbigliamento, emerga da una serie di elementi investigativi,
rappresentati non tanto dalle dichiarazioni del collaborante Cimarosa Lorenzo, le cui
dichiarazioni hanno consentito l’avvio delle indagini, ma dagli esiti delle
investigazioni mirate svolte dalla DIA di Trapani che, dopo avere individuato le due
attività commerciali riconducibili al COMO, ha evidenziato plurimi elementi oggettivi,
valorizzati dal Tribunale del Riesame in termini di indizi vari ed eterogenei ai fini
dell’applicazione della misura. In particolare il Tribunale sottolinea il contenuto
altamente indiziante delle conversazioni telefoniche intercorse tra la fornitrice
cinese e le due intestatarie fittizie dei negozi : Mistretta e D’Anna, conversazioni
nelle quali Chen Xaolian sollecitava un incontro con il Como, il dato della formale
intestazione delle due attività a D’Anna Vita, per anni dipendente del Como e a
Mistretta Caterina Gabriella, testa di legno del Como ( riguardo a quest’ultima il
Tribunale richiama una specifica ed assai indicativa

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conversazione intervenuta

3.10.2013, nel corso della quale veniva percepita la voce di sottofondo del Como
che dava indicazioni alla Mistretta mentre quest’ultima intratteneva la
conversazione con la fornitrice cinese), i contratti di fornitura di merci e di servizi
alle società “Euromoda” e “Blu Oltre Moda”, da parte delle stesse aziende di cui in
passato si era servito il COMO, ma soprattutto le sit di Chen Xiaolian , fornitrice dei
due esercizi commerciali, da cui complessivamente ricava la qualità di dominus
dell’imputato il quale, secondo quanto riferito dalla Chen, effettuava i pagamenti

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come si verifica quando esse non siano deducibili dal testo dell’impugnata ordinanza

con assegni, bonifico o contanti.
Quanto all’elemento soggettivo del reato, il Tribunale a pag. 6 e segg.
dell’ordinanza sottolinea che il dolo specifico, a detta della difesa insussistente, si
ricava agevolmente dal percorso giudiziario del Como , già condannato a nove anni
di reclusione per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., sottoposto alla misura di
prevenzione della sorveglianza speciale personale, nonché destinatario di
provvedimenti di sequestro e confisca in altro procedimento di prevenzione
patrimoniale, per cui egli ben poteva rappresentarsi l’eventualità che venisse aperto
un ulteriore procedimento di prevenzione patrimoniale a suo carico e spingersi

sul punto Sez. 6 ,n. 27666 del 4/7/2011, rv. 250356; Sez.2 n.29224 del
14/7/2010, rv. 248189). Né il dato rappresentato dalla denuncia di attività in
proprio, effettuata nel 2014, risulta in contrasto con tale conclusione atteso che, ad
avviso del Tribunale , tale circostanza, si spiega in ragione del decorso del tempo:
più di un anno rispetto all’ apertura delle altre due società, il che rendeva il Como
orientato verso una diversa strategia imprenditoriale (pag. 8 dell’ordinanza ).
4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento nonché al pagamento in favore della
cassa delle ammenda della somma di C 1.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deliberato in camera di consiglio, il 3.12.2015
Il Consigliere estensore
Dott. Lucia Aielli

Il Presidente
Dott. Franco.,._,Fandanese

kAL

all’intestazione delle attività commerciali a persone terze distinte dai familiari ( cfr.

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