Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30169 del 30/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30169 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALVES DOS SANTOS LUIZ CLAUDIO N. IL 05/06/1987
avverso la sentenza n. 53/2013 TRIBUNALE di RAVENNA, del
16/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 30/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16 gennaio 2013 il Tribunale di Ravenna, in
composizione monocratica, ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., ad
Alves Dos Santos Luiz Claudio – imputato del reato di cui all’art. 13, comma 13,
d.lgs. n. 286 del 1998, per essere rientrato, in assenza di autorizzazione, nel

del Prefetto di Ravenna – la pena concordata fra le parti di mesi cinque e giorni
dieci di reclusione, previa esclusione in concreto della contestata recidiva e
concessione delle attenuanti generiche.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente
l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di unico motivo con il
quale ha denunciato la manifesta illogicità della motivazione circa la
commisurazione della pena concretamente inflittagli.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza delle
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sulla entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’imputato non può rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della entità della
pena da esso stesso sollecitata e della complessiva adeguatezza del trattamento
concordato.
3. Nel caso di specie, i motivi di ricorso sono generici e comunque
manifestamente infondati, atteso che il Giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è adeguato all’accordo intervenuto fra le parti e ha escluso la

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territorio dello Stato, da cui era stato espulso con decreto del 30 maggio 2008

sussistenza dei presupposti per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento
ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. 6, n. 14563 del 02/12/2010,
dep. 12/04/2011, P.G. in proc. Manea, Rv. 250024).
4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento – in favore della Cassa delle ammende – di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in millecinquecento euro, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna

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