Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30163 del 30/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30163 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RAMAJ ERMAL N. IL 22/09/1983
OSMANAJ ARBER N. IL 18/10/1982
avverso la sentenza n. 1/2012 CORTE ASSISE APPELLO di
GENOVA, del 15/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 30/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 31 marzo 2011 il G.u.p. del Tribunale di Savona,
all’esito del giudizio abbreviato, ha dichiarato Ramaj Ermal e Osmanaj Arber
responsabili in concorso dei reati di rissa aggravata, omicidio in danno di Kajno
Skender e tentato omicidio in danno di Kajno Fatos, unificati per continuazione, e

concesse le attenuanti generiche e operata la riduzione per il rito, alla pena di
anni quattordici di reclusione, dichiarandone tre condonati.
2. La Corte di assise di appello di Genova, con sentenza del 15 aprile 2013,
in parziale riforma della sentenza di primo grado, appellata dagli imputati, ha
riconosciuto l’attenuante di cui all’art. 62 n. 1 cod. pen. e ha ridotto la pena ad
anni otto di reclusione, mentre ha ritenuto corretta la decisione impugnata che
aveva escluso la sussistenza dei presupposti della scriminante della legittima
difesa e aveva qualificato i fatti come omicidio volontario e tentato, caratterizzati
da dolo alternativo, escludendo l’omicidio preterintenzionale.
3.

Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione

personalmente i due imputati con unico atto, chiedendone l’annullamento sulla
base di due motivi, con i quali hanno denunciato, ai sensi dell’art. 606, comma 1,
lett.

e),

cod. proc. pen., contraddittorietà e/o manifesta illogicità della

motivazione, con il primo motivo, in relazione alla denegata causa di non
punibilità di cui all’art. 52 cod. pen. e, con il secondo, in relazione alla denegata
ipotesi dell’omicidio preterintenzionale.
4. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2. Le deduzioni svolte dai ricorrenti con il primo motivo in ordine alla
denegata legittima difesa riproducono gli argomenti prospettati nel gravame, ai
quali la Corte di assise di appello ha dato adeguate e argomentate risposte,
esaustive in fatto per la loro coerenza interna e per la loro logica congruenza alle
risultanze del quadro probatorio, ampiamente ripercorso e criticamente
analizzato, e corrette in diritto per la corretta operata applicazione della norma di
cui all’art. 52 cod. pen., esattamente interpretata in coerenza con la sua ratio,

2

ha condannato ciascuno, esclusa l’aggravante dei motivi abbietti e futili,

fondata sulla necessità che l’azione sia volta a respingere un pericolo imminente
non altrimenti evitabile, e con i principi dell’ordinamento, che

“non consente

l’autotutela, se non in situazioni estreme ed eccezionali, nelle quali il soggetto
minacciato non abbia altra scelta che la reazione per sventare il gravissimo
pericolo”.
I ricorrenti, astraendo dalle risposte ricevute, tendono, invece, a provocare,
esprimendo un diffuso dissenso di merito rispetto alla ricostruzione della vicenda,
una nuova lettura degli aspetti attinenti alle circostanze fattuali e

condotta offensiva quale reazione difensiva al danno incombente per un diritto
proprio e altrui.
Una tale prospettazione, che non si correla alle linee argomentative della
decisione, che si intende censurare, e si traduce nella rivisitazione degli
apprezzamenti dei giudici di primo e di secondo grado sulla ricostruzione dei fatti
e sulla valutazione delle prove, non è consentita in sede d’indagine di legittimità
sul discorso giustificativo della decisione, e si sostanzia, pertanto, in censura
diversa da quella esperibile per legge con il ricorso per cassazione, inammissibile
ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
3. Né sono più specifiche le deduzioni svolte con il secondo motivo attinenti
alla contestata qualificazione del fatto come omicidio volontario caratterizzato da
dolo alternativo.
La Corte, che ha valorizzato il riferimento alle zone delle vittime attinte, alla
micidialità e alla insidiosità dei coltelli, e al contesto violento in cui le condotte
sono state tenute, ne ha coerentemente tratto la certa dimostrazione che i
ricorrenti, armandosi e affrontando gli avversari, avevano la consapevolezza e il
proposito di uccidere o di provocare lesioni, con atteggiamento di indifferenza
verso uno di detti obiettivi, e che in tale contesto l’evento morte è stato da essi
accettato e voluto come assai probabile conseguenza della loro azione.
L’apprezzamento di tale atteggiamento in termini di dolo alternativo, che esclude
la preterintenzionalità, è del tutto in linea con i principi affermati da questa
Corte, secondo i quali l’elemento soggettivo del delitto di omicidio
preterintenzionale è costituito unicamente dal dolo di percosse o lesioni, in
quanto la disposizione di cui all’art. 43 cod. pen. assorbe la prevedibilità di
evento più grave nell’intenzione di risultato (da ultimo, Sez. 5, n. 791 del
18/10/2012 dep. 08/01/2013, Palazzolo, Rv. 254386), mentre le obiezioni
difensive, che reiterano il collegamento dell’evento morte e del ferimento alla
necessità di difendersi, si mantengono su un piano di assoluta genericità.
4. Alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso segue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali, e di ciascuno – valutato il

3

all’apprezzamento del materiale probatorio, al fine della diversa valutazione della

contenuto dei ricorsi e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella
proposizione dell’impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, della somma che appare congruo determinare in millettinquecentg
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle

euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

spese processuali e ciascuno al versamento della somma di milletinquecento)

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